In sede di
accertamento di proventi non dichiarati a carico di una società, l’Agenzia
delle Entrate può avvalersi di dati provenienti sia dal suo conto, sia da
quelli dei terzi (soci e amministratori), con la
conseguenza che i versamenti eseguiti dai soci e non adeguatamente giustificati
legittimano la rettifica in capo alla società. A precisarlo è la Corte di
Cassazione con l’ordinanza n. 21424
depositata il 15 settembre 2017.
A seguito di indagini finanziarie,
l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento ad una società,
recuperando a tassazione i ricavi non contabilizzati. In particolare l’Ufficio
riscontrava la presenza di prelievi e versamenti effettuati sui conti dei soci,
non adeguatamente giustificati, che riteneva di attribuire in gran parte
all’impresa.
Il provvedimento era impugnato ed in
particolare, secondo la Commissione tributaria regionale i versamenti
risultanti dai conti dei soci dovevano correttamente attribuirsi alla società
mentre i prelevamenti non potevano considerarsi operazioni rilevanti in capo
all’azienda diversamente da come aveva operato l’Ufficio. Nel ricorso per
cassazione la contribuente rilevava che la presunzione legale prevista a carico
del contribuente riguarda in realtà i propri conti (nella specie quelli
dell’impresa) e non anche quelli dei terzi (nella specie quelli dei soci).
L’Agenzia, nel ricorso incidentale,
eccepiva che anche i prelevamenti eseguiti dai soci sul conto dei soci e non
adeguatamente giustificati comportavano le presunzioni di maggiori ricavi in
capo alla società.
Decisione
Con l’ordinanza
n. 21424 del 15 settembre 2017, la Corte di Cassazione ha rigettato sia il
ricorso della contribuente, sia quello incidentale dell’amministrazione.
Secondo i giudici di legittimità
l’Ufficio, in sede di accertamento, può utilizzare dati provenienti non solo
dai conti correnti bancari formalmente
intestati all’ente, ma anche da quelli intestati ai soci, agli amministratori o
procuratori generali, purché ne sia provata, anche tramite presunzioni, la
natura fittizia dell’intestazione.
Non è pertanto necessario dimostrare che
tutti i movimenti rispecchino operazioni aziendali, poiché incombe sul
contribuente l’onere di provarne l’estraneità.
Relativamente invece ai prelevamenti,
oggetto dell’appello incidentale dell’Agenzia, la Suprema Corte ha rilevato che
non viene motivata la decisione di includere nell’attività sociale i
prelevamenti sui conti dei soci.