18/09/17

In sede di accertamento di proventi non dichiarati a carico di una società...


In sede di accertamento di proventi non dichiarati a carico di una società, l’Agenzia delle Entrate può avvalersi di dati provenienti sia dal suo conto, sia da quelli dei terzi (soci e amministratori), con la conseguenza che i versamenti eseguiti dai soci e non adeguatamente giustificati legittimano la rettifica in capo alla società. A precisarlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21424 depositata il 15 settembre 2017.
A seguito di indagini finanziarie, l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento ad una società, recuperando a tassazione i ricavi non contabilizzati. In particolare l’Ufficio riscontrava la presenza di prelievi e versamenti effettuati sui conti dei soci, non adeguatamente giustificati, che riteneva di attribuire in gran parte all’impresa.

Il provvedimento era impugnato ed in particolare, secondo la Commissione tributaria regionale i versamenti risultanti dai conti dei soci dovevano correttamente attribuirsi alla società mentre i prelevamenti non potevano considerarsi operazioni rilevanti in capo all’azienda diversamente da come aveva operato l’Ufficio. Nel ricorso per cassazione la contribuente rilevava che la presunzione legale prevista a carico del contribuente riguarda in realtà i propri conti (nella specie quelli dell’impresa) e non anche quelli dei terzi (nella specie quelli dei soci).

L’Agenzia, nel ricorso incidentale, eccepiva che anche i prelevamenti eseguiti dai soci sul conto dei soci e non adeguatamente giustificati comportavano le presunzioni di maggiori ricavi in capo alla società.

Decisione

Con l’ordinanza n. 21424 del 15 settembre 2017, la Corte di Cassazione ha rigettato sia il ricorso della contribuente, sia quello incidentale dell’amministrazione.

Secondo i giudici di legittimità l’Ufficio, in sede di accertamento, può utilizzare dati provenienti non solo dai  conti correnti bancari formalmente intestati all’ente, ma anche da quelli intestati ai soci, agli amministratori o procuratori generali, purché ne sia provata, anche tramite presunzioni, la natura fittizia dell’intestazione.

Non è pertanto necessario dimostrare che tutti i movimenti rispecchino operazioni aziendali, poiché incombe sul contribuente l’onere di provarne l’estraneità.

Relativamente invece ai prelevamenti, oggetto dell’appello incidentale dell’Agenzia, la Suprema Corte ha rilevato che non viene motivata la decisione di includere nell’attività sociale i prelevamenti sui conti dei soci.

 

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