29/10/13

LA POSSIBILITA' PER GLI EX MINIMI DI TRASFERIRSI, NEL REGIME SUPER SEMPLIFICATO.

E' doveroso verificare che ci siano le condizioni di cui alla legge 244/07, art. 1, comma 99 che così recita:
a) le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell'imposta sul valore aggiunto; 
b) i soggetti non residenti; 
c) i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all'articolo 10, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e di mezzi di trasporto nuovi di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427; 
d) gli esercenti attività d'impresa o arti e professioni in forma individuale che contestualmente partecipano a società di persone o associazioni di cui all'articolo 5 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all'articolo 116 del medesimo testo unico.
Comma 100:
I contribuenti minimi non addebitano l'imposta sul valore aggiunto a titolo di rivalsa e non hanno diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti anche intra-comunitari e sulle importazioni. I medesimi contribuenti, per gli acquisti intra-comunitari e per le altre operazioni per le quali risultano debitori dell'imposta, integrano la fattura con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta, che versano entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.
Comma 101:
L'applicazione del regime di cui ai commi da 96 a 117 comporta la rettifica della detrazione di cui all'articolo 19-bis2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. La stessa rettifica si applica se il contribuente transita, anche per opzione, al regime ordinario dell'imposta sul valore aggiunto. Il versamento è effettuato in un'unica soluzione, ovvero in cinque rate annuali di pari importo senza applicazione degli interessi. La prima o unica rata è versata entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sul valore aggiunto relativa all'anno precedente a quello di applicazione del regime dei contribuenti minimi; le successive rate sono versate entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sostitutiva di cui al comma 105 del presente articolo. Il debito può essere estinto anche mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Comma 102: 
Nella dichiarazione relativa all'ultimo anno in cui è applicata l'imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari si tiene conto anche dell'imposta relativa alle operazioni indicate nell'ultimo comma dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per le quali non si è ancora verificata l'esigibilità.
Comma 103:
L'eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione, presentata dai contribuenti minimi, relativa all'ultimo anno in cui l'imposta sul valore aggiunto è applicata nei modi ordinari può essere chiesta a rimborso ai sensi dell'articolo 30, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Comma 104:
I contribuenti minimi sono esenti dall'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Il reddito di impresa o di lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'attività di impresa o dell'arte o della professione; concorrono, altresì, alla formazione del reddito le plusvalenze e le minusvalenze dei beni relativi all'impresa o all'esercizio di arti o professioni. I contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell'impresa familiare fiscalmente a carico, ai sensi dell'articolo 12 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il titolare non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi, si deducono dal reddito determinato ai sensi del presente comma.
Comma 105:
Sul reddito determinato ai sensi del comma 104 si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 20 per cento. Nel caso di imprese familiari di cui all'articolo 5, comma 4, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, l'imposta sostitutiva, calcolata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari, è dovuta dall'imprenditore. Si applicano le disposizioni in materia di versamento dell'imposta sui redditi delle persone fisiche.
Comma 106:
I componenti positivi e negativi di reddito riferiti a esercizi precedenti a quello da cui ha effetto il presente regime, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 che consentono o dispongono il rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell'esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime solo per l'importo della somma algebrica delle predette quote eccedente l'ammontare di 5.000 euro. In caso di importo non eccedente il predetto ammontare di 5.000 euro, le quote si considerano azzerate e non partecipano alla formazione del reddito del suddetto esercizio. In caso di importo negativo della somma algebrica lo stesso concorre integralmente alla formazione del predetto reddito.
Comma 107:
Le perdite fiscali generatesi nei periodi d'imposta anteriori a quello da cui decorre il regime dei contribuenti minimi possono essere computate in diminuzione del reddito determinato ai sensi dei commi da 96 a 117 secondo le regole ordinarie stabilite dal citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Comma 108:
Le perdite fiscali generatesi nel corso dell'applicazione del regime dei contribuenti minimi sono computate in diminuzione del reddito conseguito nell'esercizio d'impresa, arte o professione dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza in essi. Si applicano, ove ne ricorrano le condizioni, le disposizioni dell'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Comma 109:
Ai fini delle imposte sui redditi, fermo restando l'obbligo di conservare, ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, i documenti ricevuti ed emessi, i contribuenti minimi sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili. La dichiarazione dei redditi è presentata nei termini e con le modalità definiti nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, i contribuenti minimi sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli altri obblighi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali e di certificazione dei corrispettivi. I contribuenti minimi sono, altresì, esonerati dalla presentazione degli elenchi di cui all'articolo 8-bis, comma 4-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni.
Comma 110:
I contribuenti minimi possono optare per l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari. L'opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata. In deroga alle disposizioni del presente comma, l'opzione esercitata per il periodo d'imposta 2008 può essere revocata con effetto dal successivo periodo d'imposta; la revoca è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata.
Comma 111:
Il regime dei contribuenti minimi cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui viene meno una delle condizioni di cui al comma 96 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 99. Il regime cessa di avere applicazione dall'anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti superano il limite di cui al comma 96, lettera a), numero 1), di oltre il 50 per cento. In tal caso sarà dovuta l'imposta sul valore aggiunto relativa ai corrispettivi delle operazioni imponibili effettuate nell'intero anno solare, determinata mediante scorporo ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 per la frazione
d'anno antecedente il superamento del predetto limite o la corresponsione dei predetti compensi, salvo il diritto alla detrazione dell'imposta sugli acquisti relativi al medesimo periodo. La cessazione dall'applicazione del regime dei contribuenti minimi, a causa del superamento di oltre il 50 per cento del limite di cui al comma 96, lettera a), numero 1), comporta l'applicazione del regime ordinario per i successivi tre anni.
Comma 112:
Nel caso di passaggio da un periodo di imposta soggetto al regime previsto dai commi da 96 a 117 a un periodo di imposta soggetto a regime ordinario, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, i ricavi, i compensi e le spese sostenute che, in base alle regole del regime di cui ai predetti commi, hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella determinazione del reddito dei periodi di imposta successivi ancorché di competenza di tali periodi; viceversa quelli che, ancorché di competenza del periodo soggetto al regime di cui ai citati commi, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo, assumono rilevanza nei periodi di imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime di cui ai medesimi commi. Corrispondenti criteri si applicano per l'ipotesi inversa di passaggio dal regime ordinario di tassazione a quello previsto dai commi da 96 a 117. Con i provvedimenti di cui al comma 115 possono essere dettate disposizioni attuative del presente comma.
Comma 113:
I contribuenti minimi sono esclusi dall'applicazione degli studi di settore di cui all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
Comma 114:
Per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive. In caso di infedele indicazione da parte dei contribuenti minimi dei dati attestanti i requisiti e le condizioni di cui ai commi 96 e 99 che determinano la cessazione del regime previsto dai commi da 96 a 117, le misure delle sanzioni minime e massime stabilite dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono aumentate del 10 per cento se il maggior reddito accertato supera del 10 per cento quello dichiarato. Il regime dei contribuenti minimi cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno una delle condizioni di cui al comma 96 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 99. Il regime cessa di avere applicazione dall'anno stesso in cui l'accertamento è divenuto definitivo, nel caso in cui i ricavi o i compensi definitivamente accertati superino il limite di cui al comma 96, lettera a), numero 1), di oltre il 50 per cento. In tale ultimo caso operano le disposizioni di cui al terzo periodo del comma 111.
Comma 115:
Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono dettate le disposizioni necessarie per l'attuazione dei commi da 96 a 114. Con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità applicative, anche in riferimento a eventuali modalità di presentazione della dichiarazione diverse da quelle previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
Comma 116:
Sono abrogati l'articolo 32-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'articolo 14 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e l'articolo 3, commi da 165 a 170, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. I contribuenti che hanno esercitato l'opzione di cui all'articolo 32-bis, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, possono applicare le disposizioni di cui ai commi da 96 a 117 del presente articolo, per il periodo d'imposta 2008, anche se non è trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale previsto dalla predetta disposizione. In tal caso la revoca di cui all'ultimo periodo del predetto articolo 32-bis, comma 7, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata e si applicano le disposizioni di cui al comma 101 del presente articolo. All'articolo 41, comma 2-bis, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, le parole: «che applicano il regime di franchigia di cui all'articolo 32-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «che applicano, agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, il regime di franchigia».
Comma 117:
Le disposizioni di cui ai commi da 96 a 116 si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2008. Ai fini del calcolo dell'acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuto per l'anno in cui avviene il passaggio dal regime ordinario di tassazione a quello previsto per i contribuenti minimi, non si tiene conto delle disposizioni di cui ai commi da 96 a 116. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del periodo precedente, nel caso di imprese familiari di cui all'articolo 5, comma 4, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, l'acconto è dovuto dal titolare anche per la quota imputabile ai collaboratori dell'impresa familiare.

RIF. ALLA LEGGE 98/2011

Restrizioni a quei contribuenti che avendo chiuso la partita dei minimi possono passare con la possibilità della legge 98/2011, art. 27 (v. all. Legge 98/2011) al proseguimento dell'attività con le stesse caratteristiche della precedente, ma con restrizioni più marcate.

Il comma 1 della Legge 98/2011 recita così : "...per favorire la costituzione di nuove imprese da parte di giovani ovvero di coloro che perdono il lavoro e, inoltre, per favorire la costituzione di nuove imprese, gli attuali regimi forfettari sono riformati e concentrati in funzione di questi obiettivi. Conseguentemente, a partire dal 1° gennaio 2012, il regime di cui all’articolo 1, commi da 96 a 117, della  legge 24 dicembre 2007, n. 244, si applica, per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche: a) che intraprendono un’attività d’impresa, arte o professione; b) che l’hanno intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007. L’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali prevista dal comma 105 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 è ridotta al 5 per cento. Il regime di cui ai periodi precedenti è applicabile anche oltre il quarto periodo di imposta successivo a quello di inizio dell’attività ma non oltre il periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età."

Al comma 2 della Legge 98/2011 potete osservare come siano più evidenti le restrizioni: il contribuente non deve aver esercitato nei tre anni precedenti; l'attività da esercitare non deve costituire prosecuzione dell'attività precedente; se si prosegue altra attività d'impresa svolta da altro soggetto i ricavi del periodo d'imposta precedente non devono superare il limite di trenta mila euro.

Il comma 3 della Legge 98/2011 è proprio specifico per quei contribuenti che dal 1° gennaio 2012, non si trovavano più nelle condizioni per poter proseguire con il precedente regime di vantaggio.

La prima possibilità è data dal rientro nella categoria degli ex minimi o regime super semplificato attraverso l'art. 27, comma 3, del D.L. 98/2011 solo per i contribuenti che dal 1° gennaio 2012, non sono più nelle condizioni di fruire del regime di vantaggio.
Pertanto chi rientra nella legge dai commi da 96 a 99 si può accedere al nuovo regime super-semplificato DL 98/2011, art. 27, comma 3. 
Vi è stato inoltre un provvedimento del direttore Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2011 n. 185820/2011 in cui si specifica che possono avere tale regime le seguenti categorie:
1- contribuenti che non possono avere il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità;
2- chiunque fuoriesca dal regime dei minimi per decorrenza dei termini;
3- il contribuente può usufruire del regime supersemplificato senza alcuna formalità;
4- si devono conservare i requisiti della L. 244/2007 ricavi non superiori ai trenta mila euro;
5- i lavoratori autonomi applicano il regime di cassa;
6- le imprese applicano il regime di competenza e devono essere molto analitici ad esempio sviluppando il calcolo con tale meccanismo: ricavi meno costi, poi si sottraggono gli oneri deducibili ex art. 10 tuir, ed infine si applica l'aliquota progressiva e le relative addizionali Irpef.

I vantaggi sono:
- esonerati dagli obblighi di registrazione ai fini imposte indirette e delle dirette;
- dai versamenti periodici dell'Iva;
- dalla presentazione della dichiarazione IRAP.

Gli adempimenti che rimangono sono:
- conservazione dei documenti;
- fatturazione operazioni attive;
- obblighi di  certificazione dei corrispettivi;
- studi di settore valgono e devono essere compilati.

24/10/13

Corte di Cassazione, sez. Lavoro

Corte di Cassazione, sez. Lavoro Sentenza 21 maggio - 2 settembre 2013, n. 20085 
Presidente: omissis – Relatore : omissis 
Svolgimento del processo 

Con sentenza del 9/7 - 5/8/09 la Corte d'appello di Potenza, nel pronunziarsi sull'impugnazione proposta da S. G., C. S. ed A. F. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Matera che aveva respinto la loro domanda diretta alla condanna della M. s.r.l. alla restituzione delle somme per scatti di anzianità dalla medesima indebitamente recuperate dopo il loro iniziale riconoscimento, ha dichiarato estinto il giudizio nei confronti dell'A. per intervenuta rinunzia, mentre ha accolto il gravame in favore degli altri due dipendenti, condannando, di conseguenza, la società appellata al pagamento degli importi di cui era risultata debitrice. La Corte ha spiegato che per prassi aziendale, accertata all'esito dell'istruttoria, tali emolumenti erano entrati a far parte della retribuzione in ragione della loro stabilità e continuità, con conseguente illegittimità del loro recupero da parte della datrice di lavoro. 
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la M. s.r.l. che affida l'impugnazione a due motivi di censura. 
Resistono con controricorso S. G. e S. C.. La ricorrente deposita, altresì, memoria. 

Motivi della decisione 

Col primo motivo, dedotto per omessa ed insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 1340, 1374 e 2077 cod. civ., la ricorrente società contesta il ricorso, da parte dei giudici d'appello, al criterio dell'uso aziendale per la giustificazione del mantenimento degli scatti biennali di anzianità. Al riguardo la ricorrente evidenzia che si era limitata esclusivamente a riconoscere al personale lo stesso trattamento economico praticato dalla precedente datrice di lavoro "A.G." s.r.l, aggiungendo il computo degli scatti maturati in corso di rapporto e finendo, in tal modo, per attribuire ai dipendenti un numero di scatti superiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale di settore, senza che tutto ciò autorizzasse ad intravvedere nella fattispecie una ipotesi di prassi aziendale come erroneamente intesa dalla Corte di merito. 
Col secondo motivo, formulato per violazione e falsa applicazione dell'art. 8 del "CCNL Grafici Industria", la ricorrente evidenzia che i giudici d'appello hanno omesso di considerare che la norma collettiva in questione pone un limite massimo nel riconoscimento degli scatti di anzianità, stabilendo che l'aumento in cifra fissa deve essere contenuto fino ad un massimo di cinque bienni. Il ricorso è infondato. 
Invero, nel motivare il proprio convincimento sull'esistenza di una preassi aziendale favorevole ai dipendenti, la Corte di merito ha spiegato, con argomentazioni congrue che sfuggono ai rilievi di legittimità, che i lavoratori avevano fatto chiaro riferimento sia agli scatti di anzianità maturati con la precedente datrice di lavoro, come risultanti dalle buste paga, che a quelli ininterrottamente corrisposti per ben sette anni, in base al loro calcolo effettuato al momento del passaggio dalla società A.G. s.r.l. alla M. s.r.l.; inoltre, era significativa pure la circostanza per la quale proprio nel periodo del passaggio alle dipendenze della nuova datrice di lavoro si era fatto riferimento alla locuzione "scatti congelati" contenuta nelle precedenti buste paga; infine, da tutte le buste paga prodotte si ricavava che il calcolo era stato eseguito mantenendo l'importo maturato a titolo di scatti di anzianità e prevedendosi cambi di scatto biennali, per cui era da ritenere che tali emolumenti erano entrati a far parte della retribuzione in ragione della loro stabilità e continuità, con conseguente illegittimità del loro recupero da parte della datrice di lavoro. 
Tanto premesso, occorre aggiungere che il ricorso, da parte dei giudici d'appello, al criterio dell'uso aziendale più favorevole al lavoratore è conforme all'indirizzo interpretativo espresso al riguardo da questa Corte. 
Infatti, con sentenza della Sezione Lavoro di questa Corte n. 8342 dell'8/4/2010, si è statuito che "la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti che si traduca in trattamento economico o normativo di maggior favore rispetto a quello previsto dai contratti (individuali e collettivi) integra, di per sé, gli estremi dell'uso aziendale, il quale, in ragione della sua appartenenza al novero delle cosiddette fonti sociali - tra le quali vanno considerati sia i contratti collettivi, sia il regolamento d'azienda e che sono definite tali perché, pur non costituendo espressione di funzione pubblica, neppure realizzano meri interessi individuali, in quanto dirette a conseguire un'uniforme disciplina dei rapporti con riferimento alla collettività impersonale dei lavoratori di un'azienda - agisce sul piano dei singoli rapporti individuali allo stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale. Ne consegue che ove la modifica "in melius" del trattamento dovuto ai lavoratori trovi origine nell'uso aziendale, ad essa non si applica né l'art. 1340 cod. civ. - che postula la volontà, tacita, delle parti di inserire l'uso o di escluderlo - né, in generale, la disciplina civilistica sui contratti - con esclusione, quindi, di un'indagine sulla volontà del datore di lavoro e dei sindacati - né, comunque, l'art. 2077, comma secondo, cod. civ., con la conseguente legittimazione delle fonti collettive (nazionali e aziendali) di disporre una modifica "in peius" del trattamento in tal modo attribuito." (conf. a Cass. Sez. Un. n. 26107 del 13/12/2007 e a Cass. Sez. lav. n. 17481 del 28/7/2009) Pertanto, il ricorso va rigettato. 
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo con loro attribuzione all'avv. V. S. dichiaratosi antistatario. 

P.Q.M. 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese nella misura di € 3000,00 per compensi professionali e di € 50,00 per esborsi, oltre accessori di legge, con attribuzione al legale.

15/10/13

BLACK LIST OPERAZIONI PER SPESOMETRO

Le operazioni della della Black list per gli operatori presenti in questi paesi, sono comunicate nel canestro denominato (BL).
Le persone che hanno già comunicato trimestralmente e mensilmente non devono essere comunicate poichè già monitorate.
Sempre queste operazioni inferiori a 500 € che non sono state comunicate periodicamente, sembrano escluse almeno da quanto riportato dalle istruzioni.
Oltre alle importazioni ed esportazioni che sono escluse, si aggiungono tutte quelle operazioni effettuate dal modello Intra (escluso quindi l'art. 9 del DPR 633/72 operazioni internazionali) che devono essere scritte nel modello al netto dei diritti doganali.
Nel quadro (FN) vanno scritte le operazioni con le persone non residenti il quale sottolinea le indicazioni come le generalità dei clienti o dei fornitori.
Le fatture inerenti la contabilità separata, possono essere riportate per l'intera somma, anche se nella stessa contabilità rimangono divise le operazioni.
Le fatture del quarto trimestre del 2012 vanno indicate, per i trasportatori, nel modello di comunicazione del 2013.
Nello spesometro vengono esclusi i contribuenti minimi, gli agricoltori esonerati dal volume di affari non superiore a sette mila euro e la decorrenza è dal 2013 almeno da quanto si apprende dal D.L. 179/12.
Esclusione dallo spesometro anche per le assicurazioni art. 10 del DPR 633/72, e coloro i quali sono dispensati dalla fatturazione (36/bis) questi non comunicano le operazioni finanziarie ed assicurative, al contrario devono segnalare le altre operazioni.
I clienti dei contribuenti minimi devono elencare le fatture ricevute e fuori campo Iva.

10/10/13

Corte di Cassazione Civile n. 21273/2013 sez. VI-1 del 18/9/2013 (assegno mensile al proprio figlio per il mantenimento )

La Cassazione conferma l’obbligo di un genitore a versare un cospicuo assegno mensile al proprio figlio per il mantenimento oltre pagamento dell’ottanta per cento delle spese straordinarie. Ciò che a primo acchito potrebbe sembrare eccessivo va considerato alla luce del tenore di vita dei genitori, è questo il principio su cui si basa l’ordinanza in epigrafe. In particolare viene considerato l’alto reddito percepito dal genitore obbligato. Precisano i giudici che sebbene non si ponga in discussione l’obbligo di “entrambi i genitori, che svolgono attività lavorativa produttiva di reddito, di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, in proporzione alle proprie disponibilità economiche”, tale assunto va comunque messo in relazione al “livello economico-sociale in cui si colloca la figura del genitore”, e, nel complesso, l’intera famiglia. 

Ordinanza

Fatto e diritto

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., nel procedimento civile iscritto al RCA. 8813 del 2012 "La Corte d'Appello di Ancona - Sezione Minori -, in parziale riforma del decreto emesso dal Tribunale per i minorenni delle Marche, ha disposto la corresponsione, da parte di P.A. in favore di P.E., a titolo di contributo al mantenimento della figlia minore P.A., della somma mensile di € 1200, oltre al pagamento dell'80% delle spese straordinarie per la bambina. 
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso in cassazione P.A., affidandosi ai seguenti motivi: 
nel primo ha denunciato la violazione e la falsa applicazione dell'art. 155 c.c., comma 4, come modificato dall'art. 1, comma 1, l. 54 del 2006, in combinato disposto con l'articolo 4, comma 2, della legge n. 54 del 2006, in relazione alla determinazione dell'assegno periodico da parte del giudice, il quale ai fini della sua quantificazione si sarebbe basato solo sulla presunta sproporzione del reddito tra i genitori affidatari, senza valutare gli altri criteri indicati nel predetto articolo, in particolare le attuali esigenze del figlio, il tenore di vita precedentemente goduto e le risorse economiche di entrambi i genitori; 
nel secondo ha censurato il vizio di motivazione con riferimento alla parte in cui la Corte territoriale, pur riconoscendo di dover tenere conto delle esigenze della minore nella determinazione dell'assegno, ha interamente basato la sua decisione sulla asserita sproporzione tra i redditi; 
nel terzo ha lamentato il vizio di motivazione in relazione all'aumento dell'assegno fondato esclusivamente sull'esistenza di una notevole capacità economica e patrimoniale di P.A., desunta da elementi diversi dal reddito formalmente dichiarato, che il giudice avrebbe disatteso senza procedere ad indagini fiscali, accogliendo quindi acriticamente le contestazioni mosse da P.E. in assenza di nuove indagini tributarie; 
nel quarto ha censurato l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere determinato l'assegno perequativo di E 1200, senza una valutazione effettiva delle esigenze della minore, qualificando il contributo come onnicomprensivo, nonostante la separata previsione di partecipazione nella misura dell'80% alle spese straordinarie destinate a soddisfare in concreto proprio quelle esigenze educative, sportive e di svago, ricondotte nell'ambito dell'ordinario mantenimento, con conseguente duplicazione del contributo; 
nel quinto ha dedotto il vizio di motivazione, avendo il giudice confermato l'onere di contribuzione del ricorrente alle spese straordinarie per il mantenimento della minore nella misura dell'80%, omettendo di fornire sul punto alcuna giustificazione, sebbene fosse stato proposto reclamo incidentale anche in ordine alla ripartizione delle spese straordinarie, chiedendone una limitazione al 50%; 
nel sesto ha contestato la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 155 c.c., comma 6, per avere la Corte disatteso e privato di valore la documentazione fiscale prodotta da P.A., senza procedere alle indagini tributarie del caso, dando prevalenza alle valutazioni di una asserita e generalizzata ricchezza dei chirurghi plastici, nonché alla presunzione di redditività delle società del ricorrente; 
Resiste P.E. con controricorso, chiedendo il rigetto delle pretese del ricorrente. 
Il primo cd il secondo motivo da trattarsi congiuntamente in quanto relativi ai criteri di determinazione dell'assegno di mantenimento della minore, sono manifestamente infondati, in quanto la Corte territoriale ha giudicato in modo del tutto coerente con l'orientamento di questa Corte, secondo il quale sussiste l'obbligo di entrambi i genitori, che svolgono attività lavorativa produttiva di reddito, di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, in proporzione alle proprie disponibilità economiche, ai sensi degli art. 147 e 148 c.c., in diretta applicazione dell'art. 30 Cost, e pure dell'art. 155 c.c. Il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, al fine di realizzare tale principio di proporzionalità, e, nel determinare l'importo dell'assegno per il minore, deve considerare le "attuali esigenze del figlio", che si concretizzano in bisogni, abitudini, legittime aspirazioni della minore, e in genere nelle sue prospettive di vita, le quali non potranno non risentire del livello economico-sociale in cui si colloca la figura del genitore (Cass. n. 23630 del 2009, n. 23411 del 2009, e 7644 del 1995, n. 10119 del 2006). Nella specie, dal contesto motivazionale della pronuncia impugnata, emerge con chiarezza un sicuro riferimento a tali esigenze, ancorché necessariamente correlate alle condizioni economiche dei genitori. Il giudice di secondo grado infatti ha valutato concretamente le necessità e i bisogni di una bambina di quattro anni, rilevando allo stesso tempo che sussiste una notevole disparità tra le condizioni patrimoniali dei genitori, la quale giustifica, dando realizzazione al principio di proporzionalità sopra ricordato, una maggiore contribuzione del sig. P. al mantenimento della minore. 
Il terzo e il sesto motivo possono essere trattati congiuntamente e risultano in parte inammissibili, poiché tendono unicamente, attraverso l’evocazione di un vizio motivazionale, a sollecitare una rivalutazione, finalizzata ad una diversa quantificazione della consistenza del patrimonio dal P., degli elementi fattuali, che spetta esclusivamente al giudice del merito e su cui questa Corte non può interferire (ex multis Cass. 22909 del 2012, Cass. 7179 del 2010), e in parte infondati, atteso che la Corte d'Appello, con congrua e adeguata motivazione, non ha disatteso, considerandoli inattendibili, i redditi formalmente dichiarati dal ricorrente, ma, visti i redditi fiscali, ha esteso l'esame della capacità economica del genitore anche alle sue ulteriori disponibilità patrimoniali (beni immobili, partecipazioni societarie, amministratore di società), avuto riguardo a tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro, nel rispetto dei principi più volte enunciati da questa Corte (Cass. 9915 del 2007). Infondata si presenta altresì la doglianza del ricorrente in ordine alla mancata disposizione delle indagini tributarie, posto che l'esercizio di tale potere appartiene alla sfera discrezionale del giudice, il quale, in deroga alle regole generali sull'onore della prova, può avvalersi della polizia tributaria d'ufficio o su istanza di parte (Cass. n. 2098 del 2011), e non risulta, allo stato degli atti né il P. ne fa menzione nel ricorso, che ci sia stata una richiesta di parte in tal senso. 
Il quarto motivo si palesa in parte inammissibile, atteso che la Corte d'Appello, come sottolineato nella disamina del primo motivo, ha tenuto nella dovuta considerazione le esigenze della bambina, giudicando in conformità all'indirizzo espresso da questa Corte, in base al quale il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, secondo il precetto contenuto nell'art. 147 c.c., impone ai genitori di far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, certamente non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione, fin quando l'età dei figli stessi lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione (Cass. 27 maggio 2009, n. 23630; 8 novembre 1997, n. 11025; Cass. 19 marzo 2002, n. 3974; Cass. 22 marzo 2005, n. 6197), e in pance infondato, in quanto non tutte le esigenze sportive, educative (ad esempio acquisto di libri, di materiale da cancelleria) e di svago rientrano tra le spese straordinarie (Cass. 23630 del 2009), non sussistendo pertanto alcuna contraddittorietà o duplicazione di contributi nell'asserire l'onnicomprensività dell'assegno di mantenimento, con chiaro riferimento a tutti i bisogni ordinari, e nel disporre contemporaneamente la partecipazione del P. nella misura dell'80% alle spese straordinarie. 
Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato, risultando la statuizione relativa al contributo alle spese straordinarie esaurientemente e logicamente desumibile dalla complessiva motivazione relativa all'ammontare dell'assegno. 
Ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve essere respinto". 
Il Collegio aderisce alla relazione rilevando in ordine alla memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ. dal ricorrente che la richiesta audizione è inammissibile in sede di giudizio di legittimità; che l'art. 155 cod. civ. si applica indifferentemente ai figli legittimi e naturali; che il criterio di proporzionalità nella determinazione del contributo al mantenimento della minore è stato rispettato, mediante l'esauriente indicazione da un lato delle esigenze della minore e dall’altro delle buone condizioni economiche del ricorrente (pag. 4 sentenza impugnata); che non è necessaria l'analitica riproduzione di tutti i criteri di determinazione del contributo al mantenimento del minore, essendo sufficiente la selezione, adeguatamente motivata dagli indici ritenuti rilevanti rispetto al caso di specie, che, infine, l'ammontare complessivo di tale contributo (€ 1200 mensili oltre all’ottanta per cento delle spese straordinarie) non appare "inconsueto" anche alla luce di una valutazione presuntiva delle esigenze medie di vita di un minore correlate al complessivo tenore di vita dei genitori così come desumibile dal provvedimento impugnato; 
al rigetto del ricorso segue l'applicazione del principio della soccombenza;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna îl ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento che liquida in E 3200 per compensi; E 200 per esborsi oltre accessori di legge.

01/10/13

IVA DAL 21% AL 22% DAL 1° OTTOBRE 2013

In particolare, sarà possibile effettuare il versamento dell’Iva a debito, incrementato degli interessi eventualmente dovuti, senza applicazione delle sanzioni entro i seguenti termini:

- liquidazione periodica mensile :
   periodo di fatturazione ottobre e novembre = Versamento dell’ acconto Iva il 27 dicembre 2013;
- liquidazione periodica mensile : periodo di fatturazione
   dicembre = Versamento dell’iva annuale al 16 marzo 2014
- liquidazione periodica trimestrale :
   periodo di fatturazione quarto trimestre = Versamento dell’iva annuale al 16 marzo 2014

Si può vedere anche la circolare 45/E del 2011 la regolarizzazione non comporterà nessuna sanzione se la maggiore imposta collegata all’aumento dell’aliquota verrà comunque versata nei termini indicati dalla circolare n. 45/E del 12 ottobre 2011.

L’articolo 40, comma 1-ter del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, come convertito il decreto legge 28 giugno 2013, n. 76 all’art. 11, comma 1, lett. a) , il quale ha disposto l’aumento dell’aliquota Iva ordinaria dal 21 al 22% a decorrere dal 1° ottobre 2013.


fonte : www.fiscoepolitica.it

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