30/01/13

CERTIFICAZIONE DEGLI UTILI CORRISPOSTI

Potete vedere il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate DM  pubblicato il 7/1/2013 sul sito: www.agenziadelleentrate.it  in base all'articolo 1 del comma 361 della L. 24/12/2007 n.244.
  • (ATTENZIONE LA CERTIFICAZIONE DEGLI UTILI CORRISPOSTI
  • Si fa presente che il presente provvedimento sostituisce quello precedentemente approvato del 21 dicembre 2009).
RIASSUNTO DELLE CERTIFICAZIONE CHE DEVE ESSERE COMPOSTA DAI SEGUENTI PUNTI ESSENZIALI:
SEZIONE I  =  DATI RELATIVI AL SOGGETTO EMITTENTE
SEZIONE II =  DATI DELL'INTERMEDIARIO NON RESIDENTE
SEZIONE III= DATI SUL PERCETTORE DEGLI UTILI
SEZIONE IV= DATI SUGLI UTILI E SUI PROVENTI CORRISPOSTI.

LE  CIRCOLARI, RISOLUZIONI  E DIRETTIVE  LE POTETE TROVARE   SUL SITO DELLA TAX AND LEGAL C.E.D. SRL CLICCA SOPRA A: 



19/01/13

MOD. 770/13; MOD. 730-1,2,3,4; iva 74/bis; Iva 2013; approvazione comunicazione annuale iva;




Provvedimento del 15/01/13

Provvedimento del 15/01/13

Provvedimento del 15/01/13

Provvedimento del 15/01/13

Provvedimento del 15/01/13


NON SIAMO UNA TESTATA GIORNALISTICA

17/01/13

ASSEGNAZIONE BENI IMMOBILI AI SOCI (persone fisiche non esercenti impresa)



CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO
Studio n. 103-2012/T

Assegnazione di beni immobili a soci persone fisiche non esercenti attività
d’impresa

Approvato dalla Commissione studi tributari il 15 giugno 2012 (*)

***

Sommario:

Introduzione: 1. Generalità; 2. Situazioni giuridiche che possono concretizzare assegnazioni di

beni -Operazioni contabili correlate; 3. Disciplina fiscale della assegnazione; 4. Nelle imposte indirette; 4.1

Iva; 4.2 Registro; 5. Nelle imposte dirette; 5.1. La società assegnante; 5.1.1 Differenze tra cessione a titolo

oneroso e assegnazione: un contributo alla scelta della soluzione; 5.1.2 Modalità di pagamento delle

plusvalenze da cessione a titolo oneroso rispetto alle plusvalenze da assegnazione; 5.1.3 Si realizza una

plusvalenza anche se l’assegnazione viene effettuata a valori contabili a differenza della cessione a titolo

oneroso?; 5.1.4 Rapporto tra plusvalenze e minusvalenze tra cessione e assegnazione; 5.2 L’assegnatario di

bene soggetto persona fisica non imprenditore; 5.2.1 Natura del reddito; 5.2.2 Irrilevanza della distinzione

tra principio di cassa e di competenza con riferimento alla liquidazione degli utili in natura; 5.2.3 Reddito in

capo al socio assegnatario; 5.2.4 Differenze tra utili in natura e utili da recesso; 6.La soluzione di due casi

pratici; 7. Conclusioni.



***



Introduzione



L’argomento in oggetto è stato già trattato limitatamente ai riflessi relativi all’esercizio del



recesso nell’ambito di uno studio precedente (1) .



Un nuovo e diverso approfondimento si rende opportuno in seguito alla entrata in vigore

della legge 14.09.2011 n. 138 che con l’ introduzione della lettera h-ter) nell’art 67 del D.P.R. 22

dicembre 1986 n. 917 (Tuir) disciplina un ulteriore reddito diverso relativo alla differenza tra il

valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell’impresa a

soci o familiari dell’imprenditore. (2)



Una delle soluzioni suggerite per non far emergere tale presupposto impositivo consiste

nell’assegnazione in proprietà al socio dei beni di cui lo stesso aveva solo il godimento.



Ulteriore spinta inoltre all’utilizzo della fattispecie in oggetto è costituita dalla ricorrente crisi

di liquidità che induce le società a favorire lo spin off immobiliare mediante soluzioni non

comportanti circolazione di danaro.



1. Generalità

E’ necessario premettere alcune considerazioni di carattere generale.



Innanzitutto si devono dare per risolte positivamente le problematiche di ammissibilità della





assegnazione di beni sul piano del diritto sostanziale.



La tesi negativa muoveva dalla violazione della par condicio tra i soci e dalla impossibilità di

procedere alla precisa valutazione dei beni da assegnare con rischio di violazione dei diritti dei

creditori.



La tesi positiva, invece, seguita anche dal legislatore tributario (3), ritiene che con il rispetto

del principio della unanimità dei consensi e ancora meglio con la previsione statutaria di una

clausola organizzativa che consenta l’assegnazione di beni in natura si possano contrastare le

eccezioni mosse dai sostenitori della tesi contraria.



Il problema della tutela dei creditori verrebbe superato dai sistemi di opposizione e di

risarcimento danni che prevede il codice civile.



Aderendo a tale ultima tesi è opportuno precisare che l’assegnazione di beni ai soci viene

inquadrata come un fenomeno traslativo inerente i beni sociali; la società attribuisce al socio valori

espressi nell’attivo patrimoniale in contropartita della riduzione del patrimonio netto.



La dottrina (4) si divide tra la tesi della assegnazione come atto a titolo oneroso e della

assegnazione come atto a titolo gratuito configurata come assegnazione “ senza contropartita” (5)

per la società a fronte della decurtazione patrimoniale subita.



La distinzione meriterebbe una maggiore attenzione specie per i diversi riflessi sul piano

fiscale.



Si pensi alla problematica della qualificazione dell’assegnazione di beni come una

specificazione della più ampia categoria della destinazione a finalità estranee (6) e della necessità o

meno di rinvenire un “atto” con cui si realizzi l’estromissione del bene stesso; oppure ancora

all’altro tema connesso della deducibilità delle spese inerenti. (7)



Tuttavia lo scopo del presente lavoro consente solo di esprimere la condivisione della tesi

che configura nell’ assegnazione di beni una cessione a titolo oneroso (8) in quanto a essa si

accompagna sempre l’estinzione di un diritto di credito del socio. (9) Nel contempo anche la

condivisione della teoria che ritiene necessario per il configurarsi della fattispecie in oggetto un

ulteriore atto rispetto alla mera sottrazione dei beni dal regime di impresa; ciò specie per il

soggetto societario per il quale in assenza di una sfera extra-imprenditoriale non sarebbe possibile

configurare una mera variazione di destinazione in assenza di un mutamento della titolarità

giuridica del bene. (10)








2. Situazioni giuridiche che possono concretizzare assegnazioni di beni -Operazioni

contabili correlate



L’assegnazione di beni ai soci trova una spiegazione causale in diverse situazioni giuridiche



(11) consistenti in alcune modifiche del rapporto sociale.

In particolare si potrà avere un’assegnazione di beni sociali in caso di liquidazione della

quota in caso di recesso o di esclusione del socio o a seguito della riduzione reale del capitale

sociale cui faccia seguito la restituzione in natura del capitale a tutti i soci. Mediante la riduzione

reale targata: ovvero la riduzione reale del capitale con attribuzione di un bene ad un solo socio

(ammessa con l’unanimità dei consensi e nel rispetto dei diritti dei creditori); oppure ancora in

caso di distribuzione di utili in natura.



L’assegnazione potrà infine rappresentare uno degli ultimi atti della vita sociale nella fase di

liquidazione della società (12) a seguito dell’approvazione finale del piano di riparto. (13)



Non è questa la sede per analizzare le diverse problematiche civilistiche inerenti ciascuna

delle indicate ipotesi di assegnazione e soprattutto le cautele da adottare (14) nel rispetto delle

norme a tutela del capitale sociale.



Va tuttavia osservato che in corrispondenza di ognuna delle operazioni di assegnazione di

beni in natura si deve effettuare un’operazione correlata sulle riserve disponibili e sul capitale.



Con la fuoriuscita di un bene sociale si realizzerà infatti una riduzione del patrimonio netto

della società cui si accompagnerà anche una riduzione delle passività perché si estingue il debito

della società con il socio assegnatario.



A seguito della assegnazione dei beni si possono verificare varie ipotesi o modalità di

copertura del credito maturato dalla società.

Si potrà avere:



-distribuzione dell’utile di esercizio

-una ripartizione di riserve di utili

-distribuzione di riserve di capitale (15)

-riduzione del capitale sociale (16)





La scelta non è libera perché si presumono prioritariamente distribuite le riserve di utili in

quanto meno vincolate. (art 47-1 comma). (17)



In definitiva la “copertura del credito” potrà avvenire con operazioni che non comportino un

annullamento delle azioni o quote possedute, oppure mediante l’annullamento delle azioni o

quote.








Va altresì sottolineato che in molti casi non è semplice eseguire una assegnazione che

rispetti esattamente le quote di partecipazione. Al riguardo si possono assegnare anche poste del

passivo per conguagliare nell’attivo il diverso valore dei beni assegnati oppure eseguire una

assegnazione di capitale non proporzionale cui consegue la variazione delle quote di

partecipazione dei soci alla società (18)



Giova sottolineare che tale osservazione non ha natura prettamente contabile perché aiuta a

comprendere anche il principio espresso dall’art 47 – comma 5 del Tuir (19) . La ripartizione di beni

tra i soci non costituisce distribuzione di utili e quindi non è tassabile se riguarda riserve e altri

fondi assimilabili al capitale, costituiti con sovrapprezzi di emissione di azioni o quote, con

interessi di conguaglio, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale o infine

con saldi di rivalutazione monetaria.



Su tali argomenti tuttavia si tornerà in seguito.



3. Disciplina fiscale della assegnazione

L’inquadramento fiscale della assegnazione dei beni ai soci risente del tipo di società

interessata, della natura dei beni coinvolti e dei soggetti assegnatari.



La diversa e complessa disciplina ha suggerito di limitare l’analisi alla sola assegnazione di

beni immobili (20) in favore del socio persona fisica.



Per facilità espositiva la materia verrà approfondita trattando separatamente i riflessi in

materia di imposte indirette e di imposte dirette.



4. Nelle imposte indirette

L’assegnazione di beni ai soci subisce una differente imposizione a seconda della

concorrenza di elementi soggettivi e oggettivi connotanti la fattispecie.



4.1 Iva

L’assegnazione dei beni ai sensi dell’art 2 comma 2 n 6 D.P.R. 633/1972 costituisce

operazione imponibile iva regolata con emissione di una autofattura da parte della società. Il

legislatore Iva considera dunque come una cessione a titolo oneroso (21) l’assegnazione di beni

fatte ai soci (22) sia da società di persone sia da società di capitali qualunque sia l’oggetto della

società e qualunque sia il titolo in relazione al quale l’assegnazione viene effettuata.



La norma trova la sua ratio nel voler impedire che mediante la costituzione di società si

realizzino con successive assegnazioni ai soci trasferimenti simulati di beni, i quali giungerebbero








agli assegnatari completamente detassati nel caso in cui in relazione a tali beni sia stato detratto

l’importo dell’imposta assolta all’atto dell’acquisto (23) .



Il tenore della norma non sembrerebbe lasciare spazio a eccezioni fatte salve quelle elencate

nell’art 2 – 3 comma del D.P.R. iva, se non si voglia considerare tale anche l’assegnazione di beni

per i quali si sia verificata la particolare situazione relativa alla mancata detrazione dell’Iva all’atto

dell’acquisto e su cui ci si soffermerà in seguito.



Analizzando nello specifico si potranno avere le seguenti situazioni:



a) Assegnazioni soggette a Iva (operazioni di cui all’art 10 n 8-bis en8-ter)



La base imponibile a norma dell’art 13 D.P.R. Iva lett. c) corrisponde al valore normale dei

beni assegnati (24); l’aliquota è quella indicata nella Tariffa allegata al D.P.R. Iva per ciascuna

categoria di beni.



b) Assegnazioni esenti da Iva e assoggettate a imposta di registro



Si hanno due ipotesi:



La prima è relativa alla assegnazione di beni acquistati o importati in regime di totale

indetraibilità dell’Iva (art 10 comma 1 n 27-quinquies) (25) per ragioni soggettive connesse

all’attività del soggetto (perché fa operazioni esenti o perché ha un pro-rata pari a zero) oppure

per ragioni oggettive (connesse alla natura del bene art 19-bis 1 comma 1 lett. i: abitazioni).



La seconda è relativa alla assegnazione esente perché non ricorre una delle ipotesi di

imponibilità ex art 10 n 8-bis en 8-ter.



c) Assegnazioni escluse da Iva e assoggettate a imposta di registro



Ricorre tale ipotesi con riferimento alla natura del bene assegnato che non le fa rientrare tra

le operazioni imponibili (es. terreno agricolo). Art 2 comma 3 D.P.R. 633/1972.



d) Assegnazioni di beni rispetto ai quali la società non abbia detratto interamente o

neanche parzialmente l’iva all’atto di acquisto.



La soluzione del regime di imponibilità di tali fattispecie è oggetto di un orientamento non

unitario basato sull’analisi del combinato disposto dei numeri 4,5 e 6 del comma 2 dell’art 2

decreto iva.



La posizione del Fisco (26) muove dalla assimilazione della assegnazione dei beni ai soci a

un’ipotesi di autoconsumo esterno trovando sostegno nell’art 5 comma 6 della VI Direttiva CEE n.

77/388 del 17.5.1977 (ora articolo 16 della Direttiva 2006/112/Ce) e su un orientamento espresso

dalla Corte di Giustizia Europea (27) che sostengono che il prelievo di un bene della propria impresa

da un soggetto passivo e la destinazione al proprio uso privato costituisce un’ipotesi di cessione a

titolo oneroso (rilevante ai fini iva) solo quando detto bene e gli elementi che lo compongono

hanno consentito una deduzione totale o parziale dell’iva.








L’intento del legislatore comunitario è quello di calibrare l’eventuale assoggettamento ad iva

all’esercizio della detrazione. (28)



L’amministrazione italiana (29) dunque muovendo proprio dalla assimilazione a un’ipotesi di

destinazione a finalità estranee e a un’ipotesi di autoconsumo sostiene che l’assegnazione dei beni

rientra (a differenza della vendita) tra le ipotesi di cui all’art 5 della direttiva Cee. L’operazione

risulterà imponibile solo nei casi in cui la società assegnante abbia detratto interamente o

parzialmente l’iva all’atto di acquisto (30) e non anche nell’ipotesi opposta di assegnazioni di beni

rispetto ai quali la società non abbia detratto interamente o neanche parzialmente l’iva all’atto

di acquisto. (come nel caso di acquisto da un privato)



Partendo da tali premesse la conclusione è che a differenza della vendita (rispetto alla

quale, non essendo possibile ricomprenderla tra le ipotesi di cui all’art 5 della direttiva CEE, le

ipotesi di indetraibilità sono solo quelle derivanti dalla natura soggettiva (31) e oggettiva (32) ma

non anche quella per la quale la detrazione non è stata esercitata perché non si è subita la

rivalsa dell’imposta) non sussiste l’obbligo di assoggettare a imposta l’autoconsumo di beni

immobili per i quali non è stata detratta l’iva all’atto del relativo acquisto. (33)



Va tuttavia sottolineato che da tale previsione di non assoggettamento resterebbe

comunque escluso l’autoconsumo di beni immobili sui quali siano stati operati interventi di

manutenzione o di recupero edilizio in relazione ai quali sia stata detratta la relativa imposta. (34)



(35)

La questione non è per nulla pacifica.



Un’altra interpretazione giunge a una soluzione diversa in forza della quale anche

l’assegnazione di beni rispetto ai quali la società assegnante non abbia detratto interamente o

neanche parzialmente l’iva all’atto di acquisto (come nel caso di acquisto da un privato) sia

assoggettata a iva.



La conclusione viene sostenuta sulla base della mancata previsione di un’eccezione

analoga a quella prevista per le cessioni gratuite di beni (n. 4)e l’autoconsumo (n. 5), ipotesi nelle

quali, a differenza di quanto previsto dal n 6 del medesimo comma, è espressamente prevista

l’esclusione dalla sfera applicativa dell’iva per non essere stata effettuata all’atto dell’acquisto la

detrazione ex art 19. L’assimilazione delle assegnazione ai soci di cui al n 6 tra le operazioni

imponibili opera dunque a prescindere dalla circostanza che sia stata o meno esercitata la

detrazione all’atto dell’acquisto. (36)



Tale ultimo orientamento sembrerebbe condivisibile non solo per l’interpretazione letterale

che lo sostiene e che consente una lettura sistematica dei numeri 4,5 e 6 del comma 2 dell’art 2

del D.P.R. 633/1972 ma anche per ragioni sostanziali. Il presupposto da cui muove








l’amministrazione è che l’assegnazione di beni da parte di società sia un’ipotesi di autoconsumo

esterno. A ben vedere però tale situazione è configurabile solo rispetto all’imprenditore

individuale (37) , rispetto al quale solo è possibile individuare una sfera patrimoniale

extraimprenditoriale. (38)



Non potendosi dunque individuare una spazio simile nei confronti delle società rimane

difficile trovare sostegno alla non imponibilità quando il bene è comunque entrato nell’impresa (e

da questa ne esca) e non sia configurabile rispetto a tali soggetti una sfera di attività

extraimprenditoriale. (39)



4.2 Registro

Argomentando dall’art 4 lett. a) della citata tariffa parte prima del TUR e in forza del rinvio

operato dalla lett. d) n. 2 del medesimo articolo quando l’assegnazione dei beni ai soci non è

soggetta ad iva è soggetta a registro nella misura ordinaria (40) .



Con riferimento ai beni immobili di natura residenziale di conseguenza saranno applicabili a

seconda ovviamente della qualifica del socio recedente/assegnatario:



-il prezzo valore



-le agevolazioni 1 casa



-l’agevolazione dell’1% (per le società di trading immobiliare) (41)



5. Nelle imposte dirette

A differenza di quanto accade nel trasferimento a titolo oneroso l’assegnazione è

fiscalmente rilevante non solo per la società che la esegua ma anche per il socio interessato.



L’analisi va dunque effettuata distinguendo i due profili di imposizione.



5.1 La società assegnante

Va fatta una precisazione: l’assegnazione/liquidazione di una somma di danaro non genera

in capo alla società che la eroga un componente di reddito che al contrario si realizza quando la

liquidazione avviene in natura.



In capo al soggetto ires (42) che assegna il bene va evidenziato che la disciplina fiscale è

comune a tutte le ipotesi di assegnazione di beni ai soci. (43)



Il legislatore (44) ha indicato la modalità impositiva in base al metodo di valorizzazione del

valore normale (45) per regolare la fuoriuscita dei beni dall’ambito del regime di impresa quando ne

escono a fronte di atti diversi da quelli a titolo oneroso. Quindi in caso di assegnazione di beni

strumentali ai soci (a prescindere dalla causa) o di destinazione dei medesimi beni a finalità








estranee all’esercizio di impresa ai fini della determinazione dell’eventuale plusvalenza fiscale

occorre prendere in considerazione la differenza tra valore normale e il costo non ammortizzato

dei beni in forza di quanto disposto dall’art 86 comma 3 del tuir.



Nello specifico si deve far riferimento alla “classificazione dei beni assegnati”. (46)



La rilevanza fiscale dell’assegnazione emergerà nel caso in cui vengano assegnati beni merce



(47) generando ricavi (48) che saranno pari al valore della contropartita patrimoniale conseguita o

valore normale del bene assegnato (49) (50) .

Qualora invece saranno assegnati beni strumentali (51) si genereranno plusvalenze che

saranno pari alla differenza tra valore normale del bene estromesso e il valore fiscalmente

riconosciuto del bene stesso (52). Tale norma dispone infatti che le plusvalenze dei beni relativi

all’impresa concorrono a formare il reddito anche nell’ipotesi in cui i beni medesimi vengono

assegnati al socio o destinati a finalità estranee all’impresa e il successivo comma 3 detta le

relative regole. (53)



5.1.1 Differenze tra cessione a titolo oneroso e assegnazione: un contributo alla scelta

della soluzione

Dal punto di vista impositivo è interessante soffermarsi sulle differenze tra plusvalenze da

cessioni immobiliari e da assegnazione di beni ai soci anche per riflettere sul tipo di soluzione

adottare.



La cessione a titolo oneroso è sottoposta a imposizione in base alla differenza tra “costi e

ricavi” per i beni merce e tra “ corrispettivo conseguito” e il “costo non ammortizzato “ per i beni

strumentali. (54)



L’assegnazione di beni ai soci invece è assoggettata a imposta in base al metodo di

valorizzazione del valore normale (55) .



Quindi in caso di cessione a titolo oneroso occorre determinare la plusvalenza muovendo

dalla differenza tra il corrispettivo o l’indennizzo conseguito al netto degli oneri accessori di diretta

imputazione e il costo non ammortizzato dei beni.



Nel caso invece di assegnazione di beni strumentali ai soci (a prescindere dalla causa) o di

destinazione dei medesimi beni a finalità estranee all’esercizio di impresa ai fini della

determinazione dell’eventuale plusvalenza fiscale occorre prendere in considerazione la differenza

tra valore normale e il costo non ammortizzato dei beni in forza di quanto disposto dall’art 86

comma 3 del tuir, come se si effettuasse una cessione virtuale del bene al socio.








5.1.2 Modalità di pagamento delle plusvalenze da cessione a titolo oneroso rispetto alle

plusvalenze da assegnazione



Con riferimento alla sola cessione a titolo oneroso l’art 86 comma 4 consente di optare per il

frazionamento del pagamento della plusvalenza rispetto ai beni alienati e già posseduti per un

periodo non inferiore a tre anni o da a un anno per le società sportive professionistiche.



Tale soluzione, fiscalmente più vantaggiosa non è applicabile anche alla assegnazione di beni

sociali visto che nell’art 86 comma 4 non è richiamato il comma 3 (relativo alle assegnazioni); la

norma è dunque riferibile solo al comma 2 (che tratta delle cessioni).



5.1.3 Si realizza una plusvalenza anche se l’assegnazione viene effettuata a valori contabili

a differenza della cessione a titolo oneroso ?

Si maturerà una plusvalenza anche se l’assegnazione venisse effettuata a valori contabili

ovvero mediante una riduzione del capitale in misura pari al valore contabile dei beni che

transitano al socio. (56)



L’Amministrazione ha ribadito il principio secondo cui l’assegnazione di beni strumentali dà

luogo a un componente positivo di reddito (plusvalenza) ogni qualvolta il valore normale dei beni

oggetto di assegnazione sia maggiore del costo fiscalmente rilevante degli stessi. Senza eccezioni:

neppure quelle rappresentate dalla rappresentazione contabile delle stesse. (57)



La ratio dell’art 86 tuir non lascia spazio a tesi che facendo leva sulla rappresentazione

contabile dell’operazione giungano ad affermare la rilevanza della plusvalenza nel solo caso in cui

ciò emerga anche contabilmente



Tuttavia nel caso specifico se anziché ad un’assegnazione di beni si procedesse a effettuare

una cessione a titolo oneroso del medesimo bene se il corrispettivo coincidesse con il valore

contabile (fiscale) del bene ceduto non emergerebbe materia imponibile, fatte salve comunque

eventuali rettifiche in sede di accertamento da parte del Fisco.



5.1.4 Rapporto tra plusvalenze e minusvalenze tra cessione e assegnazione

A differenza di quanto accade per la cessione a titolo oneroso a norma dell’art 101 tuir

comma 1 e dell’art 86 tuir non è deducibile la minusvalenza da assegnazione.



Lo prevede il decreto Bersani (è stata eliminata la lett. c) dal richiamo operato dall’art 101

tuir all’art 86 tuir) (58)



Cosa significa?



Il valore normale di un bene può essere: (59)



Sensibilmente superiore al costo di acquisto fiscalmente riconosciuto (immobili non

ammortizzabili – tipo le abitazioni) (si genera una plusvalenza).








Tendenzialmente coincidente con il costo fiscalmente riconosciuto (beni ammortizzabili nei

quali la perdita di valore trova espressione negli ammortamenti) (plusvalenze ridotte o limitate).



Inferiore al costo fiscalmente riconosciuto (minusvalenze).



Il concetto di plusvalenza evoca una differenza positiva tra il valore normale dei beni

assegnati e costo non ammortizzato dei beni assegnati.



Se la differenza è negativa si realizzerà una minusvalenza, che come visto nel caso di

assegnazione non sarà deducibile, (60) al contrario di quanto invece accade con riferimento alla

cessione a titolo oneroso; ciò presumibilmente per evitare manovre elusive.



5.2 L’assegnatario di bene soggetto persona fisica non imprenditore

La vicenda impositiva che interessa il socio assegnatario riguarda la qualificazione del

reddito e l’emersione o meno di un reddito tassabile in quanto non tutte le ipotesi di

assegnazione di beni fanno emergere in capo al socio materia imponibile.



5.2.1 Natura del reddito

Nei casi in cui sia possibile l’emersione di in reddito imponibile occorrerà procedere alla sua

esatta qualificazione anche per regolarne l’ammontare e le relative modalità di versamento. La

vicenda dipende dal tipo di società coinvolta.



Con riferimento alle società di capitali argomentando dall’art 44 tuir sarà dunque possibile

qualificare il reddito in capo al socio assegnatario come un reddito di capitale il cui pagamento

verrà assolto secondo il principio di cassa ovvero al momento in cui sarà percepito.



Riguardo invece alle società di persone gli utili percepiti in natura dai soci assegnatari non

rientrano tra i redditi di capitale ma tra i redditi di impresa. (61)



In tal caso infatti a norma dell’art 5 tuir gli utili benché liquidati in natura sono assoggettati a

tassazione in base al principio di trasparenza e assolti in base al principio di competenza e quindi a

prescindere dal momento della loro percezione.



5.2.2 Irrilevanza della distinzione tra principio di cassa e di competenza con riferimento

alla liquidazione degli utili in natura

L’attribuzione di uno o più beni in luogo di una somma di danaro è possibile solo laddove le

parti (socio e società) riconoscano a detti beni un valore normale pari alla quota di liquidazione (62)



(63) (64). Se dunque si procede alla liquidazione con una assegnazione è come se si fosse proceduto

all’integrale pagamento della somma di danaro corrispondente, la qual cosa conduce a poter

sostenere che nel caso di assegnazione di beni non risulterà strategico porsi il problema del






momento dell’assoggettamento a tassazione, che come visto sarà sempre riferito all’esercizio in

corso al momento della assegnazione.



5.2.3 Reddito in capo al socio assegnatario

In capo al socio assegnatario a seconda della fattispecie cui sia collegata l’assegnazione

possono verificarsi situazione diverse in merito alla emersione o meno di materia imponibile.



Talune infatti hanno solo valore patrimoniale e non producendo ricchezza non risultano

rilevanti sul piano impositivo.



Distinguiamo dunque:



a) Assegnazione a seguito di distribuzione di utili in natura.



La società può procedere alla distribuzione di utili in natura attingendo sia dagli utili di

esercizio che dalle riserve di utili. In entrambi i casi si realizzerà un reddito tassabile in capo al

socio persona fisica non imprenditore.



Il legislatore nell’art 47 comma 3 ha previsto che il valore imponibile è determinato in

relazione al valore normale degli stessi beni assegnati determinato alla data individuata dalla lett.

a) del comma 2 dell’art 109. Si fa riferimento quindi alla data di stipula dell’atto di trasferimento o

se diversa e successiva alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di

altro diritto reale. (65)



b) Assegnazione a seguito di ripartizione di riserve o fondi assimilati al capitale

sociale



La vicenda riguarda la fattispecie descritta nel comma 5 dell’art 47 tuir ovvero quando

l’assegnazione di beni in natura avvenga mediante la corrispondente utilizzazione di riserve o

fondi assimilati al capitale sociale che per tale motivo hanno natura patrimoniale e non

reddituale.



Nello specifico il riferimento normativo è alle seguenti riserve:



-sovrapprezzi di emissione di azioni o quote



-interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote



-versamenti eseguiti dai soci a fondo perduto o in conto capitale



-saldi di rivalutazione monetaria ma solo se esenti da imposta



In tali fattispecie è possibile individuare la natura di entrata patrimoniale per la società che

riceve dette somme assimilata al capitale. Per questo motivo tali ammontari non concorrono a

formare il reddito della società e l’eventuale successiva distribuzione non costituisce per i soci

reddito tassabile bensì semplice restituzione del “ capitale”.








L’unico effetto fiscale che produce l’utilizzo di riserve assimilate al capitale consiste nella

riduzione del costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute, e di cui si rimanga

titolari, comportando una diminuzione del patrimonio netto della società.



Precisato che tale assunto poggia sul fatto che il socio rimanga tale (66) la riduzione in

argomento potrà operare solo nel caso in cui la riserva di patrimonio netto non formata con utili

sia di importo inferiore al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione del socio

assegnatario. Non è questa la sede per affrontare l’ipotesi opposta (della partecipazione di

importo superiore al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione del socio assegnatario)

nota come “sottozero”, ma l’occasione consente di precisare che la vicenda è di discutibile

soluzione specie per il socio persona fisica non imprenditore. (67)



Un’applicazione pratica di quanto sostenuto si potrà avere ad esempio nel caso di delibera



che assegni un bene a un socio a seguito della restituzione di versamenti in conto capitale. (68)



c) Assegnazione a seguito di recesso e altre ipotesi ex art 47-7 comma tuir (69)



La posizione fiscale è completamente diversa a seconda del tipo di società da cui si recede.



(70) (71) (72)

Il recesso di cui si parla è il recesso tipico che si attua tramite il rimborso e l’annullamento



della partecipazione del socio receduto (73) . La individuazione della tassazione comporta prima



l’approfondimento del tema di come si determina il reddito da recesso. La materia è disciplinata

dall’art 47-7 comma tuir che benché riferita alle sole persone fisiche non imprenditori, risulta

applicabile anche alle società di persone e alle società di capitali per effetto dei rinvii a essa

operati rispettivamente dagli artt. 59 e 89 del tuir stesso.



A prescindere quindi dal tipo di società da cui si receda, le somme o il valore normale dei

beni ricevuti dai soci in caso di recesso costituisce utile da tassare in capo al socio solo per la parte

eccedente il prezzo pagato per l’acquisto o per la sottoscrizione delle quote annullate. (74)



L’art 47 comma 5 esprime un principio di carattere generale: la restituzione al socio da parte

della società di quanto lo stesso aveva conferito non costituisce materia imponibile.



In capo al socio recedente viene dunque tassata solo la differenza da recesso. (75)

L’assegnazione di un bene in natura in capo al socio risulterà pertanto imponibile solo con

riferimento alla componente di quota liquidata corrispondente al riconoscimento dell’eventuale

maggior valore economico del complesso aziendale rispetto ai valori contabili del patrimonio

costituisce la cosiddetta “differenza da recesso” che costituisce per il socio recedente un

incremento patrimoniale e quindi un reddito da tassare.



Sulle modalità di tassazione si rinvia agli approfondimenti già effettuati. (76)








5.2.4 Differenze tra distribuzione di utili in natura e distribuzione di utili da recesso

Siamo dunque in condizione di effettuare alcune valutazioni di sintesi.



La differenza tra delibera di distribuzione di utili in natura e operazione sugli utili in sede di

assegnazione da recesso è data dalla diversa determinazione del reddito da tassare. Intero nel

primo caso e limitato alla differenza da recesso nel secondo caso. (77)



È opportuno ricorrere a un esempio:



La società Beta delibera di attribuire al socio Tizio un utile pari a euro 10.000 e gli assegna un

bene di pari valore.



Tale ammontare (10000) sarà integralmente soggetto a tassazione.



Al contrario se invece Tizio eserciti il recesso e la sua quota di liquidazione venga valutata in

euro 10000 di cui euro 5000 corrispondenti alla differenza da recesso, l’imposta dovrà essere

corrisposta solo con riferimento a tale ammontare (5000).



6. La soluzione di due casi pratici

Per riepilogare i concetti esposti l’argomento viene trattato formulando la risposta a due

quesiti apparentemente simili ma molto diversi nelle soluzioni fiscali.



Emergerà come due atti dello stesso tipo (sono due assegnazioni di beni) e aventi a oggetto

lo stesso bene strumentale (il negozio di via Magenta) sottostiano a un’imposizione molto diversa

in ragione dei soggetti interessati e delle modalità di acquisto dei beni assegnati.



I casi proposti:



1° caso



La società Delta s.n.c. assegna nel 2008 al socio recedente Sempronio il locale negozio

ubicato in Milano Corso Magenta acquistato nel 2005 dalla società costruttrice Alfa spa. Quale è la

tassazione in capo a Sempronio e in capo alla Delta s.n.c.?



2° caso



La società Beta s.r.l. nel 2012 assegna al socio Tizio lo stesso locale negozio in Milano via

Magenta acquistato da Sempronio nell’anno 2009. Quale è la tassazione in capo a Tizio e quale in

capo alla società Beta s.r.l.? (78)



soluzione dei casi in materia di imposte indirette:

primo quesito

L’assegnazione a Sempronio sarà soggetta a Iva su opzione o esente da iva. Trattandosi di



un bene strumentale le ipocatastali saranno applicate in maniera rinforzata (3+ 1)








secondo quesito:



Seguendo la tesi del fisco (su cui sono state espresse perplessità) l’assegnazione del

medesimo bene sarebbe soggetta a imposta di registro con le ipocatastali da corrispondersi in

misura ordinaria. (2+1)



in materia di imposte dirette:



per le società occorre conoscere il valore normale dei beni nonché il costo fiscale non

ammortizzato degli stessi e quindi determinare la plusvalenza.



per il socio assegnatario



Sia nel primo che nel secondo quesito occorrerà procedere alla determinazione della

differenza da recesso; solo se emerga l’operazione risulterà imponibile in capo al socio.



Va tuttavia formulata una riflessione relativamente al secondo caso. Tizio ricevendo da

subito il bene (la cui liquidazione equivale all’intera liquidazione in danaro) non beneficerà del

vantaggio che avrebbe potuto ricevere se avesse ricevuto in più volte la somma in danaro

spalmandola in più esercizi. (79) (80)



7. Conclusioni

L’analisi fin qui compiuta se da un lato offre un panorama per un primo orientamento in

materia di assegnazione di beni ai soci dall’altro evidenzia la particolare onerosità fiscale della

fattispecie.



La riflessione più evidente muove dal confronto con la cessione onerosa dei medesimi beni e

risiede nell’allargamento della platea dei soggetti obbligati (81) e alle limitazioni che si è cercato di

porre in evidenza.



Se tutto questo ha giustificato nel passato il ricorso a leggi speciali volte a favorire

l’estromissione agevolata dei beni mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva (82) oggi in

mancanza di analoga disciplina l’argomento è stato trattato con lo scopo di stimolare l’attenzione

degli operatori sul peso fiscale a volte molto gravoso della assegnazione dei beni sociali.



Francesco Raponi



(*) Il paragrafo 6 è stato aggiornato a seguito dell’entrata in vigore dell’art 9 d.l. n 83/2012

1) Studio CNN n.74/2011 “ Profili fiscali del recesso e dell’assegnazione di beni ai soci“ Est. F Raponi

2) Per approfondimenti si rinvia alla circolare A.E. n. 24 del 15.06.2012

3) Art 47 Tuir








4) THOMAS TASSANI “Autonomia Statutaria delle società di capitali e imposizione sui redditi” pag. 221 Giuffrè

2007; LUIGI MAZZUOCOLO “Assegnazione di beni ai soci: Trattamento delle minusvalenze” in A6F n 12 del 1999

pag. 9 e segg.)

5) Tassani cit. pag. 221 nota 165

6) MICCINESI “I componenti positivi del reddito d’impresa. Ricavi, plusvalenze, sopravvenienze, dividendi ed

interessi” in L’imposta sul reddito delle persone fisiche Giur. sist. dir. trib. diretta da Tesauro, 1996 pag. 646.

Contra Tassani cit. pag. 221

7) Su tali argomenti si segnalano le acute riflessioni di Tassani op.cit. pag. 218.

8) Più avanti si parlerà di cessione virtuale.

9) L’assegnazione costituisce una modalità estintiva della obbligazione della società che deve liquidare il socio; nel

contempo va vista come un credito della società verso il socio. Nello specifico in capo alla società assegnante si

va a maturare un credito derivante dall’assegnazione verso il socio che riceve il bene; tale credito può essere

estinto/compensato in più modi:

-Distribuendo utili di esercizio -Ripartendo riserve di utili -Ripartendo riserve di capitale -Riducendo il capitale

sociale. È stato sottolineato che l’assegnazione dei beni ai soci deve effettuarsi solo attraverso uno degli istituti

giuridicamente riconosciuti (ABRITTA, CACCIAPIGLIA, CARBONE, DE FUSCO, SIRIANNI “Testo Unico delle

Imposte sui redditi” Ipsoa 2009 pag. 1678) sopra elencati.



10)

In tal senso TASSANI cit. pag. 217



11)

GIUSEPPE TINELLI “Commentario al testo Unico delle Imposte sui redditi” Cedam 2009 pag. 372 che cita come

fonte l’art 47 comma 1 tuir). (ipotesi peraltro espressamente trattate nel comma 3 dell'art 47 tuir



12)

Anche anticipata, ove sia ritenuta ammissibile considerando le norme a tutela dei creditori – artt 2491 c.c. 2

comma – acconti sulla liquidazione) (si veda l’art 2280 c.c. che vieta l’assegnazione anticipata nelle società di

persone)



13)

G. MANDÒ – D. MANDÒ “Manuale dell’Imposta sul valore aggiunto” Ipsoa 2009 pag. 1125 M 50 indica

l’ulteriore ipotesi della liquidazione della quota agli eredi del socio defunto; discutibile peraltro perché basata

sulla pregressa qualità di socio del defunto (così anche Cass. 28.07.1994 n 7063)



14)

La Commissione Studi di Impresa del CNN suggerisce ad esempio di far sempre riferimento ad una perizia

contabile per l’esatta determinazione del valore del bene da assegnare e ciò per assicurare l’integrale tutela dei

diritti dei creditori.

Sul piano civilistico va osservato solo che le varie ipotesi di assegnazione di beni trovano un limite e una

differenziazione di tipo quantitativo, a differenza della stessa vicenda valutata sul piano fiscale ove le stesse

ipotesi di assegnazione subiscono la medesima imposizione. Infatti nel caso di riduzione reale del capitale

(anche targata) il valore del bene assegnato non deve essere superiore al conferimento (art 2445 cc e art

2482cc) e dunque al valore nominale della sua partecipazione (anche per non incappare nel reato di cui all’art

2626 c.c. che vieta la restituzione dei conferimenti ai soci) e ciò in maniera inderogabile. (va segnalato tuttavia

un orientamento che consente l’attribuzione a un valore di mercato superiore al valore di bilancio con

emersione di una plusvalenza). Invece nel caso di liquidazione con assegnazione di beni derivante da recesso la

valorizzazione della quota porta ad un risultato in forza del quale l'ammontare della quota rimborsata (non solo

se in natura) può superare il valore nominale di conferimento anzi normalmente lo supera come si argomenta

ex art 2473 cc. Del resto nel recesso anche lo strumento di tutela della opposizione dei creditori è solo

eventuale. (non è invece derogabile nella riduzione reale) (quesito 130/2008)



15)

Quali sono le riserve di capitale?

(per riserve di capitale devono intendersi (art 47 – comma 5) la riserva sovrapprezzo di emissione delle azioni o

quote – riserva da interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote – riserva da

versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale – riserva da saldi di rivalutazione monetaria)

(circolare 36 del 2004)



16)

A seconda della posta del netto effettivamente attribuita si potrà avere l’erogazione di un dividendo in natura

(quando sono assegnate, tramite il bene, riserve di utili), la restituzione di versamenti (quando sono assegnate,

tramite il bene, riserve di capitale) o la riduzione del capitale.



17)

In tal senso Cassazione n 12347/1999 si veda anche Orlandi “L’assegnazione di bene strumentale



ammortizzabile a socio qualificato” in azienda e fisco n 9 2005 pag. 48



18)

Da assumere in ogni caso con l’unanimità dei consensi



19)

Su cui si veda infra



20)

Per l’assegnazione di azienda si rinvia allo Studio CNN n. 74/2011 cit.



21)

In caso di assegnazione di beni immobili per la relativa tassazione si rinvia all’art 10 nn 8-bis e8-ter del D.P.R.



633 del 1972

22) MANDÒ cit. pag. 29








23)

MANDÒ cit. pag. 28



24)

La circolare n. 18/E del 14 aprile 2010 dell’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in ordine

all'ambito temporale di applicazione delle norme contenute nella legge comunitaria 2008, che hanno abrogato

le previsioni in tema di accertamenti immobiliari e valore normale ai fini delle imposte sui redditi e dell'IVA,

introdotte dal d.l. 223/2006 e, quindi, la presunzione legale pro fisco in esse contenuta. In particolare la legge

comunitaria 2008 (7 luglio 2009, n. 88 pubblicata in GU n. 161 del 14 luglio 2009 -Suppl. Ordinario n.110), con

l'art.24 commi 4 lett. f) e 5, ha riformulato l'art. 54-terzo comma del D.P.R. n.633/72 (in materia IVA) e l'art. 39

primo comma lett. d) del D.P.R. n. 600/73 (in materia di imposte sui redditi d'impresa e professionali). Prima

delle modifiche le disposizioni menzionate consentivano all'Amministrazione finanziaria di dare la prova

dell'occultamento di imponibile (ai fini delle imposte sui redditi ed dell'IVA, per gli imprenditori ed i lavoratori

autonomi) in base alla sola divergenza tra corrispettivo dichiarato e valore normale del bene ceduto.

L'Amministrazione ha chiarito in proposito che, dato il mutato quadro normativo, per gli accertamenti relativi

alle cessioni di beni immobili trovano quindi applicazione le disposizioni di carattere "generale" di cui

all'articolo 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600, il quale dispone che " L'esistenza di attività non dichiarate



o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano

gravi, precise e concordanti ", nonché dell'articolo 54, secondo comma, del D.P.R. n. 633, il quale statuisce che "

Le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte... anche sulla base di

presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti ".

Confermando un indirizzo già espresso Studio CNN n. 117-2009/T, L'accertamento immobiliare in base al valore

normale dopo la legge "comunitaria" n. 88/2009, est. A. PISCHETOLA, T. TASSANI in CNN Notizie del 13

novembre 2009 l'amministrazione ha ritenuto inoltre che la disposizioni modificative di cui alla legge

comunitaria condividano la stessa " natura procedimentale " di quelle che avevano originariamente introdotto

la presunzione legale relativa pro fisco.

25)

Sul rapporto tra art 10 n 8-bis e art10n 27-quinquies si veda Studio CNN 144-2007 “ Note riepilogative sul

tema delle cessioni di fabbricati effettuate da soggetti passivi IVA” Est. N. BELLINI, N. FORTE e A. LOMONACO

(in cui si esprime la priorità applicativa del n. 27-quinquies pag. 3)



26)

Ris. N. 28 /E III-T-36896 del 17 aprile 1998 in banca dati fisconline. Si veda inoltre nello stesso senso circolare n

40 del 13.05.2002; Risoluzione 194 del 2002 su CNN Notizie del 21.6.2002 e risposta a Quesito 116-2009/T rel.

Susanna Cannizzaro. Argomentando dall’art 1-bis Tariffa allegata al D.lgs. n 347/1990 (che si riferisce solo all’art

10 n 8-ter del D.P.R. 633/1972 si deve ritenere che l’imposta ipotecaria nel caso di specie sarebbe del 2%

anziché del 3%.



27)

Sentenza del 17.05.2001 causa c-322/99 e c-323/99 in il Fisco n 36del 2001 pag. 11869, riferita però solo

all’imprenditore individuale e non alle società



28)

Ris. 28 del 1998



29)

Orientamento costante ribadito recentemente con la ris. 191 del 2009



30)

Così sembrerebbe anche Mandò cit. pag. 28 penultimo capoverso



31)

Riferite cioè a soggetti che svolgono solo operazioni esenti ris. 194 del 2002



32)

Riferite cioè a particolari categorie di beni per i quali è previsto un particolare regime di indetraibilità ai sensi

dell’art 19 –-bis 1 ris. 194 del 2002



33)

Così ris. 194 del 2002 cit. come nel caso di acquisto presso un privato non soggetto d’imposta ai fini iva.(oppure

nel caso di acquisto effettuato in data anteriore all’entrata in vigore del d.p.r 633 del 1972 con cui è stata

introdotta l’iva).



34)

E’ da sottolineare che comunque ciò non accadrebbe sempre. Limita tale possibilità la ris. 194 del 17.06.2002;

la esclude addirittura la circ. n 40 del 2002.



35)

Con riferimento al regime vigente nel periodo anteriore al decreto Bersani si confronti Odetto “Effetti del

recesso del socio: l’assegnazione di beni in natura nell’imposizione diretta e indiretta” in Pratica fiscale e

professionale n 47 / 2005 pag. 32



36)

MARONGIU “Commentario breve alle Leggi tributarie Tomo IV Iva e imposte sui trasferimenti” Cedam 2011 pag.



37)

Rispetto al quale solo è possibile sarà possibile configurare ipotesi di mera variazione di destinazione in assenza

di mutamento della titolarità giuridica del bene; non anche per le società invece non essendo identificabile una

sfera extra imprenditoriale. In tal senso Tassani cit. pag. 217 e 218



38)

Infatti sia la norma comunitaria art 5 comma 6 della VI Direttiva CEE n. 77/388 del 17.5.1977 che le ricordate

sentenze della corte di giustizia fanno riferimento al solo imprenditore individuale



39)

L’assegnazione è un’ipotesi di assegnazione onerosa ma non un’ipotesi di autoconsumo.



40)

Lo si argomenta anche dall’art 40 del TUR e dall’art 10 nn. 8-bis e8-ter del D.P.R. 633 del 1972



41)

V cass. 27439 del 18.11.2008)








42)

Le conclusioni cui si giunge nel testo valgono anche per le imprese individuali e per le società di persone per

effetto dei rinvii di cui all’art 56 tuir e art 65 tuir. Vanno qui tuttavia richiamate le riflessioni di Tassani cit. 221

in ordine ai diversi profili relativi alla natura societaria dell’ente assegnante rispetto all’imprenditore

individuale che anche in assenza di un atto può procedere all’autoconsumo recitus auto-assegnazione.



43)

Oltre che immobili anche partecipazioni. E’ applicabile la pex anche alle assegnazioni di partecipazioni?

La circolare n 36 del 4.8.2004 risponde positivamente. E’ quindi possibile assegnare ai soci con una tassazione

ridotta (5%) le partecipazioni che hanno i requisiti di cui all’art 87 comma 1 Tuir.



44)

Per la determinazione del reddito in capo alla persona fisica o alla società che riceve il bene in assegnazione o a

seguito del recesso con liquidazione della quota in natura il discorso è quindi identico a quello già fatto in

occasione del recesso tipico: è come nella liquidazione della quota in danaro.



45)

Costituiscono reddito non solo i proventi conseguiti in danaro ma anche i proventi conseguiti in natura (beni o

servizi). L'art 9 del tuir comma 3 definisce il valore normale come il prezzo o il corrispettivo mediamente

praticato per i beni e i servizi della stessa specie.

Il criterio del valore normale viene in risalto non solo allorché si tratta di esprimere monetariamente il valore di

beni o servizi ma anche quando manca una contropartita in danaro (conferimento in società o assegnazione di

beni)



46)

(Zanetti cit).



47)

(art 85 – comma 2) beni alla cui produzione e scambio è diretta l’attività di impresa)



48)

Fiscalmente rilevanti anche per le imprese in liquidazione (Abritta cit. pag. 1678)



49)

G. Falsitta “Manuale di Diritto Tributario” Parte speciale Cedam 2008 pag. 322)



50)

Quando il valore normale è inesistente (beni da rottamare) non si avrà realizzo di una plusvalenza (Abritta cit.

pag. 1679)



51)

(art 65 comma 1 e art 86 comma 1 lett. c del tuir) beni strumentali per l’esercizio dell’impresa diversi dai beni



merce



52)

(Falsitta pag. 322)



53)

Va considerata anche la possibilità che gli amministratori della società possano optare per un cambio di regime

fiscale a esempio mediante la “trasformazione” di un bene strumentale in bene merce



54)

E’ opportuno ricordare il ruolo del valore normale come parametro per l’attività di accertamento da parte del

Fisco; ora relegato a presunzione semplice. V. nota 22



55)

Costituiscono reddito non solo i proventi conseguiti in danaro ma anche i proventi conseguiti in natura (beni o

servizi). L'art 9 del tuir comma 3 definisce il valore normale come il prezzo o il corrispettivo mediamente

praticato per i beni e i servizi della stessa specie.

Il criterio del valore normale viene in risalto non solo allorché si tratta di esprimere monetariamente il valore di

beni o servizi ma anche quando manca una contropartita in danaro (conferimento in società o assegnazione di

beni)



56)

(v. Falsitta cit. per assegnazione senza corrispettivo). Tale conclusione è confermata da una recente risoluzione

dell’agenzia delle entrate (risoluzione 191 del 23 luglio 2009) che ha trattato la vicenda proprio con riferimento

ad un caso di riduzione reale del capitale sociale cui faccia seguito l’attribuzione al socio unico di un cespite

patrimoniale.

Nello specifico si è osservato che l’assegnazione dei beni ai soci non costituisce mai un’operazione fiscalmente

neutrale. La risoluzione aggiunge che non essendo presente un corrispettivo in danaro o in natura che

compensi l’uscita del bene dal patrimonio della società la “plusvalenza è costituita dalla differenza tra il valore

normale e il costo non ammortizzato dei beni”: ai fini della determinazione del plusvalore occorre contrapporre

all’ultimo costo fiscalmente riconosciuto dei beni assegnati al socio il valore normale dei beni stessi (valore di



mercato in base all’art 9 del tuir).



57)

Pellecchia “Corriere tributario n 42 del 2009 pag. 3456 e segg.



58)

Circ. n.28 del 2006 e circ. n.34 del 2006



59)

Sanna cit. pag. 2-5164



60)

Abritta cit. pag. 1091



61)

Abritta cit. pag. 780



62)

(Enrico Zanetti “Riflessi fiscali e contabili in capo alla società del recesso del socio” in “Pratica Contabile “ n. 5



del 2003 pag. 5)



63)

i rapporti in discussione sono due: uno all’interno della società e l’altro tra società assegnante e socio

assegnatario.



64)

Sul piano dei rapporti societari interni è indubbio che è nei poteri dell’assemblea decidere se l’assegnazione dei

beni in natura debba avvenire a valore di bilancio o a volere di mercato o a un valore intermedio.








65) M. Leo “ Le imposte sui redditi nel testo Unico” Tomo I Giuffrè 2010 pag. 802 ove è anche sottolineato l’obbligo

per il socio di fornire la provvista per il pagamento della ritenuta che dovrà versare la società emittente.

66) Non potrà dunque operare con riferimento al recesso totale

67) Si veda l’ampia analisi in Abritta cit. pag. 806. Riguardo al socio persona fisica imprenditore si ritiene possibile

l’applicazione del disposto di cui all’art 86 – comma 5-bis tuir

68) Fatta salvo comunque la verifica del valore normale del bene assegnato che effettuerà l’agenzia.

69) Per ulteriori e più dettagliati approfondimenti si veda Studio CNN 74/2011 cit.



70)

Sia a livello normativo che a livello di prassi dell’agenzia delle entrate occorre rilevare infatti una completa

divaricazione del trattamento fiscale del recesso della persona fisica non imprenditore che receda da una

società di persone e da una società di capitali.

Infatti nelle società di persone le somme corrisposte sono tassate quali redditi di impresa in capo al percettore

e come vedremo sono deducibili dalla società;

nelle società di capitali invece le somme corrisposte sono tassate quali redditi di capitale in capo al socio

percettore e sono indeducibili dalla società.



71) circolare n 36 del 2004 par 5.3

72) (circolare n 26 del 2004 e circ. n 36 del 2004 pag. 31)

73) il recesso “atipico” si ha invece nel caso in cui si attua mediante la cessione a titolo oneroso della



partecipazione.

74) Il prezzo costituisce almeno come base il costo fiscale della partecipazione; ma andrebbe aumentato o ridotto

ai fini del calcolo a norma di quanto disposto dall’art 47 tuir stesso.

75) Occorre approfondire allora il concetto di differenza da recesso.

L’ammontare corrisposto al socio in occasione del recesso è formato da due componenti.

La prima risulta costituita dal rimborso della quota di capitale sociale versata dal socio e dalla distribuzione di

riserve di utili e di capitale esistente; argomentando anche dall’art 47 tuir 7 comma non costituisce utile e

quindi non genera materia imponibile per il socio che recede.

L’art 47 comma 5 esprime un principio di carattere generale: la restituzione al socio da parte della società di

quanto lo stesso aveva conferito non costituisce materia imponibile.

La seconda componente corrispondente al riconoscimento dell’eventuale maggior valore economico del

complesso aziendale rispetto ai valori contabili del patrimonio costituisce la cosiddetta “differenza da recesso”.

Di fatto risultano tassabili i plusvalori latenti, l’avviamento e gli utili in corso di formazione.

Questa seconda componente, la cosiddetta differenza da recesso, costituisce per il socio recedente un



incremento patrimoniale e quindi un reddito da tassare.

76) Studio CNN n.74/2011 “ Profili fiscali del recesso e dell’assegnazione di beni ai soci“ Est. F Raponi

77) Orlandi “L’assegnazione di bene strumentale ammortizzabile a socio qualificato” in azienda e fisco n 9 2005



pag. 48

78) Per la tassazione in capo a Sempronio si veda Studio CNN n. 21/2012 “Plusvalenze immobiliari: aspetti notarili “

Est. F. Raponi

79) In maniera simmetrica con quanto disciplinato in materia di cessione di quote sociali la misura della

imposizione varia a seconda dell’ammontare della partecipazione.

Se oggetto di rimborso è una partecipazione qualificata il reddito “positivo” che ne deriva è parzialmente

imponibile e concorre alla determinazione del reddito complessivo del soggetto nella misura del 49,72%.

Se invece viene rimborsata una partecipazione non qualificata il reddito è interamente tassato a titolo

definitivo di imposta con l’aliquota del 20% la cui corresponsione avviene direttamente all’atto della

erogazione al socio receduto tramite “ritenuta alla fonte”.

La ritenuta alla fonte nel caso di assegnazione di beni comporterà necessariamente un esborso da parte della

società con provvista fornita dal socio assegnatario che potrà avere il suo peso nella pianificazione finanziaria



dell’operazione.

80) Per la tassazione del reddito in capo al soggetto IRES (società di capitali) si rinvia allo studio n. 74/2011

81) Nella assegnazione il socio assegnatario è soggetto obbligato anche per le dirette e non solo per le imposte



indirette come invece accade nella cessione a titolo oneroso.

82) Circ. n. 112 del 2 maggio 1999 per una sintesi dettagliata.

03/01/13

DM 11 OTTOBRE 2012 NUOVO REGIME IVA PER CASSA


 
 
NUOVO REGIME IVA PER CASSA
 
E' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 5 dicembre il decreto 11 ottobre 2012 del Ministero dell'Economia e delle Finanze, contenente le disposizioni per l'attuazione del regime dell'Iva per cassa, introdotto dal D.l. n. 83/2012.
 
(D.M. 11 ottobre 2012; G.U. 5 d Ministero dell'Economia e delle Finanze, decreto 11 ottobre 2012; G.U. 5 dicembre 2012, n. 284) Liquidazione dell'IVA secondo la contabilità di cassa ai sensi dell'art. 32-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.
 
Il Ministro dell'Economia e delle Finanze
 
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto;
Visto il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, recante, al capo II del titolo II, disciplina temporanea delle operazioni intracomunitarie e dell'imposta sul valore aggiunto;
Vista la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto;
Visto, in particolare, l'art. 167-bis della citata direttiva 2006/112/CE, introdotto dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, che consente, a partire dal 1° gennaio 2013, il differimento della nascita del diritto alla detrazione per i soggetti passivi per i quali l'IVA diviene esigibile al momento dell'incasso del prezzo;
Vista la dichiarazione a verbale del Consiglio e della Commissione, iscritta in sede di approvazione della citata direttiva 2010/45/UE, che consente agli Stati membri, nel caso in cui il cedente di beni o il prestatore di servizi sia soggetto all'IVA sulla base del criterio di cassa, di derogare al principio generale di cui all'art. 167 della direttiva 2006/112/CE in materia di maturazione del diritto alla detrazione;
Visto l'art. 32-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che reca disposizioni in materia di liquidazione dell'imposta sul valore aggiunto secondo la contabilità di cassa;
Visti, in particolare, i commi 4 e 5 del citato art. 32-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, che rinviano ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la fissazione delle disposizioni attuative e la data di entrata in vigore dello stesso articolo;
Decreta:
Art. 1
Presupposti per l'applicazione della liquidazione IVA per cassa
1. I soggetti che nell'anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a due milioni di euro, possono optare per la liquidazione dell'IVA secondo la contabilità di cassa, di seguito denominata «IVA per cassa», come disciplinata dall'art. 32-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e dalle disposizioni contenute nel presente decreto.
2. Per i soggetti che esercitano l'opzione di cui al comma 1, l'imposta sul valore aggiunto relativa alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti di cessionari o committenti che agiscono nell'esercizio di impresa, arte o professione, diviene esigibile all'atto del pagamento dei relativi corrispettivi. L'imposta diviene, comunque, esigibile decorso un anno dal momento di effettuazione dell'operazione, salvo che il cessionario o committente, prima del decorso di detto termine, sia stato assoggettato a procedure concorsuali.
3. Per i soggetti che esercitano l'opzione di cui al comma 1, il diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto relativa agli acquisti effettuati sorge al momento del pagamento dei relativi corrispettivi.
4. Per i cessionari o committenti delle operazioni di cui al comma 2, che non abbiano esercitato l'opzione di cui al comma 1, il diritto alla detrazione sorge in ogni caso al momento di effettuazione dell'operazione.
Art. 2
Operazioni attive escluse dalla liquidazione dell'IVA secondo la contabilità di cassa
1. Sono escluse dalla disciplina contenuta nel presente decreto:
a) le operazioni effettuate nell'ambito di regimi speciali di determinazione dell'imposta sul valore aggiunto;
b) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di soggetti che non agiscono nell'esercizio d'imprese, arti o professioni;
c) le operazioni effettuate nei confronti dei soggetti che assolvono l'imposta mediante il meccanismo dell'inversione contabile;
d) le operazioni di cui all'art. 6, quinto comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Art. 3
Operazioni passive escluse dal differimento del diritto alla detrazione
1. Sono escluse dal differimento del diritto alla detrazione:
a) gli acquisti di beni o servizi soggetti all'imposta sul valore aggiunto con il metodo dell'inversione contabile;
b) gli acquisti intracomunitari di beni;
c) le importazioni di beni;
d) le estrazioni di beni dai depositi IVA.
Art. 4
Adempimenti relativi alle operazioni attive del cedente o prestatore
1. Per le operazioni di cui all'art. 1 il cedente o prestatore adempie gli obblighi di cui al titolo secondo del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
2. Le operazioni di cui all'art. 1 concorrono a formare il relativo volume d'affari del cedente o prestatore e partecipano alla determinazione della percentuale di detrazione di cui all'art. 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con riferimento all'anno in cui le operazioni sono effettuate.
3. Le operazioni di cui all'art. 1 sono computate nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale e' incassato il corrispettivo, ovvero scade il termine di un anno dal momento di effettuazione dell'operazione.
4. Nel caso in cui sia effettuato un incasso parziale del corrispettivo, l'imposta diventa esigibile ed e' computata nella liquidazione periodica nella proporzione esistente fra la somma incassata ed il corrispettivo complessivo dell'operazione.
5. Le fatture emesse in sede di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto recano l'annotazione che si tratta di operazione con «IVA per cassa», con l'indicazione dell'art. 32-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83.
Art. 5
Adempimenti relativi alle operazioni passive del cedente o prestatore
1. Il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai beni acquistati o servizi ricevuti e' esercitato, ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, a partire dal momento in cui i relativi corrispettivi sono pagati, o comunque decorso un anno dal momento in cui l'imposta diviene esigibile secondo le regole ordinarie ed alle condizioni esistenti in tale momento.
2. Nel caso in cui sia effettuato un pagamento parziale del corrispettivo, il diritto alla detrazione dell'imposta sorge in capo al cedente o prestatore nella proporzione esistente fra la somma pagata ed il corrispettivo complessivo dell'operazione.
Art. 6
Esercizio dell'opzione
1. L'opzione di cui all'art. 1 e la revoca della stessa sono esercitate secondo le modalità individuate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
2. L'opzione ha effetto a partire dal 1° gennaio dell'anno in cui e' esercitata ovvero, in caso di inizio dell'attività nel corso dell'anno, dalla data di inizio dell'attività.
3. Le operazioni già liquidate alla data del 31 dicembre dell'anno precedente quello di esercizio dell'opzione sono escluse dalla disciplina dell'IVA per cassa.
Art. 7
Termine dell'opzione
1. Qualora nel corso dell'anno sia superato il limite di due milioni di euro di volume d'affari, le disposizioni di cui all'art. 1 non si applicano alle operazioni attive e passive effettuate a partire dal mese successivo a quello in cui il limite e' stato superato.
2. Nel caso di cui al comma 1, ovvero in caso di revoca dell'opzione, nella liquidazione relativa all'ultimo mese in cui e' stata applicata l'IVA per cassa e' computato a debito l'ammontare dell'imposta, che non risulti ancora versata, relativa alle operazioni effettuate ed i cui corrispettivi non sono stati ancora incassati. A partire dalla stessa liquidazione può essere esercitato, ai sensi dell'art. 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il diritto alla detrazione dell'imposta, che non risulti ancora detratta, relativa agli acquisti effettuati ed i cui corrispettivi non sono stati ancora pagati.
Art. 8
Efficacia
Le disposizioni del presente decreto si applicano alle operazioni effettuate a decorrere dal 1° dicembre 2012. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
 
 

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