31/03/16

DOMANDE E RISPOSTE BREVI

Domanda:
Salve buongiorno posso chiederLe una informazione?
Le spese viaggio di una consulente che fa sviluppo modelli in una società e che percepisce delle Design fees capitalizzabili sarebbero da spesare ed in quale voce?
Tra le spese viaggi no perchè è esterna. Tra i compensi non in quanto capitalizzati. Potrebbe aiutarmi a capire dove registrarle? Non credo si possano capitalizzare perchè non credo appartengano agli altri oneri legati alle spese di sviluppo. La ringrazio in anticipo.

Risposta:
La domanda rivoltami è inerente se ho ben capito ad una consulente esterna con propria partita iva. Se questo è esatto partiamo già da un dato certo. Quindi se così fosse le sue spese di viaggio dovrebbero essere inserite in un conto "Consulenze a Sua volta incluso in un conto che è dentro i "Costi per Servizi". Mentre per le design fees che dovrebbero essere dell Royalties per artisti esse vanno a percentuale sul fatturato annuo di ogni singolo prodotto ed è una forma di ricavo si possono classificare "Proventi vari" appunto quelli derivanti da Royalties. Nella speranza di averLe chiarito la problematica richiesta la saluto distintamente.                        Dott. Marco Ruggeri

Domanda:
Grazie delle info Se i compensi sono capitalizzati poiché inclusi tra le spese di sviluppo modelli Le corrispondenti spese viaggio sono da capitalizzare anche esse..? Grazie mille

Risposta:
Gent.ma Sig.ra Monica ....omissis, i costi non essendo una società la Sua non possono essere capitalizzati. Infatti solo per le società funziona così (vedi OIC 24 al punto n. 6 per gli oneri pluriennali), ma ripeto riguardano le società e non le ditte individuali che funzionano a costi e ricavi. Saluti

19/03/16

FATTI CHE PORTANO AL DISSESTO DELLE SOCIETA' COLPOSI/DOLOSI

Il diritto fallimentare è una delle materie più complesse esistenti in Italia.
 
Cerco di spiegare l'art. 217, n. 1, che così recita:
"E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica".
CONSIDERAZIONI
Esso non è applicabile agli amministratori delle S.p.A. poichè le spese in eccesso non confluiscono sul patrimonio della società, ma si applica sull'amministratore delle snc e delle sas.
Il fatto non sussiste nella S.p.A. che hanno un bilancio in cui si rappresenta un patrimonio ed una situazione economica di una società che ha quindi una personalità giuridica e non solo le spese si riversano sulla società che approva i bilanci attraverso un voto in assemblea da parte dei soci  ed essi sono responsabili solo per il capitale sociale sottoscritto, versato e deliberato.
Le spese nella S.p.A. non incidendo sul patrimonio significa che incidono sul conto economico annuale che modifica i numeri esposti nel patrimonio, ma non direttamente nella sfera patrimoniale dell'anno.
 
Art. 217 Legge Fallimentare, n. 2 che così recita:
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
 
CONSIDERAZIONI
E' applicabile a tutte le società riguardante il patrimonio della società e si deve sottolineare che il responsabile delle azioni deve essere un amministratore.
Il meccanismo di imprudenza però deve essere allargato da un discorso di mera spesa che incide sul patrimonio, ma se la spesa invece serve per gestire correttamente la società, all'amministratore, al liquidatore ed al sindaco revisore non può essere imputato niente di tutto ciò. Se ritardano nel fallimento e dilazionano i tempi per portare i libri in Tribunale, quello è dolo e si commette una grave imprudenza nel ritardo della dichiarazione di fallimento (questo lo troviamo al n. 3 dell'art. 217 L.F.) ed è contestabile agli amministratori, ai direttori generali, ed ai liquidatori.
 
Art. 217 Legge Fallimentare, n. 4 che così recita:
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
 
CONSIDERAZIONI
Qui si inserisce proprio la responsabilità che viene riportata al n. 3 dello stesso art. 217 L.F.. Infatti vi è "grave colpa" nel dissesto che è appunto la conseguenza del mancato fallimento.
Secondo la dottrina prevalente il dissesto viene addeitato agli amministratori ed ai liquidatori (ad esempio se non presentatono i libri in Tribunale al fine di renderlo edotto della situazione debitoria della società).
Se al contrario la società ha delle entrate ad esempio provenienti dall'affitto d'azienda la problematica non si pone a livello giudiziario per gli ammnistratori e per i liquidatori poiché vi è un entrata certa su cui si basa la società e con quella somma in entrata va portata avanti la gestione rientrando nei limiti.
Diverso è per i Direttori Generali che possono aver avuto il ruolo di amministrare la società in prima persona e solo in quel caso ne rispondono.
Il reato al n. 4 dell'art. 217 L.F. e quello previsto al n. 2 dell'art. 224 della stessa legge che scosì recita [4) ha aggravato il proprio dissesto (4), astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa], colpa grave (n. 4 dell'art. 217), mentre è inadempimento nel n. 2 dell'art. 224.
In questi casi il secondo comma dell'art. 224, la condotta deve essere caratterizzata come "di tipo colposo" e non del dissesto mediante operazioni "dolose" previste dall'art. 223 della stessa legge.
Quindi il dissesto è fondato su colpa generica ci vuole l'art. 217 con "colpa grave", mentre se dispeso dalla mancata osservanza  degli obblighi legali rientra nel 224 L.F.
 
"Dispositivo dell'art. 224 Legge Fallimentare:
Si applicano le pene stabilite nell'art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali:
1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo ;
2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge".
 
In base al 224 L.F. sono ritenuti responsabili anche i precedenti amministratori ed i soci che siano cessati dalla carica in data anteriore alla data del fallimento, se si sono ad esempio fatti già verificati nel triennio anteriore alla dichiarazione di fallimento anche in riferimento alla mancata/irregolare tenuta dei libri contabili.
Marco Ruggeri
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N.B. : Dispositivo dell'art. 217 Legge Fallimentare

    
E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:

1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica (1);

2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti (2);

3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento (3);

4) ha aggravato il proprio dissesto (4), astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;

5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre
scritture contabili
prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Salve le altre
pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale [28 ss. c.p.], la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

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Note

(1) Il punto 1 si riferisce alle spese in generale, quali esborsi economici di qualsiasi tipo. La "famiglia" indicata dal legislatore va intesa in senso ampio, non limitata al solo nucleo coniugi-figli.
(2) Sono operazioni inerenti all'esercizio dell'impresa, dalle quali si evinca la temerarietà dell'imprenditore. Si parla di dissipazione ai sensi dell'art. 216 della l. fall., invece, quando le operazioni temerarie abbiano carattere personale.
(3) Un caso frequente è quello del ricorso a mutui con tassi usurari, nel tentativo di mascherare la situazione di insolvenza e posticipare l'inevitabile fallimento.
(4) Per dissesto, secondo la giurisprudenza, deve intendersi una situazione di squilibrio economico patrimoniale progressivo, tale da comportare un inarrestabile aggravamento della situazione dell'impresa, fino alla totale insolvenza.
Colui che ha cagionato e concorso a cagionare, ma non c'è una differenza così profonda tra i due termini riferendoci all'aggravamento della posizione di cui al 223 L.F.
 
Tale espressa definizione dell'art. 217 L.F. deve essere riferita all'A.U. delle società s.n.c. e s.a.s. (v. diritto penale, cit. 296-297).

18/03/16

RESPONSABILITA' DEI SINDACI PARAGONABILE A QUELLA DEGLI AMMINISTRATORI


La responsabilità dei Sindaci è connessa a quella degli amministratori e non si può escludere la responsabilità di tali organi siano responsabili direttamente dei fatti di bancarotta fraudolenta.
 
Pertanto gli amministratori esercitano il potere di gestione della società, e possono essere diversi come un Consiglio d'amministrazione detto C.d.A.
 
Mi sono posto l'interrogativo se può essere chiamato anche l'amministratore di fatto quelli cioè che svolgono i poteri di gestione senza essere investiti di qualifica e la risposta è si viste le Sentenze di Cassazione che sono state emesse già dagli anni '90 in poi.
 
La responsabilità rilevata negli amministratori di fatto non esclude quella per gli amministratori di diritto quando agiscono insieme si dice in concorso.
 
L'amministratore di diritto deve far valere la presunta esistenza di fatti provati e deve indicare la gestione dell'altro amministratore per essere esonerato dai fatti addebitatigli.
 
Stessa modalità è stata ritenuta valida anche per l'amministratore occulto (Conti, diritto penale , cit. 119). Vi è responsabilità anche quando la contabilità sia stata affidata ad un commercialista presumendo che sia stata diretta dagli organi sociali.
 
Nell'art. 223, II comma, vi deve essere un nesso causale tra il comportamento delittuoso e quindi negli altri reati. Tale collegamento non è contemplato negli altri rapporti delittuosi per gli altri reati citati dalla stessa disposizione. Pertanto l'aggravamento della pena non si potrebbe giustificare.
 
L'art. 223, comma II, n.2 L.F.  riguarda la fattispecie in cui gli organi della società abbiano cagionato il fallimento con dolo o per effetto di operazioni dolose.
 
 

17/03/16

Responsabilità dei Sindaci Revisori sia nel Civile e sia nel Penale

Reati per cui bisogna stare attenti quando si ricopre una carica sindacale:
1) Responsabilità per reati propri;
2) Responsabilità a titolo di concorso.
Libro V, titolo XI del codice civile ai reati societari.

RESPONSABILITA' DEI SINDACI
Il reato proprio a differenza di quello comune non può essere commesso da tutti, ma solo da determinati soggetti.
Pertanto solo chi ha una determinata qualifica può divenire soggetto all'illecito penale come ad esempio una società che fallisce e viene destinata alla bancarotta fraudolenta. La pericolosità, per il sindaco facente parte del collegio sindacale, deriva dal fatto che  si  può arrivare fino a rendersi corresponsabile di una condotta illecita dell'amministratore C.d.A. (Consiglio di Amministrazione).
Le norme penali considerate nel libro V sono molte e sono varie le fattispecie.
I reati penali coprono una vastità d'interessi tra cui si va dall'aspetto patrimoniale delle società all'interesse generale dell'economia pubblica.
Perché ci interessiamo a tale argomento? Per cercare di informare molti professionisti che vengono a contatto con altri colleghi i quali propongono magari per un loro cliente, chiedono di effettuare il Sindaco revisore o contabile (con compensi buoni)  all'amico o conoscente per una società tranquilla (si fa per dire) che poi si scopre che ha effettuato diverse azioni multi offensive e va soggetta poi a bancarotta in cui ci si può tirare dentro anche il professionista in buona fede che ha svolto l'incarico solo per fare un piacere ad un amico (diffidate ed informatevi prima).
I creditori sociali sono al centro dell'attenzione coloro i quali vengono a trovarsi a contatto della società in rapporti d'affari.
Vi sono dunque tanti soggetti che possono essere al centro dell'attenzione per i reati societari tra cui: Amministratori, direttori generali, liquidatori, promotori, soci fondatori, rappresentante comune degli obbligazionisti, commissari governativi ed infine i Sindaci.
Tra le due norme penali societarie che si occupano dei sindaci vi sono: Reati commissivi (che hanno avuto una condotta attiva) e quindi i Sindaci per le false comunicazioni sociali, ai prestiti e garanzie prestate della società ed altro.
Gli artt.li 2621, 2622, 2624 si occupano rispettivamente di divulgazioni di notizie sociali, il secondo si occupa di prestiti e garanzie delle società, mentre l'ultimo manovre si titolo svolti in modo fraudolente.
Per i Reati omissivi invece vi si deve ricondurre una condotta negativa per cui può essere svolta solo dai Sindaci e questo reato è sanzionato dal 2632 c.c..
I reati vanno dall'omessa convocazione d'assemblea 2408 c.c. 
I reati d'inadempimento imposti dalla legge per illegale distribuzione sugli utili da pare di amministratori e direttori generali art. 2621 c.c. oltre ad altre fattispecie come la riduzione del capitale sociale ed illegittimo acquisto di azioni proprie vedi l'art. 2357 c.c., IV comma.
L'omessa richiesta al Tribunale di vendita d'azioni o quote della società controllante art. 2359/bis c.c., III comma che così recita:
- [3] In nessun caso il valore nominale delle azioni o quote acquistate a norma dei commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale della società controllante, tenendosi conto a tal fine delle azioni o quote possedute dalla medesima società controllante e dalle società da essa controllate.
Inoltre si deve far presente che gli artt. 223 e 224 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 Legge fallimentare indicano i SINDACI soggetti al reato di bancarotta fraudolenta e quella di bancarotta semplice.
Scritto da:
Dott.  Marco Ruggeri ogni diritto è riservato su questo articolo.

16/03/16

REGIME DEI MINIMI MODIFICHE CON LEGGE DI STABILITA' 2016

111. All'articolo 1 della legge 23  dicembre  2014,  n.  190,  sono
apportate le seguenti modificazioni:
    a) la lettera d) del comma 54 e' abrogata;
    b) al comma 57, dopo la lettera d) e' aggiunta la seguente:
  «d-bis) i soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi
di  lavoro  dipendente  e  redditi  assimilati  a  quelli  di  lavoro
dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e  50  del  testo
unico delle imposte sui redditi, di cui  al  decreto  del  Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917,  eccedenti  l'importo  di
30.000 euro; la verifica di tale soglia e' irrilevante se il rapporto
di lavoro e' cessato»;
    c) al comma 65, alinea, le parole: «e per i  due  successivi,  il
reddito determinato ai sensi del comma 64 e'  ridotto  di  un  terzo»
sono  sostituite  dalle  seguenti:  «e  per  i  quattro   successivi,
l'aliquota di cui al comma 64 e' stabilita nella  misura  del  5  per
cento»;
    d) il comma 77 e' sostituito dal seguente:
  «77. Il reddito forfettario determinato  ai  sensi  dei  precedenti
commi costituisce base imponibile  ai  sensi  dell'articolo  1  della
legge  2  agosto  1990,  n.  233.  Su  tale  reddito  si  applica  la
contribuzione dovuta ai fini previdenziali, ridotta del 35 per cento.
Si applica, per l'accredito della contribuzione, la  disposizione  di
cui all'articolo 2, comma 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335».
  112. L'allegato n. 4 annesso alla legge 23 dicembre 2014,  n.  190,
e' sostituito dal seguente:
«ALLEGATO 4
Articolo 1, comma 54, lettera a)
(Regime fiscale per lavoratori autonomi)

NELLA LEGGE E' INSERITA LA "TABELLA LIMITI RICAVI"
CHE QUI NON SI RIPRODUCE.

113. Le disposizioni di cui  alla  lettera  c)  del  comma  111  si
applicano, per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019,  anche  ai  soggetti
che nel 2015 hanno iniziato una nuova  attivita',  avvalendosi  delle
disposizioni di cui all'articolo 1, comma 65, della citata  legge  n.
190 del 2014,  vigente  anteriormente  alle  modifiche  di  cui  alla
lettera c) del comma 111.

15/03/16

Mi è stato richiesto di spiegare cosa è la ritenuta d'acconto.

Cosa deve fare colui che richiede e paga la prestazione:
 
se un professionista riceve un’imponibile di € 100,00, il debitore, ovvero colui che ha richiesto la prestazione, deve versare € 80,00 al professionista come suo compenso maggiorato delle imposte ed eventuali oneri previdenziali oltre ad  € 20,00 all’Erario come ritenuta di acconto da versare tramite modello F24 Agenzia delle Entrate utilizzando il codice tributo 1040 entro il 16 del mese successivo al giorno di pagamento della parcella. 
 
Cosa deve fare il professionista che riceve il compenso:
 
il professionista per contabilizzare il compenso ricevuto nella dichiarazione dei redditi, ha bisogno di ricevere dal debitore la certificazione dell’ammontare complessivo delle somme pagate (1) al professionista più l’ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta e dei contributi previdenziali più altri dati non obbligatori come l’IVA.
-----------
 
(1) adesso si può autocertificare senza aspettare di ricevere dal debitore la certificazione.

13/03/16

Articolo 194 c.p.c usato dai CTU nelle perizie tecniche.Modificato il 14/3/2016 nella parte finale.

Articolo 194 Codice di Procedura Civile.
Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all'articolo 62 (1), da sé solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi (2) e a eseguire piante, calchi e rilievi (3).
Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori (4), e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze [90, 91, 92 disp. att.].
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Note:
(1) Il riferimento all'art. 62 del c.p.c. indica le indagini che il giudice istruttore commissiona al consulente tecnico mediante la formulazione del quesito peritale.

(2) Il consulente che necessiti di assumere informazioni da terzi non ha bisogno di alcuna autorizzazione se le notizie riguardino fatti secondari della controversia: diversamente, trattandosi di fatti costitutivi, sarà necessario che le parti li abbiano dedotti e provati.
Quanto ai documenti non già acquisiti al processo, il consulente potrà esaminarli purché essi siano reciprocamente comunicati alle parti, per il rispetto del principio del contraddittorio.

(3) Il c.t.u. è tenuto ad accertare i fatti di natura tecnica ed accessoria sottoposti alla sua indagine, non i fatti costitutivi della domanda o delle eccezioni, che vanno provati dalle parti, sulle quali incombe pur sempre l'onus probandi. Sono, infatti, destinate a non essere ammesse le richieste di c.t.u. che abbiamo fini meramente esplorativi a vantaggio di una sola delle parti.

(4) Per il principio del contraddittorio, è consentito alle parti di nominare propri consulenti tecnici e di poter assistere, a mezzo di questi o dei propri difensori, alle indagini effettuate dal consulente d'ufficio senza l'intervento del giudice.
Per consentire a tutti una paritaria partecipazione, il consulente tecnico è tenuto a comunicare alle parti, tramite i loro difensori o consulenti di parte, giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali. In mancanza di questa comunicazione, si deve ritenere che la consulenza sia affetta da nullità relativa, che resterebbe sanata se non eccepita nella prima difesa successiva al deposito della relazione. Tuttavia, affinché la consulenza possa dichiararsi a tutti gli effetti nulla, è necessario che il mancato avviso dell'inizio delle operazioni peritali abbia comportato un concreto pregiudizio al diritto di difesa della parte non informata (ad esempio, se questa vi ha comunque partecipato, la consulenza non potrà essere nulla).
 
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Considerazioni alla nota (2):
Fino a quando possa essere fatta chiarezza su un fatto o su un documento tale articolo 194 c.p.c. potrebbe essere utilizzato per acquisire visivamente una documentazione che è definita importante al fine di una CTU.
Se infatti non compaiono degli atti importanti per mera dimenticanza di deposito è data possibilità al CTU di poter visionare la documentazione mancante e secondo la nota (2) questo è possibile.
Cosa dice in particolare la nota (2):
"Quanto ai documenti non già acquisiti al processo, il consulente potrà esaminarli purché essi siano reciprocamente comunicati alle parti, per il rispetto del principio del contraddittorio".
Penso  se  questi documenti sono indispensabili per far chiarezza nella perizia per arrivare ad una sentenza perfetta e se tali documenti non si possono acquisire credo non si giungerà mai ad una soluzione finale perfetta.
Questa forma nella [nota (2)] a mio parere non esplica  una procedura corretta.
Infatti attraverso la CTU si deve giungere ad una conclusione veritiera e secondo il mio modesto pensiero tale articolo 194 c.p.c. dovrebbe essere modificato fornendo una opportunità al CTU di svolgere il proprio lavoro in condizioni ottimali e cioè concedendo la possibilità di chiedere documentazione se carente nel fascicolo di causa (es. nell'anatocismo c/c mancanti).
Purtroppo però una volta depositati i documenti da parte dei legali alla prima udienza, poi non è più possibile aggiungerne altri.
Ora volendo approfondire il comma finale dell'art. 194 cpc così recita:
"Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori (4), e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze [90, 91, 92 disp. att.]."
Se però si specifica in udienza al giuramento del CTU con la formula presente: "(Omissis)... il perito nominato, non potrà nemmeno con il consenso di tutte le parti, acquisire documenti diversi da quelli ritualmente prodotti in giudizio". Pertanto si crea una lacuna rispetto alla norma principale art. 194 c.p.c. e dispos. att. 90, 91 e 92 il quale menziona che si possono presentare al consulente: per iscritto o a voce, osservazioni e istanze.
Il CTU in tal caso come deve agire? Secondo la norma o la specifica fatta in udienza?
 
Secondo me si può aprire un dibattito con i Vs. commenti.
 



12/03/16

Strumenti musicali da acquistare con agevolazioni della Legge di Stabilità comma 984

984.
Per l'anno 2016, agli studenti dei conservatori di musica e
degli istituti musicali pareggiati, iscritti ai corsi di strumento
secondo il precedente ordinamento e ai corsi di laurea di primo
livello secondo il nuovo ordinamento, e' concesso un contributo una
tantum di 1.000 euro, non eccedente il costo dello strumento, per
l'acquisto di uno strumento musicale nuovo, coerente con il corso di
studi, nel limite complessivo di 15 milioni di euro. Lo strumento
musicale oggetto di agevolazione deve essere acquistato presso un
produttore o un rivenditore, dietro presentazione di un certificato
di iscrizione rilasciato dal conservatorio o dagli istituti musicali
pareggiati da cui risultino cognome, nome, codice fiscale e corso di
strumento cui lo studente e' iscritto. Il contributo e' anticipato
all'acquirente dello strumento dal rivenditore sotto forma di sconto
sul prezzo di vendita ed e' a questo rimborsato sotto forma di
credito d'imposta di pari importo, da utilizzare in compensazione ai
sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241,
e successive modificazioni. Con provvedimento del direttore
dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, sono definiti le modalita'
attuative, comprese le modalita' per usufruire del credito d'imposta,
il regime dei controlli nonche' ogni altra disposizione necessaria
per il monitoraggio dell'agevolazione.

----------------

Considerazioni:
La soluzione è certamente ottimale ma il venditore potrebbe avere oltre al credito d'imposta anche contanti da parte attraverso un particolare documento (carta apposita) che lo rimborsi senza andare sul credito d'imposta.
Sembra che invece sia obbligatorio attenersi alle direttive della Legge di Stabilità e così se un giovane vuole imparare senza che sia iscritto al Conservatorio allora non può accedervi cosa non gradita alla maggioranza dei giovani che potrebbero avvalersi nel possedere uno strumento ed imparare con un maestro o con addirittura amici.
 

11/03/16

Norme dell'Unione europea sugli aiuti di Stato (Legge di Stabilità) comma 407

Norme  dell'Unione  europea  sugli  aiuti  di  Stato:

407.
A decorrere dal 1º gennaio 2015 al testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 69, comma 2, lettera b), le parole: «i due
decimi» sono sostituite dalle seguenti: «un decimo»;
b) all'articolo 73, comma 1-bis, sono aggiunti, in fine, i
seguenti periodi: «Le province possono, con apposita legge e nel
rispetto delle norme dell'Unione europea sugli aiuti di Stato,
concedere incentivi, contributi, agevolazioni, sovvenzioni e benefici
di qualsiasi genere, da utilizzare in compensazione ai sensi del Capo
III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. I fondi necessari
per la regolazione contabile delle compensazioni sono posti ad
esclusivo carico delle rispettive province, che provvedono alla
stipula di una convenzione con l'Agenzia delle entrate, al fine di
disciplinare le modalita' operative per la fruizione delle suddette
agevolazioni»;
c) all'articolo 75, comma 1, lettera d), le parole: «i sette
decimi» sono sostituite dalle seguenti: «gli otto decimi»;
d) all'articolo 75-bis, dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente:
«3-bis. Il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o
dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge alla
copertura, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, di nuove
specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano
nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi
comprese quelle relative a calamita' naturali, e' riservato allo
Stato, purche' risulti temporalmente delimitato, nonche'
contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi
quantificabile. Non sono ammesse riserve di gettito destinate al
raggiungimento di obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica.
Sono abrogati gli articoli 9, 10 e 10-bis del decreto legislativo 16
marzo 1992, n. 268»;
e) all'articolo 79:
1) al comma 1, l'alinea e' sostituito dal seguente: «Il sistema
territoriale regionale integrato, costituito dalla regione, dalle
province e dagli enti di cui al comma 3, concorre, nel rispetto
dell'equilibrio dei relativi bilanci ai sensi della legge 24 dicembre
2012, n. 243, al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica,
di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei
doveri dagli stessi derivanti, nonche' all'osservanza dei vincoli
economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione
europea:»;
2) il comma 3 e' sostituito dal seguente:
«3. Fermo restando il coordinamento della finanza pubblica da
parte dello Stato ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, le
province provvedono al coordinamento della finanza pubblica
provinciale, nei confronti degli enti locali, dei propri enti e
organismi strumentali pubblici e privati e di quelli degli enti
locali, delle aziende sanitarie, delle universita', incluse quelle
non statali di cui all'articolo 17, comma 120, della legge 15 maggio
1997, n. 127, delle camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura e degli altri enti od organismi a ordinamento regionale o
provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria. Al fine di
conseguire gli obiettivi in termini di saldo netto da finanziare
previsti in capo alla regione e alle province ai sensi del presente
articolo, spetta alle province definire i concorsi e gli obblighi nei
confronti degli enti del sistema territoriale integrato di rispettiva
competenza. Le province vigilano sul raggiungimento degli obiettivi
di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma e,
ai fini del monitoraggio dei saldi di finanza pubblica, comunicano al
Ministero dell'economia e delle finanze gli obiettivi fissati e i
risultati conseguiti»;
3) il comma 4 e' sostituito dai seguenti:
«4. Nei confronti della regione e delle province e degli enti
appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono
applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri,
accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati,
ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilita' interno, diversi
da quelli previsti dal presente titolo. La regione e le province
provvedono, per se' e per gli enti del sistema territoriale regionale
integrato di rispettiva competenza, alle finalita' di coordinamento
della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni
legislative dello Stato, adeguando, ai sensi dell'articolo 2 del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, la propria legislazione ai
principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 o 5, nelle
materie individuate dallo Statuto, adottando, conseguentemente,
autonome misure di razionalizzazione e contenimento della spesa,
anche orientate alla riduzione del debito pubblico, idonee ad
assicurare il rispetto delle dinamiche della spesa aggregata delle
amministrazioni pubbliche del territorio nazionale, in coerenza con
l'ordinamento dell'Unione europea.
4-bis. Per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022, il contributo
della regione e delle province alla finanza pubblica in termini di
saldo netto da finanziare, riferito al sistema territoriale regionale
integrato, e' pari a 905,315 milioni di euro complessivi, dei quali
15,091 milioni di euro sono posti in capo alla regione. Il contributo
delle province, ferma restando l'imputazione a ciascuna di esse del
maggior gettito derivante dall'attuazione dell'articolo 13, comma 17,
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2001, n. 214, e dell'articolo
1, commi 521 e 712, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e'
ripartito tra le province stesse sulla base dell'incidenza del
prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul
prodotto interno lordo regionale; le province e la regione possono
concordare l'attribuzione alla regione di una quota del contributo»;
4) dopo il comma 4-bis, introdotto dal numero 3) della presente
lettera, sono aggiunti i seguenti:
«4-ter. A decorrere dall'anno 2023 il contributo complessivo di
905 milioni di euro, ferma restando la ripartizione dello stesso tra
la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di
Bolzano, e' rideterminato annualmente applicando al predetto importo
la variazione percentuale degli oneri del debito delle pubbliche
amministrazioni rilevata nell'ultimo anno disponibile rispetto
all'anno precedente. La differenza rispetto al contributo di 905,315
milioni di euro e' ripartita tra le province sulla base
dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna
provincia sul prodotto interno lordo regionale. Ai fini del periodo
precedente e' considerato il prodotto interno lordo indicato
dall'ISTAT nell'ultima rilevazione disponibile.
4-quater. A decorrere dall'anno 2016, la regione e le province
conseguono il pareggio del bilancio come definito dall'articolo 9
della legge 24 dicembre 2012, n. 243. Per gli anni 2016 e 2017 la
regione e le province accantonano in termini di cassa e in termini di
competenza un importo definito d'intesa con il Ministero
dell'economia e delle finanze tale da garantire la neutralita'
finanziaria per i saldi di finanza pubblica. A decorrere dall'anno
2018 ai predetti enti ad autonomia differenziata non si applicano il
saldo programmatico di cui al comma 455 dell'articolo l della legge
24 dicembre 2012, n. 228, e le disposizioni in materia di patto di
stabilita' interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al
primo periodo del presente comma.
4-quinquies. Restano ferme le disposizioni in materia di
monitoraggio, certificazione e sanzioni previste dai commi 460, 461 e
462 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
4-sexies. A decorrere dall'anno 2015, il contributo in termini di
saldo netto da finanziare di cui all'Accordo del 15 ottobre 2014 tra
il Governo, la regione e le province e' versato all'erario con
imputazione sul capitolo 3465, articolo 1, capo X, del bilancio dello
Stato entro il 30 aprile di ciascun anno. In mancanza di tali
versamenti all'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 aprile e
della relativa comunicazione entro il 30 maggio al Ministero
dell'economia e delle finanze, quest'ultimo e' autorizzato a
trattenere gli importi corrispondenti a valere sulle somme a
qualsiasi titolo spettanti alla regione e a ciascuna provincia
relativamente alla propria quota di contributo, avvalendosi anche
dell'Agenzia delle entrate per le somme introitate per il tramite
della Struttura di gestione.
4-septies. E' fatta salva la facolta' da parte dello Stato di
modificare, per un periodo di tempo definito, i contributi in termini
di saldo netto da finanziare e di indebitamento netto posti a carico
della regione e delle province, previsti a decorrere dall'anno 2018,
per far fronte ad eventuali eccezionali esigenze di finanza pubblica
nella misura massima del 10 per cento dei predetti contributi stessi.
Contributi di importi superiori sono concordati con la regione e le
province. Nel caso in cui siano necessarie manovre straordinarie
volte ad assicurare il rispetto delle norme europee in materia di
riequilibrio del bilancio pubblico i predetti contributi possono
essere incrementati, per un periodo limitato, di una percentuale
ulteriore, rispetto a quella indicata al periodo precedente, non
superiore al 10 per cento.
4-octies. La regione e le province si obbligano a recepire con
propria legge da emanare entro il 31 dicembre 2014, mediante rinvio
formale recettizio, le disposizioni in materia di armonizzazione dei
sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli
enti locali e dei loro organismi, previste dal decreto legislativo 23
giugno 2011, n. 118, nonche' gli eventuali atti successivi e
presupposti, in modo da consentire l'operativita' e l'applicazione
delle predette disposizioni nei termini indicati dal citato decreto
legislativo n. 118 del 2011 per le regioni a statuto ordinario,
posticipati di un anno, subordinatamente all'emanazione di un
provvedimento statale volto a disciplinare gli accertamenti di
entrata relativi a devoluzioni di tributi erariali e la possibilita'
di dare copertura agli investimenti con l'utilizzo del saldo positivo
di competenza tra le entrate correnti e le spese correnti».

COMMISSIONE RODORF SULLA CRISI D'IMPRESA

SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE RECANTE “DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA ORGANICA DELLE DISCIPLINE DELLA CRISI DI IMPRESA E DELL’INSOLVENZA”

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI
ART. 1 – (Contenuto della delega e procedure per l’esercizio della stessa)
1. Il Governo è delegato ad emanare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
con l’osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui ai seguenti articoli, uno o più decreti legislativi per
la riforma organica delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive
modificazioni, e della disciplina sulla composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge 27
gennaio 2012, n. 3, e successive modificazioni, per il riordino dell’amministrazione straordinaria delle
grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 e delle misure urgenti
per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legge 23 dicembre
2003, n. 347, convertito con modificazioni dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e successive modificazioni,
nonché per la revisione del sistema dei privilegi e delle garanzie.
2. Nell’esercizio della delega il Governo tiene conto della normativa dell’Unione europea, ed in particolare
del Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure di insolvenza, oltre
che della Raccomandazione della Commissione n. 2014/135/UE, nonché dei principi della Model Law
elaborati in materia di insolvenza dall’Uncitral, e provvede altresì a curare il coordinamento con le
disposizioni vigenti, anche modificando la formulazione e la collocazione delle norme non direttamente
investite dai principi di delega, in modo da renderle ad essi conformi, ed adottando le opportune disposizioni
transitorie.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della Giustizia e, quanto al
riordino dell’amministrazione delle grandi imprese in crisi, anche del Ministro dello Sviluppo Economico, di
concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze ed il Ministro del Lavoro, e successivamente
trasmessi al Parlamento, entro il sessantesimo giorno antecedente il termine per l’esercizio della delega, per
l’espressione dei pareri delle rispettive Commissioni competenti per materia e per gli aspetti finanziari, entro
il termine di trenta giorni, decorso inutilmente il quale i decreti possono essere in ogni caso adottati. Il
termine per l’esercizio della delega è prorogato di sessanta giorni quando le Commissioni per parlamentari
sono chiamate ad esprimere il parere nei trenta giorni antecedenti al suo spirare.
ART. 2 – (Principi generali)

Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo provvede a riformare in modo
organico le procedure concorsuali attenendosi ai seguenti criteri direttivi:
a) sostituire il termine “fallimento”, e suoi derivati, con espressioni equivalenti, quali “insolvenza” o
“liquidazione giudiziale”, adeguando dal punto di vista lessicale anche le relative disposizioni penali, ferma
restando la continuità delle fattispecie criminose;

b) eliminare l’ipotesi del fallimento d’ufficio di cui all’articolo 3, primo comma, decreto legislativo 8 luglio
1999, n. 270;

c) introdurre una definizione dello stato di crisi, intesa come probabilità di futura insolvenza, mantenendo
l’attuale nozione di insolvenza di cui all’articolo 5, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

d) adottare un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore,
ispirato al vigente articolo 15, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e con caratteristiche di particolare
celerità, anche in fase di reclamo, prevedendo la legittimazione ad agire dei soggetti con funzioni di
controllo e vigilanza sull’impresa, ammettendo l’iniziativa del pubblico ministero in ogni caso in cui egli
abbia notizia dell’esistenza di uno stato di insolvenza, specificando la disciplina delle misure cautelari, con
attribuzione della relativa competenza anche alla corte d’appello ed armonizzando il regime delle
impugnazioni, con particolare riguardo all’efficacia delle pronunce rese avverso i provvedimenti di apertura
della procedura di liquidazione giudiziale, ovvero di omologa del concordato;


e) assoggettare al procedimento di accertamento dello stato di crisi o di insolvenza ogni categoria di
debitore, sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore
esercente un’attività commerciale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici,
disciplinandone distintamente i diversi esiti possibili, con riguardo all’apertura di procedure di regolazione
concordata o coattiva, conservativa o liquidatoria, tenendo conto delle relative peculiarità soggettive ed
oggettive, ed in particolare assimilando il trattamento dell’imprenditore che dimostri di rivestire un profilo
dimensionale inferiore a parametri predeterminati, in linea con il vigente articolo 1, regio decreto 16 marzo
1942, n. 267, a quello riservato a debitori civili, professionisti e consumatori, di cui al successivo articolo 9;

f) recepire, ai fini della disciplina della competenza territoriale, la nozione europea di “centro degli interessi
principali del debitore” (COMI);

g) dare priorità di trattazione, salvi i casi di abuso, alle proposte che comportino il superamento della crisi
assicurando la continuità aziendale, anche per il tramite di un diverso imprenditore, riservando la
liquidazione giudiziale ai casi nei quali non venga proposta idonea soluzione alternativa;

h) uniformare e semplificare, in raccordo con il processo civile telematico, la disciplina dei diversi riti
speciali previsti dalle disposizioni in materia concorsuale;

i) ridurre la durata ed i costi delle procedure concorsuali, anche attraverso misure di responsabilizzazione
degli organi di gestione e di contenimento delle ipotesi di prededuzione, anche con riguardo ai compensi dei
professionisti, al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l’attivo
delle procedure;

l) riformulare le disposizioni che hanno originato contrasti interpretativi, al fine di favorirne il superamento,
in coerenza con i principi espressi dalla presente legge delega;

m) assicurare la specializzazione dei giudici addetti alla materia concorsuale, con adeguamento degli
organici degli uffici giudiziari la cui competenza risulti ampliata: 1) attribuendo ai tribunali sede delle
sezioni specializzate in materia di impresa la competenza sulle procedure concorsuali, e sulle cause che da
esse derivano, relative alle imprese in amministrazione straordinaria ed ai gruppi di imprese di rilevante
dimensione; 2) mantenendo invariati i vigenti criteri di attribuzione della competenza per le procedure di
crisi o insolvenza del consumatore, del professionista e dell’imprenditore in possesso del profilo
dimensionale ridotto di cui alla lettera e); 3) individuando tra i tribunali esistenti, sulla base di parametri
quantitativi, quali piante organiche, flussi delle procedure concorsuali e numero di imprese iscritte nel
registro delle imprese, quelli competenti alla trattazione delle procedure concorsuali relative alle restanti
imprese;

n) istituire presso il Ministero della giustizia un albo dei soggetti destinati a svolgere, su incarico del
tribunale, funzioni di gestione o di controllo nell’ambito delle procedure concorsuali, con indicazione dei
requisiti di professionalità, indipendenza ed esperienza richiesti per l’iscrizione;

o) armonizzare le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con le forme di
tutela dell’occupazione e del reddito dei lavoratori che trovano fondamento nella Carta sociale europea e
nelle Direttive 1980/987/CE e 2002/74/CE, nonché nella Direttiva 2001/23/CE, come interpretata dalla Corte
di Giustizia.


CAPO II
MISURE PER LA RIFORMA DELLE DISCIPLINE DELLE PROCREDURE DI
CRISI E DELL’ INSOLVENZA

ART. 3 – (Gruppi di imprese)
1.La crisi e l’insolvenza dei gruppi di imprese vanno specificamente disciplinate introducendo:
a) una definizione di gruppo di imprese modellata sulla nozione di direzione e coordinamento di cui agli
articoli 2497 e seguenti, nonché 2545-septies, del codice civile, corredata dalla presunzione semplice di
assoggettamento a direzione e coordinamento in presenza di un rapporto di controllo ai sensi dell’articolo
2359 del codice civile;

b) specifici obblighi dichiarativi, nonché il deposito del bilancio consolidato di gruppo, ove redatto, a carico
delle imprese appartenenti ad un gruppo, a scopo di informazione sui legami di gruppo esistenti, in vista del
loro assoggettamento a procedure concorsuali;

c) il potere dell’organo di gestione della procedura di richiedere alla Consob, o a qualsiasi altra pubblica
autorità, informazioni utili ad accertare l’esistenza di collegamenti di gruppo, nonché di richiedere alle
società fiduciarie le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni o sulle quote ad esse intestate;

d) la facoltà per le imprese, in crisi o insolventi, del gruppo sottoposte alla giurisdizione dello Stato italiano
di proporre con unico ricorso domanda di omologazione di un accordo unitario di ristrutturazione dei debiti,

o di ammissione al concordato preventivo, o di liquidazione giudiziale, ferma restando in ogni caso
l’autonomia delle rispettive masse attive e passive, con predeterminazione del criterio attributivo della
competenza, ai fini della gestione unitaria delle rispettive procedure concorsuali, ove le imprese abbiano la
propria sede in circoscrizioni giudiziarie diverse;
e) obblighi reciproci di informazione e di collaborazione fra gli organi di gestione delle diverse procedure,
nel caso in cui le imprese insolventi del gruppo siano soggette a separate procedure concorsuali, in Italia o
all’estero;

f) il principio di postergazione del rimborso dei crediti di società o imprese appartenenti allo stesso gruppo,
in presenza dei presupposti di cui all’articolo 2467 del codice civile, salve deroghe dirette a favorire
l’erogazione di finanziamenti in funzione o in esecuzione di una procedura di concordato preventivo e di
accordo di ristrutturazione dei debiti.

2. Nell’ipotesi di gestione unitaria della procedura di concordato preventivo di gruppo devono
essere previsti:
a) la nomina di un unico giudice delegato e di un unico commissario giudiziale ed il deposito di un unico
fondo per le spese di giustizia;

b) la contemporanea e separata votazione dei creditoridi ciascuna impresa;
c) gli effetti dell’eventuale annullamento o risoluzione della proposta unitaria omologata;
d) l’esclusione dal voto delle imprese del gruppo che siano titolari di crediti nei confronti delle altre imprese
assoggettate alla procedura;

e) gli effetti dell’eventuale annullamento o risoluzione della proposta unitaria omologata;
f) i criteri per la formulazione del piano unitario di risoluzione della crisi del gruppo, eventualmente
attraverso operazioni contrattuali e riorganizzative infragruppo funzionali alla continuità aziendale e al
miglior soddisfacimento dei creditori, fatta salva la tutela in sede concorsuale per i soci ed i creditori delle
singole imprese, nonché per ogni altro controinteressato.

3. Nell’ipotesi di gestione unitaria della procedura di liquidazione giudiziale di gruppo devono
essere previsti:
a) la nomina di un unico giudice delegato e di un unico curatore, ma di distinti comitati dei creditori, per
ciascuna impresa del gruppo;

b) un criterio di ripartizione proporzionale dei costi della procedura fra le singole imprese del gruppo;
c) l’attribuzione al curatore, anche nei confronti di imprese non insolventi del gruppo, del potere di: 1)
azionare rimedi contro operazioni antecedenti l’accertamento dello stato di insolvenza e dirette a spostare
risorse ad altra impresa del gruppo, in danno dei creditori; 2) esercitare le azioni di responsabilità di cui
all’articolo 2497 del codice civile; 3) promuovere la denuncia di gravi irregolarità gestionali nei confronti
degli organi di amministrazione delle società del gruppo non assoggettate alla procedura di liquidazione
giudiziale; 4) nel caso in cui ravvisi l’insolvenza di imprese del gruppo non ancora assoggettate alla
procedura di liquidazione giudiziale, segnalare tale circostanza agli organi di amministrazione e di controllo
ovvero promuovere direttamente l’accertamento dello stato di insolvenza di dette imprese;

d) la disciplina di eventuali proposte di concordato liquidatorio giudiziale, in conformità alla previsione
dell’articolo 7, comma 9, lettera d).

ART. 4 – (Procedure di allerta e composizione assistita della crisi)
1. Devono essere introdotte procedure di allerta e composizione assistita della crisi, di natura
non giudiziale e confidenziale, finalizzate ad incentivare l’emersione anticipata della crisi e ad
agevolare lo svolgimento di trattative tra debitore e creditori:
a) attribuendo la competenza ad apposita sezione specializzata degli organismi di composizione della crisi,
previsti dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3 e dal decreto ministeriale 24 settembre 2014, n. 202, con opportuni
adattamenti;

b) ponendo a carico degli organi di controllo societari, del revisore contabile e delle società di revisione,
l’obbligo di avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di fondati indizi
della crisi e, in caso di omessa o inadeguata risposta, di informare direttamente il competente organismo di
composizione della crisi;

c) imponendo a creditori qualificati, come l’agenzia delle entrate, gli agenti della riscossione delle imposte e
gli enti previdenziali, l’obbligo, a pena di inefficacia dei privilegi accordati ai crediti di cui sono titolari, di
segnalare immediatamente agli organi di controllo della società o, in mancanza, all’organismo di
composizione della crisi, il perdurare di inadempimenti di importo rilevante, coordinando detti obblighi con
quelli di informazione e vigilanza spettanti alla Consob;

d) stabilendo che l'organismo di composizione della crisi, a seguito delle segnalazioni ricevute o su istanza
del debitore, convochi immediatamente, in via riservata e confidenziale, il debitore medesimo nonché, ove si
tratti di società dotata di organi di controllo, anche questi ultimi, al fine di individuare nel più breve tempo
possibile, previa verifica della situazione patrimoniale, economica e finanziaria in essere, le misure idonee a
porre rimedio allo stato di crisi;

e) prevedendo che l'organismo di composizione della crisi, su istanza del debitore, anche all'esito
dell'audizione di cui al punto precedente, affidi ad un soggetto scelto tra soggetti di adeguata professionalità
nella gestione della crisi d'impresa, iscritti presso l'organismo stesso, l’incarico di addivenire ad una
soluzione concordata della crisi tra debitore e creditori, entro un congruo termine, prorogabile solo a fronte
di positivi riscontri delle trattative e, in ogni caso, non superiore complessivamente a sei mesi, precisando
altresì le condizioni in base alle quali gli atti istruttori della procedura possono essere utilizzati
nell’eventuale fase giudiziale;

f) consentendo al debitore di chiedere al giudice l’adozione, omessa ogni formalità non essenziale al
contraddittorio, delle misure protettive necessarie per condurre a termine le trattative in corso,
disciplinandone durata, effetti, regime pubblicitario, competenza ad emetterle e revocabilità, anche d’ufficio
in caso di atti in frode ai creditori;

g) prevedendo misure premiali per l’imprenditore che ricorra tempestivamente alla procedura e ne favorisca
l’esito positivo, e misure sanzionatorie per l’imprenditore che ingiustificatamente la ostacoli o non vi ricorra,
pur in presenza dei relativi presupposti, ivi compresa l’introduzione di un’ulteriore fattispecie di bancarotta
semplice ai sensi degli articoli 217 e 224 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

h) prevendo, in ogni caso, che non oltre la scadenza del termine di cui alla lettera e), l’organismo di
composizione della crisi attesta se l’imprenditore ha posto in essere le misure idonee a porre rimedio alla
crisi e, in caso negativo, ne dà comunicazione al presidente della sezione specializzata in materia di impresa
del tribunale del luogo in cui l’imprenditore ha sede; stabilendo che a tale comunicazione si provvede anche
quando l’imprenditore non partecipa, senza giustificato motivo, al procedimento innanzi all’organismo;

i) prevedendo che il presidente della sezione specializzata convocaimmediatamente l’imprenditore e, quando
occorre, affida ad un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, secondo comma, lettera d)
del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 l’incarico di verificare la situazione economica, patrimoniale e
finanziaria dell’impresa; stabilendo che se dalla relazione depositata dal predetto professionista risulta
che l’impresa versa in stato di crisi, il presidente assegna un termine per intraprendere le misure idonee a
porvi rimedio, decorso inutilmente il quale dispone la pubblicazione della relazione medesima nel registro
delle imprese.

ART. 5 – (Accordi di ristrutturazione dei debiti e piani attestati di risanamento)
1.I piani attestati di risanamento, gli accordi di ristrutturazione dei debiti e le convenzioni di
moratoria e disciplinarne gli effetti vanno incentivati:
a) estendendo la procedura di cui all’articolo 182-septies del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
all’accordo di ristrutturazione non liquidatorio ovvero alla convenzione di moratoria conclusi con creditori,
anche diversi da banche e intermediari finanziari, rappresentanti almeno il settantacinque per cento dei
crediti di una o più categorie giuridicamente ed economicamente omogenee;

b) eliminando o riducendo la soglia del sessanta per cento dei crediti prevista nell’articolo 182-bis, regio
decreto 16 marzo 1942, n. 267, ove il debitore non proponga la moratoria del pagamento dei creditori
estranei, di cui al primo comma di detto articolo, né richieda le misure protettive previste nel successivo
sesto comma;

c) assimilando la disciplina delle misure protettive degli accordi di ristrutturazione dei debiti a quella
prevista per la procedura di concordato preventivo, nei limiti di compatibilità;

d) estendendo gli effetti dell’accordo ai soci illimitatamente responsabili, alle medesime condizioni previste
nella disciplina del concordato preventivo;

e) prevedendo che il piano attestato abbia forma scritta, data certa e contenuti analitici;
f) imponendo la rinnovazione delle prescritte attestazioni nel caso di successive modifiche, non marginali,
dell’accordo o del piano.

ART. 6 – (Procedura di concordato preventivo)
1. La disciplina della procedura di concordato preventivo va riordinata prevedendo:
a) l’inammissibilità di proposte che, in considerazione del loro contenuto
sostanziale, abbiano natura essenzialmente liquidatoria;

b) la legittimazione del terzo a promuovere il procedimento nei confronti del debitore che versi in stato di
insolvenza, nel rispetto del principio del contraddittorio e con adozione di adeguati strumenti di tutela del
debitore, in caso di successivo inadempimento del terzo;

c) la revisione della disciplina delle misure protettive, specie quanto a durata ed effetti, prevedendone la
revocabilità, su ricorso degli interessati, ove non arrechino beneficio al buon esito della procedura;

d) la fissazione delle modalità di accertamento della veridicità dei dati aziendali e di verifica della fattibilità
del piano, nonché la determinazione dell’entità massima dei compensi spettanti ai professionisti incaricati
dal debitore, da commisurarsi proporzionalmente all’attivo dell’impresa soggetta alla procedura;

e) la suddivisione obbligatoria dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici
omogenei;

f) l’esplicitazione dei poteri del tribunale, con particolare riguardo alla valutazione della fattibilità del
piano, attribuendoanche poteri di verifica in ordine alla realizzabilità economica dello stesso;

g) la soppressione dell’adunanza dei creditori, previa regolamentazione delle modalità telematiche di
esercizio del voto e di formazione del contraddittorio sulle richieste delle parti, nonché l’adozione di un
sistema di calcolo delle maggioranze anche “per teste”, nell’ipotesi in cui un solo creditore sia titolare di
crediti pari o superiori alla maggioranza di quelli ammessi al voto, con apposita disciplina delle situazioni di
conflitto d’interesse;

h) la regolazione del diritto di voto dei creditori con diritto di prelazione il cui pagamento sia dilazionato, e
dei creditori soddisfatti con utilità diverse dal denaro;

i) l’integrazione della disciplina dei provvedimenti che riguardano i rapporti pendenti, con particolare
riferimento: ai presupposti della sospensione e, dopo la presentazione del piano, anche dello scioglimento; al
procedimento ed al ruolo del commissario giudiziale; agli effetti, in relazione agli esiti possibili della
procedura, nonché alla decorrenza e durata nell’ipotesi di sospensione; alla competenza per la
determinazione dell’indennizzo ed ai relativi criterti di quantificazione;

l) una più dettagliata disciplina della fase di esecuzione del piano, anche con riguardo agli effetti purgativi ed
alla deroga alla solidarietà passiva di cui all’articolo 2560 del codice civile, con possibilità per il tribunale di
affidare ad un terzo il compito di porre in essere gli atti necessari all’attuazione della proposta concordataria;

m) il riordino della disciplina della revoca, dell’annullamento e della risoluzione del concordato preventivo,
prevedendo la legittimazione del commissario giudiziale a richiedere, su istanza di un creditore, la
risoluzione del concordato per inadempimento;

n) i presupposti per l’estensione degli effetti esdebitatori ai soci illimitatamente responsabili che siano
garanti della società, con eventuale distinzione tra garanzie personali e reali;

o) il riordino e la semplificazione delle varie tipologie di finanziamento alle imprese in crisi;
p) la disciplina del trattamento del credito da imposta sul valore aggiunto nel concordato preventivo privo di
transazione fiscale, tenendo conto anche delle pronunce della Corte di Giustizia U.E.

2. Nel caso di procedura riguardante società, va introdotta una apposita disciplina diretta a:
a) esplicitare presupposti, legittimazione ed effetti dell’azione sociale di responsabilità e dell’azione dei
creditori sociali, in conformità ai principi dettati dal codice civile;

b) imporre agli organi della società il dovere di dare tempestiva attuazione alla proposta omologata,
stabilendo che, in caso di comportamenti dilatori od ostruzionistici, l’attuazione possa essere affidata ad un
amministratore provvisorio, nominato dal tribunale, dotato dei poteri spettanti all’assemblea ovvero del
potere di sostituirsi ai soci nell’esercizio del voto in assemblea, con la garanzia di adeguati strumenti
d’informazione e di tutela, in sede concorsuale, dei soci;

c) prevedere che, in caso di operazioni di trasformazione, fusione o scissione poste in essere nel corso della
procedura: 1) l’opposizione dei creditori possa essere proposta solo in sede di controllo giudiziale sulla
legittimità della domanda concordataria; 2) gli effetti delle operazioni siano irreversibili, anche in caso di
risoluzione o annullamento del concordato, salvo il diritto al risarcimento dei soci o terzi danneggiati, a
norma degli articoli 2500-bis e 2504-quater del codice civile; 3) non spetti ai soci il diritto di recessoin
conseguenza di operazioni incidenti sull’organizzazione o sulla struttura finanziaria della società.


ART. 7 –(Procedura di liquidazione giudiziale)

1. Nell’esercizio della delega il Governo adotta misure dirette a rendere più efficace la funzione del
curatore: 1) integrando la disciplina sulle incompatibilità tra gli incarichi assunti nel succedersi delle
procedure; 2) definendo i poteri di accertamento ed accesso a pubbliche amministrazioni e banche dati,
per assicurare l’effettività dell’apprensione dell’attivo, anche responsabilizzando il debitore; 3) specificando
il contenuto minimo del programma di liquidazione; 4) chiarendo l’ambito dei poteri giudiziali di cui
all’articolo 108, secondo comma, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in ipotesi di subentro del curatore nel
contratto preliminare di vendita; 5)attribuendo al curatore, previa acquisizione delle prescritte autorizzazioni,
i poteri per il compimento degli atti e delle operazioni riguardanti l’organizzazione e la struttura finanziaria
della società, previsti nel programma di liquidazione, assicurando un’adeguata e tempestiva informazione
dei soci e dei creditori della società, nonché idonei strumenti di tutela in sede concorsuale degli stessi e dei
terzi interessati.
2. Al fine di semplificare la gestione delle procedure meno complesse, le funzioni del comitato dei creditori
possono essere sostituite con forme di consultazione telematica del ceto creditorio, anche nelle modalità
del silenzio-assenso.
3. La procedura di liquidazione giudiziale va potenziata mediante l’adozione di misure dirette a:
a) escludere l’operatività di esecuzioni speciali e privilegi processuali, anche fondiari;

b) far decorrere il periodo sospetto per le azioni di inefficacia e revocatoria, aritroso, dal deposito della
domanda cui sia seguita l’apertura della liquidazione giudiziale, fermo restando il disposto di cui al vigente
articolo 69-bis, secondo comma, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

4. Ai fini dell’esercizio delle azioni di responsabilità deve essere prevista la legittimazione del curatore a
promuovere o proseguire: 1)per le società di capitali e le società cooperative, l’azione sociale di
responsabilità e l’azione dei creditori sociali prevista dall’art. 2394 del codice civile, l’azione prevista
dall’art. 2476, settimo comma, del codice civile, le azioni di responsabilità previste dall’art. 2497 del codice
civile e le altre analoghe azioni di responsabilità contemplate da singole disposizioni di legge; 2)l’azione
sociale di responsabilità e l’azione dei creditori sociali prevista dall’art. 2394 del codice civile, in caso di
violazione delle regole di separatezza fra uno o più patrimoni destinati costituiti dalla società e il patrimonio
della società medesima; 3) per le società di persone, l’azione sociale di responsabilità nei confronti del socio
amministratore cui non sia stata personalmente estesa la procedura di liquidazione giudiziale.
5. La disciplina dei rapporti giuridici pendenti va integrata: 1) limitando la prededuzione, in ogni caso di
prosecuzione o subentro del curatore, ivi compreso l’esercizio provvisorio e salvo diversa previsione
normativa, ai soli crediti maturati in corso di procedura; 2) prevedendo lo scioglimento dei contratti aventi
carattere personale che non proseguano con il consenso della controparte; 3) dettando un’autonoma
regolamentazione del contratto preliminare, anche in relazione alla disciplina degli immobili da costruire.
6. Gli effetti della procedura sui rapporti di lavoro subordinato debbono essere coordinati con la vigente
legislazione in tema di diritto del lavoro, quanto a licenziamento, forme assicurative e di integrazione
salariale, trattamento di fine rapporto e modalità di insinuazione al passivo.
7. Il sistema di accertamento del passivo va improntato a criteri di maggiore rapidità, snellezza e
concentrazione, adottando misure dirette a:
a) agevolare la presentazione telematica delle domande tempestive di creditori e terzi, anche non residenti
sul territorio nazionale, restringendo l’ammissibilità delle domande tardive;

b) introdurre preclusioni attenuate già nella fase monocratica;
c) prevedere forme semplificate per le domande di minor valore o complessità;
d) assicurare stabilità alle decisioni sui diritti reali immobiliari;
e) attrarre in sede concorsuale l’accertamento di ogni credito opposto in compensazione ai sensi dell’articolo
56, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

f) chiarire le modalità di verifica dei diritti vantati su beni del debitore che sia costituito terzo datore di
ipoteca;

g) adeguare i criteri civilistici di computo degli interessi alle modalità di liquidazione dell’attivo di cui al
successivo comma 8;

8. L’obbiettivo della massima trasparenza ed efficienza alle operazioni di liquidazione
dell’attivo della procedura va perseguito:
a) introducendo sistemi informativi e di vigilanza della gestione liquidatoria, caratterizzati
da trasparenza, pubblicità ed obblighi di rendicontazione;

b) garantendo la competitività delle operazioni di liquidazione nell’ambito del mercato unitario telematico
nazionale delle vendite, caratterizzato: 1) dalla presenza di un ente che certifichi la ragionevole probabilità di
soddisfazione dei crediti insinuati al passivo di ciascuna procedura aderente al sistema; 2) dalla presenza di
un operatore del sistema di regolamento e compensazione; 3) dal riconoscimento, ai creditori che ne facciano
richiesta, di un titolo che li abiliti a partecipare alle vendite dei beni in misura proporzionale alla probabilità
di soddisfazione del loro credito, certificata dall’ente di cui al numero 1); 4) dalla presenza di uno o più fondi
per la gestione dei beni invenduti;

9. Nell’ambito delle misure dirette ad accelerare la chiusura della procedura occorre:
a) affidare la fase di riparto al curatore, salva la facoltà degli interessati di proporre opposizione, ricorrendo
al giudice;

b) integrare la disciplina della chiusura della procedura in pendenza di procedimenti giudiziari specificando
che essa concerne tutti i processi nei quali è parte il curatore e definendone presupposti, condizioni ed effetti
in rapporto alla loro diversa tipologia ed alla eventuale natura societaria del debitore;

c) prevedere che, alla chiusura della procedura relativa a società di capitali, nei casi di cui ai numeri 1) e 2)
del vigente articolo 118 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il curatore convochi l’assemblea ordinaria
dei soci per le deliberazioni necessarie ai fini della ripresa dell’attività o della sua cessazione, ovvero per la
trattazione di argomenti sollecitati, con richiesta scritta, da un numero di soci che rappresenti una percentuale
significativa del capitale sociale;

d) disciplinare ed incentivare le proposte di concordato liquidatorio giudiziale da parte di creditori e di terzi,
nonché dello stesso debitore, ove questi apporti risorse che incrementino in modo apprezzabile l’attivo.

ART. 8 – (Esdebitazione)
1. La disciplina della procedura di esdebitazione all’esito della procedura di liquidazione
giudiziale va integrata prevedendo:
a) la possibilità per il debitore di presentare domanda di esdebitazione subito dopo la chiusura della
procedura e, in ogni caso, dopo tre anni dalla sua apertura, al di fuori dei casi di frode o mala fede e purchè
abbia collaborato con gli organi della procedura;

b) particolari forme di esdebitazione di diritto riservate alle insolvenze minori, salva la possibilità per i
creditori di proporre opposizione dinanzi al tribunale;

c) l’ammissione anche delle società al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori
concorsuali non soddisfatti, previo riscontro dei presupposti di meritevolezza in capo agli amministratori e,
nel caso di società di persone, in capo ai soci.

ART. 9 – (Sovraindebitamento)
1. La disciplina del sovraindebitamento di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3 e successive
modificazioni va riordinata e semplificata secondo i seguenti criteri direttivi:
a) specificare le categorie di debitori assoggettabili alla procedura, anche in base ad un criterio di prevalenza
delle obbligazioni assunte a diverso titolo, ricomprendendovi le persone fisiche e gli enti non assoggettabili

alla procedura di concordato preventivo e liquidazione giudiziale, nonché i soci illimitatamente responsabili,
ed individuando criteri di coordinamento nella gestione delle procedure di sovraindebitamento riguardanti più membri della stessa famiglia;

b) disciplinare le soluzioni dirette a promuovere la continuazione dell’attività svolta dal debitore, nonché le modalità della loro eventuale conversione nelle soluzioni liquidatorie, anche ad istanza del debitore, e
consentendo solo la soluzione liquidatoria, con esclusione dell’esdebitazione, nel caso in cui la crisi o
l’insolvenza derivino da mala fede o frode del debitore;

c) consentire al debitore meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o
indiretta, nemmeno futura, di accedere all’esdebitazione solo per una volta, salvo l’obbligo di pagamento del
debito entro tre anni, laddove sopravvengano utilità;

d) precludere l’accesso alle procedure ai soggetti già esdebitati nei cinque anni precedenti la domanda, o che
ne abbiano beneficiato per due volte, ovvero nei casi di frode accertata;

e) introdurre misure protettive simili a quelle previste nel concordato preventivo, revocabili su istanza dei
creditori, o anche d’ufficio in presenza di atti in frode dei creditori;

f) riconoscere l’iniziativa per l’apertura delle soluzioni liquidatorie, anche in pendenza di procedure
esecutive individuali, ai creditori e, quando l’insolvenza riguardi l’imprenditore, al pubblico ministero;

g) ammettere alla esdebitazione anche le persone giuridiche, su domanda e con procedura semplificata,
purché non ricorrano ipotesi di frode ai creditori o volontario inadempimento del piano o dell’accordo;

h) prevedere misure sanzionatorie, eventualmente di natura processuale con riguardo ai poteri di
impugnativa e opposizione, a carico del creditore che abbia colpevolmente contribuito all’aggravamento
della situazione di indebitamento;

i) attribuire anche ai creditori ed al pubblico ministero l’iniziativa per la conversione in procedura
liquidatoria, nei casi di frode o inadempimento.

ART. 10 –(Privilegi)
1. Nell’esercizio della delega per la revisione del sistema dei privilegi, il Governo provvede a ridurre le
ipotesi di privilegio generale e speciale, con particolare riguardo ai privilegi retentivi, eliminando quelle non
più attuali rispetto al tempo in cui sono state introdotte ed adeguando in conformità l’ordine delle cause
legittime di prelazione.
ART. 11 – (Garanzie non possessorie)

1.Nell’esercizio della delega per la disciplina del sistema delle garanzie reali mobiliari, il
Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introdurre una forma di garanzia mobiliare senza spossessamento, avente ad oggetto beni, materiali o
immateriali, anche futuri, determinati o determinabili, salva la specifica indicazione dell’ammontare
massimo garantito, eventualmente anche a garanzia di crediti diversi o ulteriori rispetto a quelli
originariamente individuati, disciplinandone i requisiti, ivi compresa la necessità della forma scritta, e le
modalità di costituzione, anche mediante iscrizione in apposito registro informatizzato, nonché le regole di
opponibilità ai terzi ed il concorso con gli altri creditori muniti di cause di prelazione;

b) regolamentare forme, contenuto, requisiti ed effetti dell’iscrizione nel registro informatizzato,
direttamente accessibile per via telematica secondo modalità che salvaguardino la protezione dei dati, al fine
di consentire le operazioni di consultazione, iscrizione, annotazione, modifica, rinnovo ed estinzione delle
garanzie, nonchè la regolazione del concorso conseguente all’eventualità di plurime annotazioni; subordinare
le operazioni di consultazione, iscrizione, modifica, annotazione e rinnovo al pagamento di un importo in
denaro,determinato anche in via regolamentare, in modo da assicurare la copertura delle spese di gestione
del registro;

c) stabilire che, salvo diverso accordo delle parti, il soggetto costituente la garanzia abbia la facoltà di
utilizzare, nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza e in ogni caso nel rispetto della destinazione
economica, i beni oggetto di garanzia, anche nell’esercizio della propria attività economica, estendendosi in
tal caso la prelazione dai beni originari a quelli che risulteranno all’esito degli atti di disposizione, senza
effetto novativo per la garanzia originariamente concessa, salva la possibilità per il creditore di promuovere
azioni conservative o inibitorie nel caso di abuso del costituente;

d) consentire al creditore di escutere stragiudizialmente la garanzia anche in deroga al divieto del patto
commissorio, a condizione che il valore dei beni sia determinato in maniera oggettiva, e salvo l’obbligo di
restituire immediatamente al debitore, o ad altri creditori, l’eventuale eccedenza tra il valore di realizzo o
assegnazione e l’importo del credito;

e) prevedere forme di pubblicità e controllo giurisdizionale dell’esecuzione stragiudiziale di cui alla lettera
d), regolare i rapporti tra la stessa e le procedure esecutive forzate e concorsuali, adottare misure di
protezione del debitore consumatore, nonchè forme di tutela dei terzi che abbiano contrattato con il debitore
non spossessato, ovvero acquistato in buona fede diritti sul bene mobile oggetto del pegno, curando in ogni
caso il coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni normative vigenti.

ART. 12 – (Rapporti tra liquidazione giudiziale e misure penali)
1. Nell’esercizio della delega per il raccordo con le disposizioni contenute nel c.d. codice
antimafia, il Governo adotta disposizioni di coordinamento con il decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 159, stabilendo condizioni e criteri di prevalenza, rispetto alla gestione
concorsuale, delle misure cautelari adottate in sede penale, anteriormente o successivamente
alla dichiarazione di insolvenza.
2. Nell’esercizio della delega per il coordinamento con la disciplina di cui al decreto legislativo
8 giugno 2001, n. 231, ed in particolare con le misure cautelari contemplate dalla disciplina
sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni
anche prive di personalità giuridica, il Governo adotta disposizioni dirette a mantenere ferma la
prevalenza del regime concorsuale, salvo che ricorrano ragioni di preminente tutela di interessi
di carattere penale.
ART. 13 –(Modifiche al codice civile)

1. Nell’esercizio della delega il Governo apporterà al codice civile tutte le modifiche rese
necessarie dall’attuazione dei principi e criteri direttivi della presente legge, in particolare
prevedendo:
a) l’applicabilità dell’articolo 2394 alla società a responsabilità limitata e l’abrogazione dell’articolo 2394bis;

b) il dovere dell’imprenditore e degli organi sociali di istituire assetti organizzativi adeguati per la
rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi per l’adozione
tempestiva di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della
continuità aziendale;

c) l’assoggettamento alla procedura di liquidazione giudiziale come causa di scioglimento delle società di
capitali ai sensi dell’articolo 2484

d) la possibilità di sospensione dell’operatività della causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, n. 4 ed
all’articolo 2545-duodecies, nonché degli obblighi posti a carico degli organi sociali dagli articoli 2446,
secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, 2482-ter e 2486, in forza delle
misure protettive previste nell’ambito delle procedure di allerta e composizione assistita della crisi, degli
accordi di ristrutturazione dei debiti e di regolazione concordata preventiva della crisi;

e) i criteri di quantificazione del danno risarcibile nell’azione di responsabilità promossa contro l’organo di
amministrazione della società fondata sulla violazione di quanto dall’articolo 2486;

f) l’applicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 2409 alle società a responsabilità limitata, anche prive
di organo di controllo.

ART. 14 – (Liquidazione coatta amministrativa)
1. Nell'esercizio della delega per la riforma della liquidazione coatta amministrativa, il Governo si attiene,
conformemente ai principi enunciati nell’articolo 2, ai seguenti criteri direttivi:
a) applicare in via generale la disciplina concorsuale ordinaria anche alle imprese in stato di crisi o di
insolvenza attualmente soggette alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, mantenendo fermo il
relativo regime speciale solo nei casi previsti: 1) dalle leggi speciali in materia di banche ed imprese
assimilate, intermediari finanziari, imprese assicurative ed assimilate; 2) dalle leggi speciali in materia di
procedimenti amministrativi di competenza delle autorità amministrative di vigilanza, conseguenti
all’accertamento di irregolarità ed all’applicazione di sanzioni da parte delle medesime autorità;

b) attribuire alle autorità amministrative di vigilanza le competenze in tema di segnalazione dell’allerta e le
funzioni attribuite agli organismi di composizione della crisi nelle procedure di allerta e composizione
assistita della crisi di cui all’articolo 4, anche al fine di individuare soluzioni di carattere conservativo,
nonché la legittimazione alla domanda di apertura della procedura di liquidazione giudiziale di cui
all’articolo 7.

Art. 15 –(Amministrazione straordinaria)
1. Riordinare la disciplina delle amministrazioni straordinarie, in conformità ai principi generali di cui
all’articolo 2, in modo da:
a) introdurre un’unica procedura di amministrazione straordinaria, con finalità conservative del patrimonio
produttivo, diretta alla regolazione dell’insolvenza di singole imprese ovvero, alle condizioni indicate
dall’articolo 81, decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, di gruppi di imprese che, in ragione della loro
notevole dimensione, assuma un rilievo economico-sociale di carattere generale, anche sotto il profilo della
tutela occupazionale;

b) individuare i presupposti di accesso alla procedura, con riguardo all’esistenza congiunta di: 1) uno stato di
insolvenza; 2) un rilevante profilo dimensionale, da ancorare alla media del volume d’affari degli ultimi tre
esercizi; 3) un numero di dipendenti pari ad almeno 400 unità per la singola impresa ed almeno 800, da
calcolarsi cumulativamente in caso di contestuale richiesta di ammissione alla procedura di più imprese
appartenenti al medesimo gruppo di imprese; 4)
concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico
delle attività imprenditoriali;

c) stabilire che l’intero procedimento si svolga, su domanda del debitore, dei creditori, del Ministero dello
sviluppo economico o del pubblico ministero, dinanzi al tribunale sede della sezione specializzata in materia
di impresa, all’esito di una istruttoria improntata alla massima celerità, omessa ogni formalità non essenziale
al rispetto dei principi del contraddittorio e del diritto di difesa;

d) disciplinare l’operatività di misure protettive analoghe a quelle previste per il concordato preventivo, a far
tempo dalla pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accertamento dei presupposti per
l’ammissione alla procedura;

e) prevedere che il tribunale, accertati i presupposti di cui ai numeri 1), 2) e 3) della lettera b), disponga
l’apertura della procedura per l’ammissione all’amministrazione straordinaria, nominando un giudice
delegato e conferendo ad un professionista, iscritto nell’istituendo albo dei commissari straordinari,
l’incarico di attestare, entro un breve termine, la sussistenza dei presupposti per il recupero dell’equilibrio
economico delle attività imprenditoriali, alla luce del piano predisposto dal commissario straordinario;

f) stabilire che il Ministro dello sviluppo economico nomini con tempestività il commissario straordinario,
ovvero, nei casi di eccezionale complessità, tre commissari straordinari, cui sono attribuite
l’amministrazione e la rappresentanza dell’impresa insolvente, individuandoli tra gli iscritti all’istituendo
albo dei commissari straordinari, da regolamentare con predeterminazione dei requisiti di indipendenza,
professionalità, onorabilità e trasparenza, prevedendo che gli stessi possono essere successivamente revocati,
per giusta causa, dallo stesso Ministro, anche su istanza motivata del comitato di sorveglianza;

g) prevedere che il tribunale, entro due mesi dal decreto di apertura della procedura per l’ammissione
all’amministrazione straordinaria, e previa acquisizione del parere favorevole del Ministero dello sviluppo
economico, disponga con decreto l’ammissione del debitore all’amministrazione straordinaria, ove risulti
comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività
imprenditoriali, sulla base dell’attestazione del professionista nominato e del piano predisposto dal
commissario straordinario; ovvero, in alternativa, dichiari aperta la procedura di liquidazione giudiziale;

h) prevedere che per le società quotate, le imprese con almeno mille dipendenti ed un volume di affari pari
ad un multiplo significativo di quello individuato ai sensi della lettera b), numero 2), nonché le imprese
operanti nei servizi pubblici essenziali per le quali sussistano i presupposti dicui alla lettera b), il Ministro
dello sviluppo economico possa direttamente disporre, in via provvisoria, l’ammissione alla procedura di
amministrazione straordinaria, con contestuale nomina del commissario straordinario secondo i criteri di cui
alla lettera f), e che in tal caso il tribunale, accertata la sussistenza dei presupposti di cui ai numeri 1), 2) e 3)
della lettera b), confermi entro breve termine l’ammissione alla procedura medesima;

i) disciplinare le modalità di nomina, da parte del Ministro dello sviluppo economico e, quanto ai
componenti da individuare tra i creditori, da parte del tribunale, del comitato di sorveglianza, nonché la sua
composizione ed i relativi poteri, specie con riguardo alla vigilanza sugli interessi dei creditori,
sull’attuazione del programma e sulle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle
attività imprenditoriali;

l) disciplinare le modalità con cui il tribunale, su ricorso del commissario straordinario, sentito il comitato di
sorveglianza, può autorizzare: 1) la sospensione ovvero lo scioglimento dei contratti pendenti; 2) il
pagamento di crediti pregressi strategici al di fuori delle regole del riparto; 3) l’esonero dalle azioni
revocatorie per i pagamenti effettuati dall’imprenditore;

m) definire i contenuti del programma di ristrutturazione sulla base delle disposizioni di cui agli artt. 4 e 4
bis del vigente decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39,
nonché della durata dei programmi di ristrutturazione e di cessione dei complessi aziendali, assicurandone la
flessibilità in funzione delle caratteristiche dell’impresa e dei mercati di riferimento;

n) legittimare il commissario straordinario ed il comitato di sorveglianza a presentare al Tribunale istanza di
conversione dell’amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale ordinaria, in caso di mancata
realizzazione del programma ovvero di comprovata insussistenza o venir meno delle concrete prospettive di
recupero dell’equilibrio economico; attribuire analoga facoltà ad una percentuale non irrisoria dei creditori,
da esercitare non prima di un congruo termine, in modo da garantire la stabilità della procedura, nella fase
iniziale, e la effettività della tutela dei creditori;

o) disciplinare l’accesso delle imprese in amministrazione straordinaria al concordato, anche sulla base di
proposte concorrenti, in armonia con i criteri direttivi previsti dall’articolo 6;

p) estendere alla procedura di amministrazione straordinaria riguardante i gruppi di imprese i principi e
criteri direttivi di cui all’articolo 3;

q) prevedere, per quanto non altrimenti disciplinato, ed in particolare per quanto attiene all’esecuzione del
programma, che trovino applicazione i criteri ispiratori della disciplina di cui al decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 270, sostituita al fallimento la liquidazione giudiziale, e che, entro i limiti consentiti dalla normativa
dell’Unione europea, sia tenuta ferma la possibilità per lo Stato di garantire i debiti contratti dalle imprese in
amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 2-bis del decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito in
legge 3 aprile 1979, n. 95.

CAPO III
DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Art. 16 - (Invarianza finanziaria)
1. Dall’attuazione della presente legge e dei decreti legislativi da essa previsti non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, dovendosi provvedere con le
risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente.
2. In considerazione della complessità della materia trattata, che attua la riforma organica delle
discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza, e dell’impossibilità di procedere alla
determinazione degli eventuali effetti finanziari, per ciascuno schema di decreto legislativo, la
corrispondente relazione tecnica evidenzia i suoi effetti sui saldi di finanza pubblica. Qualora
uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovano
compensazione nel proprio ambito, si provvede ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge
31 dicembre 2009, n. 196.

Agenzia delle Entrate e prescrizione dei crediti

Agenzia delle Entrate e prescrizione dei crediti: cos'è, come funziona e cosa fare Cos'è la prescrizione? La prescrizione è un istit...