Nello svolgimento dell’attività di volontariato con fini di solidarietà sociale, le associazioni di volontariato spesso possiedono immobili abitativi che vengono utilizzati come strutture ricettive, utilizzate come alloggio temporaneo per persone disagiate. Tali immobili possono essere stati acquistati dall’associazione o possono essere stati donati alla stessa.
Inoltre, lo statuto dell’associazione può prevedere la possibilità non solo di acquistare immobili abitativi, ma anche di cedere a titolo gratuito gli stessi ad altre associazioni, società od enti aventi scopi analoghi di solidarietà sociale.
Per quanto concerne l’acquisto di immobili, ai sensi dell’art. 5, comma 2 della L. 266/91, le organizzazioni di volontariato prive di personalità giuridica iscritte nei registri regionali e delle Province autonome possono acquistare beni mobili registrati e beni immobili occorrenti per lo svolgimento della propria attività.
Qualora l’associazione di volontariato sia dotata di personalità giuridica e sia iscritta nei registri regionali, può, a maggior ragione, acquistare beni immobili per utilizzarli a fini istituzionali.
Sotto il profilo fiscale, si ricorda che la determinazione del reddito complessivo degli enti non commerciali residenti (art. 73, comma 1, lett. c) del TUIR) avviene in base a regole analoghe a quelle previste per le persone fisiche.
Ai sensi dell’art. 143, comma 2 del TUIR, che richiama il precedente art. 8 del TUIR, il reddito complessivo degli enti non commerciali è quindi costituito dalla sommatoria dei redditi fondiari, di capitale, di impresa e dei redditi diversi conseguiti dall’ente nel periodo d’imposta.
Tra gli immobili degli enti non commerciali produttivi di reddito fondiario sono compresi gli immobili strumentali alle attività istituzionali svolte dagli enti stessi (ossia relativi all’area di attività non commerciale). Ove vengano utilizzati quali strutture ricettive per soggetti disagiati, gli immobili si considerano strumentali allo svolgimento dell’attività di volontariato.
Pertanto, il possesso di beni immobili non destinati all’area commerciale da parte dell’ente non commerciale produce un reddito di natura fondiaria, disciplinato dagli artt. 25 ss. del TUIR. In particolare, per i fabbricati non locati, l’art. 37 comma 1 del TUIR dispone che il reddito fondiario è rappresentato dalla rendita catastale rivalutata del 5%.
Si osserva, inoltre, che le associazioni di volontariato potrebbero essere qualificate come ONLUS.
In merito alla qualifica di ONLUS, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 30, comma 5, del DL n. 185/2008, le associazioni e le altre organizzazioni di volontariato di cui alla L. n. 266/91 non sono più considerate sempre “ONLUS di diritto”, ma possono fruire del regime fiscale agevolato previsto per le ONLUS soltanto nel caso in cui svolgano esclusivamente le attività commerciali “marginali” individuate dal DM 25 maggio 1995.
Ciò detto, la summenzionata disciplina ex art. 37 del TUIR relativa agli immobili non locati opererebbe anche qualora l’associazione di volontariato fosse qualificabile come ONLUS, posto che l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che concorrono alla formazione del reddito complessivo, in base alle norme sul reddito fondiario, anche gli immobili di proprietà delle ONLUS utilizzati strumentalmente rispetto all’attività istituzionale (C.M. 28 dicembre 1999 n. 244 e risoluzione Agenzia delle Entrate 10 gennaio 2002 n. 6).
Tale impostazione è stata confermata anche nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-01699, resa in data 8 novembre 2007.
Cessione a titolo gratuito irrilevante
Con riferimento alla successiva cessione degli immobili, si osserva che l’art. 67, comma 1, lett. b), del TUIR prevede l’imponibilità delle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquisiti o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione.
L’ultimo periodo della lett. b) del citato comma 1 dell’art. 67 prevede, altresì, l’imponibilità anche delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione; in tal caso, il predetto periodo di 5 anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante.
Nessun riferimento viene fatto, invece, alla cessione a titolo gratuito degli immobili; ne consegue quindi che tale operazione, non essendo qualificabile tra i redditi diversi, risulterebbe non produttiva di plusvalenza tassabile.
L’eventuale successiva cessione dell’immobile, a titolo oneroso, ad opera dell’ente beneficiario della donazione, invece, potrebbe generare plusvalenza imponibile ai sensi del citato art. 67.