26/12/13

COME SVOLGONO LE INDAGINI FINANZIARIE

Nella prima fase gli operatori finanziari dovranno entro febbraio 2014 inviano tutti i dati all'anagrafe tributaria, con l'importo delle operazioni finanziarie che conterranno saldi iniziali e finali per ciascun anno, mentre al contrario l'amministrazione finanziaria prima  poteva disporre solo dei rapporti finanziari intrattenuti con le banche.

La normativa che consente l'indagine sui conti è prevista dal DPR 29/9/73 n.600 art. 32, comma 1, n.7, mentre il DPR 26/10/72 n. 633, art. 51, comma 2, n.7, ed oltre a DPR n. 605/73 art. 7, comma 11, con questa serie di norme si può acquisire la documentazione bancaria.

Come avviene la richiesta?

Il Direttore Regionale dell'Agenzia delle Entrate o del comandante regionale della Guardia di Finanza ai soggetti sottoposti ad accertamento può essere richiesto di rilasciare una dichiarazione dei rapporti intrattenuti negli ultimi cinque anni e gli estremi del rapporto intrattenuto.

Vi sarà una autorizzazione che sarà presentata a tutti gli istituti di credito interessati (Banche, Poste, Società di Assicurazione) per ottenere dati e notizie specifiche sui rapporti intrattenuti con i loro clienti.

I dati ottenuti saranno presi in considerazione per eventuali modifiche di quanto dichiarato dal contribuente e se non era veritiero dovrà dimostrare che ne ha tenuto conto, oppure quei dati non hanno rilevanza per motivazioni varie che devono essere fornite a pena di sanzioni. I prelevamenti sono considerati come ricavi o compensi e se il contribuente non indica chi ne ha beneficiato avrà delle problematiche comunque da risolveremo altrimenti verrà accertato un reddito maggiore.

Si possono formare anche liste di contribuenti che ricorrono costantemente nell'evadere le proprie entrate che vengono considerate persone a maggior rischio di evasione, però una sola anomalia (dipende che tipo di anomalia) non può essere spunto e base per un'indagine finanziaria.

In tal modo si cerca di ricostruire la disponibilità finanziaria del soggetto accertato al fine di rettificare le dichiarazioni già presentate, considerando attendibili o meno le entrate -accreditamenti- e passive -prelevamenti- se sono o meno considerati giusti rispetto al dichiarato, attivando anche il cosidetto contraddittorio con il contribuente.

Si devono quindi fornire spiegazioni su tutti i movimenti registrati sui conti correnti e successivamente contestati si devono rivedere quindi le distinte dei versamenti con la motivazione, per i professionisti si deve sempre agire conservando le fatture e gli scontrini.

Le anomalie possono essere sempre verificate dagli organi deputati al controllo, attraverso accertamenti ed incroci patrimoniali e dichiarazioni dei redditi, inviando al contribuente specifiche domande attraverso questionari.

La circolare delle entrate n. 24 del 31/7/2013 ha riconosciuto con lo strumento delle indagini finanziarie potrebbero esserci attività riconducibili ad attività lavorative di lavoro autonomo e ci sarà da richiedere maggiore attenzione circa la valutazione delle singole categorie di contribuenti.

Una consiglio valido che potrebbe essere di aiuto a tutti si renderebbe necessario controllare meglio il proprio conto corrente per dare delle risposte esaustive se vengono richieste informazioni, considerando che è meglio e possibile tracciare il proprio denaro pagando con bancomat e carte di credito che sono più semplici da verificare così come i bonifici bancari.

(fiscoepolitica.it e Marco Ruggeri)

01/12/13

acconti e proroghe 2013

La proroga è stata fissata al 10 dicembre 2013 (Srl e SpA) , al contrario il 2 dicembre per professionisti, ditte individuali. Questo decisione è stata presa dal Consiglio dei Ministri.
Il 16 dicembre 2013 vale solo per l'IMU non per terreni agricoli, ma solo per seconde case e per capannoni.

14/11/13

Sentenza Corte di Cassazione 30 ottobre 2013, n. 24434

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: omissis

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1146-2010 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA omissis , presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

- ricorrente -

contro

ALFATHERM SPA;

- intimato -

Nonchè da:

ALFA (omissis);

- controricorrente incidentale -

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

- intimato -

avverso la sentenza n. 86/2008 della COMM.TRIB.REG. di MILANO, depositata il 12/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/2012 dal Consigliere Dott. omissis

udito per il ricorrente l'Avvocato Z. che ha chiesto l'accoglimento;

uditi per il controricorrente gli Avvocati M. e C.che hanno chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. B. che ha concluso per l'accoglimento di entrambi i ricorsi.

Svolgimento del processo

Con sentenza 12.11.2008 n. 86 la Commissione tributaria della regione Lombardia rigettava l'appello principale proposto dall'Ufficio di Varese della Agenzia delle Entrate e l'appello incidentale proposto dalla contribuente Alfa... s.p.a., confermando la decisione di prime cure che aveva parzialmente annullato l'avviso di accertamento in rettifica impugnato dalla società, nella parte in cui recuperava a tassazione IVA, IRPEG ed IRAP per l'anno 2003 costi - ritenuti indeducibili - per interessi passivi corrisposti alle banche dalla contribuente per il finanziamento delle due operazioni di fusione condotte dalla newco Nuova Alfa... s.p.a mediante incorporazione, rispettivamente, della Nibbio s.p.a. e della Alfatherm F. s.p.a., e quindi della Alfa... Industriale s.p.a., della G. s.p.a. e della F. s.p.a., ritenendo invece legittimo l'atto impositivo quanto al recupero delle maggiori imposte dovute in relazione ad omessa contabilizzazione di componenti positivi di reddito delle società incorporate.

I Giudici territoriali condividevano gli argomenti addotti dai primi giudici secondo cui era rimasta sfornita di riscontri probatori la tesi dell'Ufficio che individuava la società contribuente come mera mandataria del Fondo di investimento statunitense, e dunque non legittimata a dedurre gli oneri del finanziamento bancario erogato alla newco Nuova Alfa.... s.p.a. per la realizzazione delle operazioni di fusione. Quanto alla impugnazione incidentale i medesimi Giudici la rigettavano essendo fondata su "elementi generici ed inconsistenti".

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la Agenzia delle Entrate deducendo due motivi, corredati di quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.

Resiste la società con controricorso e contestuale ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, corredato del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., eccependo in via pregiudiziale la inammissibilità del secondo motivo di ricorso principale.

La resistente ha depositato anche memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione

1. I fatti rilevanti.

1.1 Le premesse in fatto, non oggetto di contestazione, che hanno dato origine al rapporto tributario dedotto in giudizio vengono riassunte di seguito.

1.2 Il Fondo di investimento BCAP con sede nello Stato del Delaware (USA) stipulava in data 9.10.2002 con Plastmat International sa e Title Investments Ltd un accordo avente ad oggetto la cessione da parte di queste ultime della partecipazione relativa all'intero capitale sociale nella Nibbio s.p.a. e nella Alfa..... F. s.p.a., riservandosi la successiva nomina della persona acquirente.

In pari data il Fondo USA costitutiva la Varese Holding sarl di nazionalità lussemburghese.

In data 16.10.2002 la Varese Holding sarl costituiva la "newco" Nuova Alfa... s.p.a. - società italiana - della quale assumeva il controllo detenendo il 99,5% del capitale sociale.

La newco italiana, "nominata" quale acquirente dal Fondo USA, procedeva all'acquisizione della partecipazione totalitaria nella Nibbio s.p.a. e nella Alfatherm Finanziaria s.p.a., mediante utilizzo di mezzi finanziari propri e di finanziamenti contratti con banche e garantiti da pegno sulle azioni della società acquirente e delle società c.d. "target".

Con effetti fiscali decorrenti dall'1.1.2003 la newco procedeva ad incorporare le due società "target" mediante atto di fusione e quindi ad incorporare anche le altre società del Gruppo Alfatherm (Alfatherm Industriale s.p.a., Flexa s.p.a., Gorlex s.p.a.), successivamente modificando la originaria denominazione sociale in Alfatherm s.p.a.

In data 30 luglio 2004 la Varese Holding sarl ha ceduto la intera partecipazione nella Alfatherm s.p.a. alla Luglio s.p.a., e qualche mese dopo è stata posta in liquidazione.

1.3 L'Ufficio di Varese della Agenzia delle Entrate, in esito a verifica fiscale condotta nei confronti di Alfatherm s.p.a. e conclusa con il PVC redatto in data 11.10.2006, rilevato che la complessa operazione economica rivestiva i caratteri dello schema negoziale di diritto anglosassone del "merger leverage buyout" (che è dato ravvisare quando una società che non dispone di risorse sufficienti per acquisire la partecipazione in altra società - detta società "bersaglio": target -, ricorre, direttamente o per il tramite di altra società c.d. "veicolo" - costituita ad hoc: new company -, al finanziamento bancario, concedendo in garanzia le azioni o il patrimonio della società target, e procedendo quindi alla fusione mediante incorporazione della società target provvedendo successivamente alla restituzione della somma ed al pagamento degli interessi alla banca mutuante) ha contestato ad Alfatherm s.p.a., con riferimento alla dichiarazione presentata per l'anno 2003, "la omessa contabilizzazione dei proventi dei servizi infragruppo" coincidente (secondo quanto è dato rilevare dall'avviso di rettifica riportato in stralcio a pag. 2 e 3 del ricorso principale) con la "indeducibilità dei costi" relativi al finanziamento della operazione, di importo pari agli interessi passivi ed oneri accessori corrisposti alle banche (così sembra doversi intendere anche dalla lettura della non perspicua motivazione della sentenza della CTR: peraltro, a quanto riferito nel controricorso dalla società resistente, la originaria contestazione sulla quale era fondato l'avviso di accertamento - concernente la mancata contabilizzazione di corrispettivi al "valore normale" per prestazioni di servizi rese intragruppo ex art. 76, comma 5, attualmente art. 110, comma 7, TUIR - sarebbe stata modificata dall'Ufficio, con i motivi di gravame, nella contestazione della indeducibilità dei costi per interessi passivi bancali, in quanto ritenuti spese "non inerenti" ex art. 75, comma 5, attualmente art. 109, comma, TUIR: controricorso pag. 27), rilevando il difetto del requisito della "inerenza", atteso che tali costi erano stati di fatto accollati alle società incorporate nel Gruppo Alfatherm, mentre avrebbero dovuto essere imputati al Fondo di investimento USA quale "beneficiario ultimo" della complessa operazione, dato che su tale soggetto estero sarebbero esclusivamente gravati se lo stesso avesse condotto direttamente l'acquisto del Gruppo Alfatherm (cfr. avviso di rettifica: "I verificatori...hanno ritenuto...che gli interessi passivi e gli oneri collegati che il Fondo americano è riuscito a traslare in capo al gruppo italiano acquisito, possano essere recuperati a tassazione....I costi sostenuti dalla società verificata per erogare il servizio infragruppo....in sostanza sono stati sostenuti a vantaggio esclusivo del socio e devono pertanto essere riaddebitati al socio straniero al valore normale, da individuarsi in misura pari ai costi sostenuti (interessi e oneri accessori). Di conseguenza gli interessi e gli altri oneri rimangono assoggettati ai criteri di deducibilità vigenti nello Stato in cui ha sede il socio del gruppo acquisito..").

2. I motivi del ricorso principale.

Con il primo motivo la Agenzia delle Entrate deduce la nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Con il secondo motivo, proposto in via gradata, la ricorrente censura la sentenza di appello per vizio di insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.1 Rileva il Collegio che le contrapposte tesi in diritto sostenute dalla ricorrente e dalla resistente vertono sulla configurazione del rapporto intercorso tra:

- il Fondo USA "BACP" che attraverso il controllo totale della Varese Holding sarl di diritto lussemburghese aveva acquisito - secondo l'Agenzia - la qualità di "socio straniero del Gruppo Alfatherm" e - la newco Nuova Alfatherm s.p.a. (ridenominata dopo la fusione Alfatherm s.p.a.), costituita ad hoc dalla società lussemburghese Varese Holding sarl e da questa controllata al 99,5%.

In particolare la nuova società italiana:

a) secondo l'assunto della Agenzia ricorrente era da ritenersi una mera "scatola vuota creata al solo scopo di effettuare l'acquisto a vantaggio della controllante" - pag. 11 ricorso - ed avrebbe agito quale "mandatario" del Fondo BACP (USA) per la raccolta delle risorse finanziarie occorrenti alla operazione di acquisizione della partecipazione totalitaria del Gruppo, con la conseguenza che tale attività svolta per conto altrui veniva ad integrare una prestazione di "servizi infragruppo", ed i costi del servizio (remunerati in misura pari agli interessi passivi ed agli oneri accessori dovuti agli istituti bancali), da un lato, dovevano essere ribaltati sul Fondo di investimento USA - nel cui interesse il servizio era stato prestato, "ancorchè senza corrispettivo":

vedi ricorso pag. 19-, dall'altro dovevano figurare quale valore normale del servizio prestato dalla newco, mentre, invece, di fatto tali costi erano stati inseriti quali componenti negativi nel bilancio delle società incorporate nel Gruppo (essendo stati corrisposti gli interessi bancali -successivamente alla unificazione societaria- dal nuovo soggetto Alfatherm s.p.a.) b) secondo l'assunto della resistente, detta società, doveva, invece, essere considerata autonomo soggetto di diritto, sia rispetto alla controllante Varese Holding sarl, sia rispetto al Fondo di investimento USA (controllante la holding lussemburghese), con la conseguenza che, avendo la newco sostenuto "in proprio" i costi finanziari della operazione di fusione ed avendo acquistato "in nome proprio" le partecipazioni nelle società del Gruppo -delle quali era divenuta, pertanto, esclusiva proprietaria-, il soggetto derivato dalla fusione societaria, Alfatherm s.p.a., era pienamente legittimato a portare in deduzione i costi per interessi passivi dei mutui contratti con le banche, rimanendo d'altra parte esclusa alla radice la ipotesi di una prestazione di "servizi infragruppo" a titolo oneroso, avente ad oggetto l'acquisizione delle partecipazioni azionarie, resa a favore del Fondo controllante straniero.

2.2 Occorre ulteriormente precisare, ai fini della esatta definizione dell'oggetto del giudizio, che, come emerge dalla lettura dello stesso ricorso principale, il "thema controversum" delineato dai motivi dell'avviso di accertamento e dal ricorso introduttivo della contribuente, e successivamente "integrato" con i motivi di gravame dell'appello proposto dall'Ufficio finanziario, era costituito esclusivamente dalla questione della mancata contabilizzazione, secondo il valore normale, dei "corrispettivi per servizi infragruppo" cui corrispondeva la non "inerenza dei costi" (indeducibilità degli interessi passivi: a pag. 9 ricorso la Agenzia espone che la operazione è "elusiva del principio di inerenza" in quanto avrebbe comportato una dissociazione tra soggetto inciso dal costo e soggetto che "beneficia" dell'acquisto delle azioni del Gruppo), non essendo invece mai stata contestata dall'Ufficio finanziario la legittimità della operazione economica (cfr. ricorso, pag. 9, nota 2; ricorso pag. 15 e 20). La questione concernente la negazione della liceità del "merger leverage buyouf nel nostro ordinamento, anteriormente alla riforma del diritto societario di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003 (in vigore dall'1.1.2004), pur essendo oggetto di ampia dissertazione nel ricorso principale (la Agenzia sostiene che la Holding lussemburghese era stata costituita esclusivamente per beneficiare del regime fiscale di esenzione delle plusvalenze - al netto dei costi di finanziamento - vigente in Lussemburgo, mentre la newco italiana era stata costituita al solo fine di far gravare su di essa i componenti negativi di reddito generati dalla operazione, tra cui gli interessi passivi che altrimenti sarebbero venuti a ridurre il valore della plusvalenza esente), deve ritenersi, pertanto, del tutto estranea all'oggetto del giudizio ed alle censure proposte nei confronti della sentenza di appello, tutte esclusivamente incentrate -come emerge anche dai quesiti formulati in calce ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. - sulla carenza assoluta di motivazione nonchè sulla omessa od insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta - dai Giudici di merito - "inerenza" alla attività d'impresa di Alfatherm s.p.a. dei costi per interessi passivi, contestata invece con l'avviso di accertamento.

E' appena il caso di aggiungere inoltre come gli imprecisi riferimenti, contenuti negli atti della Agenzia fiscale, al fenomeno elusivo non valgano ex se ad estendere il "thema controversum" alla valutazione della condotta della società contribuente sotto il profilo dell'abuso del diritto: ed infatti la "elusione del principio di inerenza" in altro non si risolve che nella stessa violazione della norma tributaria che quel principio afferma (art. 75 vecchio TUIR), con la conseguenza che difetta nella specie lo stesso presupposto di configurabilità della categoria dell'abuso che prescinde proprio dalla violazione di specifiche norme tributarie e dunque dalla qualificazione di illiceità della condotta del contribuente (cfr. Corte cass. SU 23.12.2008 n. 30055 secondo cui "in materia tributaria il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici"; Corte cass. 5 sez. 21.1.2009 n. 1465; id. 5 sez. 22.9.2010 n. 20029; id. 5 sez. 20.10.2011 n. 21782; id. 5 sez. 28.6.2012 n. 10807).

2.3 Venendo ad esaminare tali censure, ritiene il Collegio infondato il primo motivo di ricorso con il quale si deduce il vizio di nullità della sentenza per assoluta carenza motivazionale.

Come noto la motivazione della sentenza si articola in una sequenza passaggi logici che possono scomporsi: 1 - nella ricognizione dei fatti rilevanti in ordine alla questione in diritto controversa; 2 - nella individuazione degli elementi probatori dimostrativi dei predetti fatti e nella selezione di quelli che si assumono decisivi ai fini del convincimento del Giudice; 3 - nella individuazione della "regula iuris" da applicare al rapporto controverso. La carenza nell'impianto motivazionale della sentenza di alcuno dei momenti logici indicati configura un vulnus al principio generale secondo cui tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati (art. 111 Cost., comma 6) che può spaziare, secondo la gravità, dal vizio logico (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) fino alla totale difformità della sentenza dal modello legale per assenza dell'indicato requisito essenziale (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 ed all'art. 118 disp. att. c.p.p., comma 1).

Più in generale deve ravvisarsi il vizio di carenza assoluta di motivazione tutte le volte in cui la sentenza non dia conto dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione (cfr. Corte cass. 5 sez. 16.7.2009 n. 16581; id. 1 sez. 4.8.2010 n. 18108) e dunque non consenta la comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, non evidenziando gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (cfr. Corte cass. 5 sez. 10.11.2010 n. 2845) ed impedendo ogni controllo sul percorso logico-argomentativo seguito per la formazione del convincimento del Giudice (cfr. Corte cass. 3 sez. 3.11.2008 n. 26426, con riferimento al ricorso ex art. 111 Cost.; id. sez. lav. 8.1.2009 n. 161).

Tali principi non risultano derogati dalla sentenza motivata "per relationem", mediante rinvio alle ragioni di diritto rinvenibili nel corpo motivazionale di un distinto atto espressamente richiamato nella sentenza (rinvio che può essere operato, tanto con riferimento alla decisione di prime cure -nel caso di sentenza di appello -, quanto - più in generale - con riferimento al contenuto dell'atto impugnato con azione costituiva ovvero al contenuto degli atti processuali di parte - nella ipotesi in cui la sentenza aderisca alle tesi giuridiche in essi sviluppate -, o ancora mediante rinvio al contenuto del verbale istruttorio, della relazione tecnica depositata dall'ausiliario o di altri documenti prodotti in giudizio): anche in tale ipotesi, infatti, la sentenza deve esplicitare l'itinerario argomentativo, ricavabile dalla integrazione dei due corpi motivazionali, attraverso il quale sono state sottoposte ad esame critico le questioni già risolte nell'atto richiamato ed è stata ritenuta la idoneità delle stesse a fornire la soluzione anche alle questioni che devono essere decise (cfr. Corte cass. 2, sez. 4.3.2002 n. 3066; id. 1 sez. 14.2.2003 n. 2196; id. 3 sez. 2.2.2006 n. 2268), incorrendo, diversamente, la sentenza nell'indicato vizio di legittimità, come accade quando il giudice non precisi affatto le ragioni del proprio convincimento rinviando, genericamente "per relationem", al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al riguardo, nè disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Corte cass. sez. lav. 21.12.2010 n. 25866).

Con specifico riferimento alla motivazione c.d. "per relationem" alla sentenza di prime cure (ipotesi che ricorre nella specie), questa Corte ha, infatti, statuito che "è legittima la motivazione della sentenza di secondo grado "per relationem" a quella di primo grado, a condizione che fornisca, comunque, sia pure sinteticamente, una risposta alle censure formulate nell'atto di appello, attraverso un iter argomentativo desumibile dalla integrazione della parte motiva delle due sentenze di merito, in altri termini a condizione e il giudice di appello dimostri in modo adeguato di avere valutato criticamente sia la pronunzia censurata che le censure proposte" (cfr. Corte cass. 2, sez. 28.1.2000 n. 985. Massima consolidata: Corte cass. SU 8.6.1998 n. 5712; id. 3 sez. 18.2.2000 n. 181; id. 1 sez. 27.2.2001 n. 2839; id. 5 sez. 12.3.2002 n. 3547; id. 5 sez. 3.2.2003 n. 1539). Solo in tale caso, pertanto, la motivazione "per relationem" -richiamando i punti essenziali della motivazione della sentenza di primo grado e confutando le censure mosse contro di essi con il gravame, attraverso un itinerario argomentativo ricavabile dalla integrazione dei due corpi motivazionali - è in grado di assolvere, in quanto elemento costitutivo della sentenza, ai requisiti minimi di validità del provvedimento giurisdizionale (cfr. Corte cass. 2, sez. 4.3.2002 n. 3066; id. 1 sez. 14.2.2003 n. 2196; id. 3 sez. 2.2.2006 n. 2268).

2.4 La sentenza di appello conclude per il rigetto della impugnazione dell'Ufficio condividendo gli argomenti svolti dai giudici di prime cure "sulla ripresa a tassazione...relativa alla omessa contabilizzazione di proventi di servizi intragruppo", argomenti che viene ad esporre, individuando le seguenti "rationes decidendi":

- Alfatherm s.p.a. ha correttamente portato in deduzione gli interessi passivi bancari in relazione ai prestiti contratti dalla newco Nuova Alfatherm s.p.a. in quanto la operazione di "merger leverage buy ouf era da ritenersi pienamente legittima alla stregua degli artt. 2501 bis e 2501 sexies c.c.

- non era stata provata la tesi dell'Ufficio secondo cui Alfatherm s.p.a. non avrebbe potuto dedurre i costi in quanto aveva operato come mera mandataria del Fondo USA, anche perchè la plusvalenza realizzata da Varese Holding sarl era stata assoggettata ad imposta negli USA;

- erano condivisibili le "perplessità" - espresse dalla contribuente e fatte proprie dai primi giudici- in ordine ai criteri con i quali era stato calcolato il "valore normale" della remunerazione dell' "ipotetico" sevizio intragruppo.

2.5 Tali specifici riferimenti alla argomentazione dei giudici di primo grado consentono di individuare la ragioni della decisione dovendo pertanto escludersi che la sentenza impugnata sia affetta dal vizio di nullità processuale denunciato dalla ricorrente, dovendo ritenersi integrato l'elemento costitutivo del provvedimento giurisdizionale indicato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4).

2.6 Il secondo motivo del ricorso principale è invece ammissibile e fondato.

2.7 L'assunto difensivo della società resistente secondo cui l'Ufficio finanziario, fondando la pretesa sulla indeducibilità degli interessi passivi per mancanza di inerenza, avrebbe immutato - con i motivi di gravame - la contestazione originariamente formulata con l'avviso di accertamento (concernente la violazione dell'art. 76, comma 5 vecchio TUIR per omessa contabilizzazione del valore del servizio intragruppo - cd. "transfer pricing", come individuato nel rapporto OCSE 1995 "transfer pricing guidelines far multinational enterprise and tax administrations"-) non impedisce l'accesso al sindacato di legittimità del motivo di ricorso, atteso che la eccezione di inammissibilità in quanto rivolta a far valere un vizio di nullità processuale della sentenza di appello per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 avrebbe dovuto costitutore specifico motivo di ricorso incidentale, avendo esplicitamente pronunciato i Giudici territoriali in merito alla legittima deduzione da parte di Alfatherm s.p.a. "degli interessi passivi corrisposti agli istituti bancari per il finanziamento alla newco Nuova Alfatherm s.p.a". Non essendo stata impugnata tale statuizione con ricorso incidentale, la questione della asserita "mutatio libelli" (determinata dall'Ufficio finanziario con i motivi di gravame) rimane definitivamente sanata in conformità al principio di conversione delle nullità processuali in motivi di impugnazione di cui all'art. 161 c.p.c.

2.8 Tanto premesso, e considerato che il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, denunziabile per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, postula che il giudice di merito abbia formulato un errato apprezzamento nel senso che, dopo avere percepito un fatto di causa negli esatti termini materiali in cui è stato prospettato dalla parte, abbia omesso del tutto di valutarlo, così che l'omissione venga a risolversi in un implicito accertamento negativo della rilevanza del fatto stesso, ovvero lo abbia valutato ma in modo insufficiente o illogico (cfr. Corte cass. 3, sez. 8.9.2006 n. 19298), occorre verificare la coerenza della risposta fornita dalla CTR lombarda ai motivi di gravame formulati dall'Ufficio appellante.

A tal fine va rilevato che sulla base della complessa esposizione dei fatti storici nei quali si è sviluppata la operazione economica - sopra descritti al paragrafo 1.2 della motivazione- l'Amministrazione finanziaria aveva inteso confutare gli argomenti addotti dal primo giudice evidenziando -come riassunto dalla stessa ricorrente a pag.

19 del ricorso principale- la "stretta connessione esistente tra costo sostenuto dalla newco e vantaggio conseguito dal suo socio (ndr. il Fondo di investimento USA) rappresentato dall'acquisto, di fatto, di una nuova partecipazione", circostanza che "consente fondatamente di ritenere che la newco ha prestato un servizio, ancorchè senza corrispettivo, nei confronti di chi, per l'appunto trae un effettivo vantaggio dall'operazione", da cui deriverebbe - secondo la ricorrente- il difetto di inerenza ex art. 75, comma 5 TUIR (attuale art. 109, comma 5 TUIR) dei costi per interessi passivi, in quanto costi non riferibili ad attività dirette alla produzione di reddito della impresa che li ha sostenuti, ma ad attività volte esclusivamente a realizzare vantaggi economici a favore di terzi (e cioè del Fondo di investimento USA).

2.9 Orbene il nucleo fondante la decisione della CTR è incentrato esclusivamente:

a) sulla riconosciuta liceità delle operazioni denominate "merger leverage buyout" alla stregua degli artt. 2501 bis e 2501 sexies c.c.;

b) sulla condivisione delle conclusioni raggiunte dai primi giudici in ordine alla insufficienza di prova circa la qualificazione come contratto di mandato del rapporto giuridico tra Alfatherm s.p.a. e Fondo di investimento BACP ed alle perplessità concernenti la determinazione del valore norale del servizio prestato dalla società italiana al Fondo statunitense BACP. 2.10 Orbene la ratio decidendi sub a) risulta del tutto incoferente rispetto al thema controversum devoluto con la impugnazione alla cognizione dei Giudici di appello atteso che -indipendentemente dalla inapplicabilità "ratione temporis" delle norme del codice civile introdotte con la riforma del D.Lgs. n. 6 del 2003 - alcuna contestazione era stata mossa dall'Ufficio in ordine alla legittimità dello schema negoziale utilizzato per la operazione economica, essendo stata formulata la critica alla sentenza di primo grado in relazione ai criteri legali di accertamento della inerenza dei costi deducibili.

Quanto alle altre ragioni della decisione, i Giudici di appello, da un lato, si sono limitati a riportare gli esiti della valutazione probatorio condotta dai primi giudici, omettendo completamente, tuttavia, di indicare gli elementi probatori e gli argomenti giuridici a sostegno di tali "conclusioni e perplessità" fatte proprie dalla CTR, dall'altro hanno omesso del tutto di indagare e valutare se, in relazione agli elementi fattuali caratterizzanti la fattispecie concreta (il Fondo di investimento statunitense aveva proceduto alla costituzione di due società "veicolo" - cd. Newco - dalla stessa controllate: la società lussemburghese costituita al fine di beneficiare del regime di esenzione fiscale del Lussemburgo previsto per la plusvalenza realizzata dalla cessione a Luglio s.p.a.

della partecipazione totalitaria in Alfatherm s.p.a. -e cioè dell'intero Gruppo acquistato dalla newco Nuova Alfatherm s.p.a. ed incorporato mediante la fusione in Alfatherm s.p.a. -; la società italiana - Nuova Alfatherm s.p.a. controllata dalla prima newco - costituita al solo fine di incentrare su tale soggetto i componenti negativi della operazione costituiti dagli interessi passivi bancari, integralmente portati in deduzione dalle società italiane del Gruppo) venisse o meno ad essere alterato il criterio di inerenza della spesa deducibile e cioè se la dissociazione tra il soggetto che sosteneva i costi per interessi passivi (Alfatherm s.p.a.) e quello che aveva realizzato il risultato economico connesso alla operazione (Fondo investimento BACP), potesse o meno incidere sulla stessa imputabilità degli interessi passivi all'esercizio della attività economica svolta dalle società incorporate nel Gruppo Alfatherm, atteso che la deduzione di componenti negativi del reddito presuppone necessariamente, ai sensi dell'art. 75, comma 5 vecchio TUIR, una relazione di "inerenza" tra i costi ed i "ricavi o gli altri proventi" cui è diretta l'attività economica svolta da una medesima società.

2. Il Pertanto la motivazione della sentenza impugnata, che deve essere cassata, incorre nel vizio di legittimità denunciato ed il Giudice del rinvio dovrà accertare se la complessa vicenda negoziale possa o meno essere considerata unitariamente come operazione diretta alla realizzazione, da parte del Fondo BACP, della plusvalenza derivata dalla cessione - finale - della partecipazioni societarie acquisite dalla newco italiana (controllata dalla newco lussemburghese a sua volta controllata dal Fondo BACP); se gli oneri per interessi passivi contratti con le banche siano o meno gravati effettivamente sul bilancio della newco italiana ovvero se alla estinzione dei finanziamenti tale società abbia provveduto con provviste assegnate direttamente o indirettamente dal predetto Fondo;

se nel primo caso gli oneri per interessi passivi sostenuti dalla newco italiana possano qualificarsi come "inerenti" alle attività economiche in concreto svolte dalla newco.

3. Esame del motivo del ricorso incidentale.

3.1 Deve ritenersi fondato il ricorso incidentale proposto dalla società avverso la medesima sentenza d'appello per vizio di carenza assoluta di motivazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 3 e 4, art. 132 c.p.c., n. 4) ed art. 111 Cost., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Con riferimento ai motivi di gravame dell'appello incidentale (pag. 8 controricorso) concernenti i capi della sentenza di primo grado che avevano dichiarato legittimo l'avviso di accertamento relativamente alle riprese effettuate in ordine alla indeducibilità di altri costi (indicati ai punti da 1 a 4 a pag. 6 del controricorso), i Giudici di appello si sono limitati, infatti, a statuire il rigetto in base ad una affermazione meramente apodittica ("La Commissione non ritiene fondato l'appello incidentale proposto dalla contribuente, essendo lo stesso basato su elementi generici ed inconsistenti") che rende del tutto inesplicate le ragioni delle decisioni ed incorre pertanto nella censura stigmatizzata nei precedenti di questa Corte richiamati al paragrafo 2.3 della presente motivazione.

3.2 La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata in parte qua, con rinvio alla CTR affoinchè assolva all'obbligo di motivazione in ordine ai motivi del gravame incidentale.

4. In conclusione, accolto il ricorso principale quanto al secondo motivo (infondato il primo motivo) ed accolto il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della medesima Commissione tributaria della regione Lombardia affinchè provveda ad emendare i vizi di legittimità riscontrati, liquidando all'esito le spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

- accoglie il ricorso principale ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della medesima Commissione tributaria della regione Lombardia affinchè provveda ad emendare i vizi di legittimità riscontrati, liquidando all'esito le spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2013

03/11/13

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - SENTENZA 2 luglio 2013, n.16559

Motivi della decisione

1) Preliminarmente si rileva che, in considerazione della diversità delle sentenze impugnate e dell'oggetto dei rispettivi giudizi, non si ravvisa l'opportunità di disporre la riunione -sollecitata dai ricorrenti e del P.G. - del presente procedimento con quello n. 13525/2006, chiamato a questa stessa udienza.
Si rammenta, al riguardo, che la riunione delle impugnazioni, mentre è obbligatoria, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., ove investano lo stesso provvedimento, può essere invece facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l'eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie. (Cass. Sez. Un. 23-1-2013 n. 1521).

2) Con l'unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 177 c.c., in relazione all'art. 102 cpc.

Sostiene che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che tra la M. e le parti del giudizio di risoluzione contrattuale (G.S. e P.M. ), definito con sentenza passata in giudicato, vi fosse un litisconsorzio necessario. Deduce, infatti, che il coniuge beneficiario ex lege degli effetti traslativi del contratto non è litisconsorte necessario nelle controversie relative alla validità ed efficacia dell'atto di acquisto, subendo solo indirettamente le eventuali pronunce sfavorevoli emesse nei confronti del coniuge contraente.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha avuto modo di precisare che, qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell'atto è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto, mentre non può ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto (Cass. Sez. Un. 23-4-2009 n. 9660; Cass. Sez. Un. 22-4-2010 n.9523; (Cass. 29-1-2013 n. 2082).

Pertanto, per stabilire se, nell'ipotesi in cui l'atto acquisitivo o l'atto di alienazione sia stato concluso da uno solo dei coniugi, sia necessaria o meno l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'altro coniuge, deve valutarsi se la decisione richiesta incida direttamente sull'atto oppure sul diritto. Nel primo caso, i soggetti legittimati a partecipare al giudizio vanno individuati in base al contenuto dell'atto, e, quindi, nei soggetti che hanno partecipato alla conclusione del contratto di alienazione del bene immobile, anche se tale contratto ha generato un rapporto, di cui è divenuto per legge contitolare il coniuge in regime di comunione dei beni, rimasto estraneo alla sua stipulazione. Tale soggetto, infatti, non può ritenersi litisconsorte necessario in un giudizio diretto ad ottenere la dichiarazione di nullità o l'annullamento o la dichiarazione di inefficacia dell'atto soltanto perché in virtù degli effetti dell'atto stesso è divenuto parte del rapporto che ne è derivato, rimanendo pur sempre detto rapporto condizionato, quanto alla sua nascita ed alla sua conservazione da parte del coniuge in comunione legale, dalla esistenza o meno dei requisiti di validità o dai limiti di efficacia dell'atto al quale il medesimo è rimasto estraneo. Al contrario, nel caso in cui l'azione esercitata incida direttamente e immediatamente sul diritto derivato dall'atto stipulato da uno solo dei coniugi in comunione legale, sussiste l'esigenza del litisconsorzio nei confronti dell'altro coniuge.

Alla luce degli enunciati principi, deve escludersi che, in riferimento all'azione di risoluzione per inadempimento di un atto di compravendita, promossa dall'alienante nei confronti dell'acquirente, sussista un'ipotesi di litisconsorzio necessario del coniuge in comunione legale di quest'ultimo, rimasto estraneo alla stipulazione del contratto.

Si osserva, al riguardo, che l'azione in parola, essendo destinata, sia pure per un fatto sopravvenuto, a travolgere ogni effetto del contratto, incide direttamente su tale atto e non sui diritti che da esso sono sorti anche in favore del coniuge non stipulante. In essa, infatti, non si controverte sul diritto di proprietà derivato dal contratto nella sfera giuridica di entrambi i coniugi e sul bene in sé, bensì sul comportamento inadempiente del soggetto che ha stipulato l'atto, pur avendo l'accoglimento della domanda ripercussioni sul permanere dell'effetto traslativo della proprietà prodottosi anche in favore del coniuge in comunione rimasto estraneo alla formazione del contratto: quest'ultimo, così come ha visto ope legis estendere nei suoi confronti, ai sensi dell'art. 177 lett. a) c.c., gli effetti dell'atto traslativo, pur non avendo preso parte alla sua stipulazione, allo stesso modo deve subire gli effetti connessi alla pronuncia di risoluzione, destinata a travolgere l'atto nella sua interezza, e non solo per la parte spettante in proprietà all'effettivo contraente.

Nella specie, pertanto, erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto che M.F. , quale coniuge di G.S. in regime di comunione legale, fosse litisconsorte necessaria in relazione all'azione di risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita del 3-12-1984, proposta da P.M. nei confronti del G. ed ha, conseguentmente, accolto l'opposizione di terzo proposta dalla predetta avverso la sentenza passata in giudicato, resa nel relativo giudizio, svoltosi senza la sua partecipazione.

Per le ragioni esposte, infatti, il trasferimento automatico alla comunione, ex art. 177 lett. a) c.c., dell'immobile acquistato individualmente dal G. durante il matrimonio, rimaneva condizionato, quanto alla sua nascita ed alla sua conservazione, dalla sussistenza delle condizioni di validità ed efficacia dell'atto di acquisto posto in essere dal coniuge contraente con il terzo; sicché unico legittimato a stare in giudizio, in relazione alla domanda di risoluzione contrattuale avente ad oggetto l'immobile in questione, era il G. , che aveva stipulato l'atto di compravendita.

Di conseguenza, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata. Non occorrendo nuovi accertamenti di fatto, questa Corte, ai sensi dell'art. 384 comma 2 cpc, può pronunciare nel merito, rigettando l'opposizione di terzo proposta dalla M. .

In considerazione della peculiarità della questione trattata, per la quale non constano precedenti specifici, sussistono giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese sia del presente grado che di quello di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e, pronunciando nel merito, rigetta l'opposizione di terzo proposta da M.F..

Compensa le spese del presente grado e di quello di merito.

29/10/13

LA POSSIBILITA' PER GLI EX MINIMI DI TRASFERIRSI, NEL REGIME SUPER SEMPLIFICATO.

E' doveroso verificare che ci siano le condizioni di cui alla legge 244/07, art. 1, comma 99 che così recita:
a) le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell'imposta sul valore aggiunto; 
b) i soggetti non residenti; 
c) i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all'articolo 10, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e di mezzi di trasporto nuovi di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427; 
d) gli esercenti attività d'impresa o arti e professioni in forma individuale che contestualmente partecipano a società di persone o associazioni di cui all'articolo 5 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all'articolo 116 del medesimo testo unico.
Comma 100:
I contribuenti minimi non addebitano l'imposta sul valore aggiunto a titolo di rivalsa e non hanno diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti anche intra-comunitari e sulle importazioni. I medesimi contribuenti, per gli acquisti intra-comunitari e per le altre operazioni per le quali risultano debitori dell'imposta, integrano la fattura con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta, che versano entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.
Comma 101:
L'applicazione del regime di cui ai commi da 96 a 117 comporta la rettifica della detrazione di cui all'articolo 19-bis2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. La stessa rettifica si applica se il contribuente transita, anche per opzione, al regime ordinario dell'imposta sul valore aggiunto. Il versamento è effettuato in un'unica soluzione, ovvero in cinque rate annuali di pari importo senza applicazione degli interessi. La prima o unica rata è versata entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sul valore aggiunto relativa all'anno precedente a quello di applicazione del regime dei contribuenti minimi; le successive rate sono versate entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sostitutiva di cui al comma 105 del presente articolo. Il debito può essere estinto anche mediante compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Comma 102: 
Nella dichiarazione relativa all'ultimo anno in cui è applicata l'imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari si tiene conto anche dell'imposta relativa alle operazioni indicate nell'ultimo comma dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per le quali non si è ancora verificata l'esigibilità.
Comma 103:
L'eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione, presentata dai contribuenti minimi, relativa all'ultimo anno in cui l'imposta sul valore aggiunto è applicata nei modi ordinari può essere chiesta a rimborso ai sensi dell'articolo 30, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Comma 104:
I contribuenti minimi sono esenti dall'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Il reddito di impresa o di lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'attività di impresa o dell'arte o della professione; concorrono, altresì, alla formazione del reddito le plusvalenze e le minusvalenze dei beni relativi all'impresa o all'esercizio di arti o professioni. I contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell'impresa familiare fiscalmente a carico, ai sensi dell'articolo 12 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il titolare non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi, si deducono dal reddito determinato ai sensi del presente comma.
Comma 105:
Sul reddito determinato ai sensi del comma 104 si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 20 per cento. Nel caso di imprese familiari di cui all'articolo 5, comma 4, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, l'imposta sostitutiva, calcolata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari, è dovuta dall'imprenditore. Si applicano le disposizioni in materia di versamento dell'imposta sui redditi delle persone fisiche.
Comma 106:
I componenti positivi e negativi di reddito riferiti a esercizi precedenti a quello da cui ha effetto il presente regime, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 che consentono o dispongono il rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell'esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime solo per l'importo della somma algebrica delle predette quote eccedente l'ammontare di 5.000 euro. In caso di importo non eccedente il predetto ammontare di 5.000 euro, le quote si considerano azzerate e non partecipano alla formazione del reddito del suddetto esercizio. In caso di importo negativo della somma algebrica lo stesso concorre integralmente alla formazione del predetto reddito.
Comma 107:
Le perdite fiscali generatesi nei periodi d'imposta anteriori a quello da cui decorre il regime dei contribuenti minimi possono essere computate in diminuzione del reddito determinato ai sensi dei commi da 96 a 117 secondo le regole ordinarie stabilite dal citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Comma 108:
Le perdite fiscali generatesi nel corso dell'applicazione del regime dei contribuenti minimi sono computate in diminuzione del reddito conseguito nell'esercizio d'impresa, arte o professione dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza in essi. Si applicano, ove ne ricorrano le condizioni, le disposizioni dell'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
Comma 109:
Ai fini delle imposte sui redditi, fermo restando l'obbligo di conservare, ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, i documenti ricevuti ed emessi, i contribuenti minimi sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili. La dichiarazione dei redditi è presentata nei termini e con le modalità definiti nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, i contribuenti minimi sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli altri obblighi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali e di certificazione dei corrispettivi. I contribuenti minimi sono, altresì, esonerati dalla presentazione degli elenchi di cui all'articolo 8-bis, comma 4-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni.
Comma 110:
I contribuenti minimi possono optare per l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari. L'opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata. In deroga alle disposizioni del presente comma, l'opzione esercitata per il periodo d'imposta 2008 può essere revocata con effetto dal successivo periodo d'imposta; la revoca è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata.
Comma 111:
Il regime dei contribuenti minimi cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui viene meno una delle condizioni di cui al comma 96 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 99. Il regime cessa di avere applicazione dall'anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti superano il limite di cui al comma 96, lettera a), numero 1), di oltre il 50 per cento. In tal caso sarà dovuta l'imposta sul valore aggiunto relativa ai corrispettivi delle operazioni imponibili effettuate nell'intero anno solare, determinata mediante scorporo ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 per la frazione
d'anno antecedente il superamento del predetto limite o la corresponsione dei predetti compensi, salvo il diritto alla detrazione dell'imposta sugli acquisti relativi al medesimo periodo. La cessazione dall'applicazione del regime dei contribuenti minimi, a causa del superamento di oltre il 50 per cento del limite di cui al comma 96, lettera a), numero 1), comporta l'applicazione del regime ordinario per i successivi tre anni.
Comma 112:
Nel caso di passaggio da un periodo di imposta soggetto al regime previsto dai commi da 96 a 117 a un periodo di imposta soggetto a regime ordinario, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, i ricavi, i compensi e le spese sostenute che, in base alle regole del regime di cui ai predetti commi, hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella determinazione del reddito dei periodi di imposta successivi ancorché di competenza di tali periodi; viceversa quelli che, ancorché di competenza del periodo soggetto al regime di cui ai citati commi, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo, assumono rilevanza nei periodi di imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime di cui ai medesimi commi. Corrispondenti criteri si applicano per l'ipotesi inversa di passaggio dal regime ordinario di tassazione a quello previsto dai commi da 96 a 117. Con i provvedimenti di cui al comma 115 possono essere dettate disposizioni attuative del presente comma.
Comma 113:
I contribuenti minimi sono esclusi dall'applicazione degli studi di settore di cui all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
Comma 114:
Per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive. In caso di infedele indicazione da parte dei contribuenti minimi dei dati attestanti i requisiti e le condizioni di cui ai commi 96 e 99 che determinano la cessazione del regime previsto dai commi da 96 a 117, le misure delle sanzioni minime e massime stabilite dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono aumentate del 10 per cento se il maggior reddito accertato supera del 10 per cento quello dichiarato. Il regime dei contribuenti minimi cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno una delle condizioni di cui al comma 96 ovvero si verifica una delle fattispecie indicate al comma 99. Il regime cessa di avere applicazione dall'anno stesso in cui l'accertamento è divenuto definitivo, nel caso in cui i ricavi o i compensi definitivamente accertati superino il limite di cui al comma 96, lettera a), numero 1), di oltre il 50 per cento. In tale ultimo caso operano le disposizioni di cui al terzo periodo del comma 111.
Comma 115:
Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono dettate le disposizioni necessarie per l'attuazione dei commi da 96 a 114. Con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità applicative, anche in riferimento a eventuali modalità di presentazione della dichiarazione diverse da quelle previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
Comma 116:
Sono abrogati l'articolo 32-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'articolo 14 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e l'articolo 3, commi da 165 a 170, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. I contribuenti che hanno esercitato l'opzione di cui all'articolo 32-bis, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, possono applicare le disposizioni di cui ai commi da 96 a 117 del presente articolo, per il periodo d'imposta 2008, anche se non è trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime normale previsto dalla predetta disposizione. In tal caso la revoca di cui all'ultimo periodo del predetto articolo 32-bis, comma 7, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata e si applicano le disposizioni di cui al comma 101 del presente articolo. All'articolo 41, comma 2-bis, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, le parole: «che applicano il regime di franchigia di cui all'articolo 32-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» sono sostituite dalle seguenti: «che applicano, agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, il regime di franchigia».
Comma 117:
Le disposizioni di cui ai commi da 96 a 116 si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2008. Ai fini del calcolo dell'acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuto per l'anno in cui avviene il passaggio dal regime ordinario di tassazione a quello previsto per i contribuenti minimi, non si tiene conto delle disposizioni di cui ai commi da 96 a 116. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del periodo precedente, nel caso di imprese familiari di cui all'articolo 5, comma 4, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, l'acconto è dovuto dal titolare anche per la quota imputabile ai collaboratori dell'impresa familiare.

RIF. ALLA LEGGE 98/2011

Restrizioni a quei contribuenti che avendo chiuso la partita dei minimi possono passare con la possibilità della legge 98/2011, art. 27 (v. all. Legge 98/2011) al proseguimento dell'attività con le stesse caratteristiche della precedente, ma con restrizioni più marcate.

Il comma 1 della Legge 98/2011 recita così : "...per favorire la costituzione di nuove imprese da parte di giovani ovvero di coloro che perdono il lavoro e, inoltre, per favorire la costituzione di nuove imprese, gli attuali regimi forfettari sono riformati e concentrati in funzione di questi obiettivi. Conseguentemente, a partire dal 1° gennaio 2012, il regime di cui all’articolo 1, commi da 96 a 117, della  legge 24 dicembre 2007, n. 244, si applica, per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche: a) che intraprendono un’attività d’impresa, arte o professione; b) che l’hanno intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007. L’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali prevista dal comma 105 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 è ridotta al 5 per cento. Il regime di cui ai periodi precedenti è applicabile anche oltre il quarto periodo di imposta successivo a quello di inizio dell’attività ma non oltre il periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età."

Al comma 2 della Legge 98/2011 potete osservare come siano più evidenti le restrizioni: il contribuente non deve aver esercitato nei tre anni precedenti; l'attività da esercitare non deve costituire prosecuzione dell'attività precedente; se si prosegue altra attività d'impresa svolta da altro soggetto i ricavi del periodo d'imposta precedente non devono superare il limite di trenta mila euro.

Il comma 3 della Legge 98/2011 è proprio specifico per quei contribuenti che dal 1° gennaio 2012, non si trovavano più nelle condizioni per poter proseguire con il precedente regime di vantaggio.

La prima possibilità è data dal rientro nella categoria degli ex minimi o regime super semplificato attraverso l'art. 27, comma 3, del D.L. 98/2011 solo per i contribuenti che dal 1° gennaio 2012, non sono più nelle condizioni di fruire del regime di vantaggio.
Pertanto chi rientra nella legge dai commi da 96 a 99 si può accedere al nuovo regime super-semplificato DL 98/2011, art. 27, comma 3. 
Vi è stato inoltre un provvedimento del direttore Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2011 n. 185820/2011 in cui si specifica che possono avere tale regime le seguenti categorie:
1- contribuenti che non possono avere il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità;
2- chiunque fuoriesca dal regime dei minimi per decorrenza dei termini;
3- il contribuente può usufruire del regime supersemplificato senza alcuna formalità;
4- si devono conservare i requisiti della L. 244/2007 ricavi non superiori ai trenta mila euro;
5- i lavoratori autonomi applicano il regime di cassa;
6- le imprese applicano il regime di competenza e devono essere molto analitici ad esempio sviluppando il calcolo con tale meccanismo: ricavi meno costi, poi si sottraggono gli oneri deducibili ex art. 10 tuir, ed infine si applica l'aliquota progressiva e le relative addizionali Irpef.

I vantaggi sono:
- esonerati dagli obblighi di registrazione ai fini imposte indirette e delle dirette;
- dai versamenti periodici dell'Iva;
- dalla presentazione della dichiarazione IRAP.

Gli adempimenti che rimangono sono:
- conservazione dei documenti;
- fatturazione operazioni attive;
- obblighi di  certificazione dei corrispettivi;
- studi di settore valgono e devono essere compilati.

24/10/13

Corte di Cassazione, sez. Lavoro

Corte di Cassazione, sez. Lavoro Sentenza 21 maggio - 2 settembre 2013, n. 20085 
Presidente: omissis – Relatore : omissis 
Svolgimento del processo 

Con sentenza del 9/7 - 5/8/09 la Corte d'appello di Potenza, nel pronunziarsi sull'impugnazione proposta da S. G., C. S. ed A. F. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Matera che aveva respinto la loro domanda diretta alla condanna della M. s.r.l. alla restituzione delle somme per scatti di anzianità dalla medesima indebitamente recuperate dopo il loro iniziale riconoscimento, ha dichiarato estinto il giudizio nei confronti dell'A. per intervenuta rinunzia, mentre ha accolto il gravame in favore degli altri due dipendenti, condannando, di conseguenza, la società appellata al pagamento degli importi di cui era risultata debitrice. La Corte ha spiegato che per prassi aziendale, accertata all'esito dell'istruttoria, tali emolumenti erano entrati a far parte della retribuzione in ragione della loro stabilità e continuità, con conseguente illegittimità del loro recupero da parte della datrice di lavoro. 
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la M. s.r.l. che affida l'impugnazione a due motivi di censura. 
Resistono con controricorso S. G. e S. C.. La ricorrente deposita, altresì, memoria. 

Motivi della decisione 

Col primo motivo, dedotto per omessa ed insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 1340, 1374 e 2077 cod. civ., la ricorrente società contesta il ricorso, da parte dei giudici d'appello, al criterio dell'uso aziendale per la giustificazione del mantenimento degli scatti biennali di anzianità. Al riguardo la ricorrente evidenzia che si era limitata esclusivamente a riconoscere al personale lo stesso trattamento economico praticato dalla precedente datrice di lavoro "A.G." s.r.l, aggiungendo il computo degli scatti maturati in corso di rapporto e finendo, in tal modo, per attribuire ai dipendenti un numero di scatti superiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale di settore, senza che tutto ciò autorizzasse ad intravvedere nella fattispecie una ipotesi di prassi aziendale come erroneamente intesa dalla Corte di merito. 
Col secondo motivo, formulato per violazione e falsa applicazione dell'art. 8 del "CCNL Grafici Industria", la ricorrente evidenzia che i giudici d'appello hanno omesso di considerare che la norma collettiva in questione pone un limite massimo nel riconoscimento degli scatti di anzianità, stabilendo che l'aumento in cifra fissa deve essere contenuto fino ad un massimo di cinque bienni. Il ricorso è infondato. 
Invero, nel motivare il proprio convincimento sull'esistenza di una preassi aziendale favorevole ai dipendenti, la Corte di merito ha spiegato, con argomentazioni congrue che sfuggono ai rilievi di legittimità, che i lavoratori avevano fatto chiaro riferimento sia agli scatti di anzianità maturati con la precedente datrice di lavoro, come risultanti dalle buste paga, che a quelli ininterrottamente corrisposti per ben sette anni, in base al loro calcolo effettuato al momento del passaggio dalla società A.G. s.r.l. alla M. s.r.l.; inoltre, era significativa pure la circostanza per la quale proprio nel periodo del passaggio alle dipendenze della nuova datrice di lavoro si era fatto riferimento alla locuzione "scatti congelati" contenuta nelle precedenti buste paga; infine, da tutte le buste paga prodotte si ricavava che il calcolo era stato eseguito mantenendo l'importo maturato a titolo di scatti di anzianità e prevedendosi cambi di scatto biennali, per cui era da ritenere che tali emolumenti erano entrati a far parte della retribuzione in ragione della loro stabilità e continuità, con conseguente illegittimità del loro recupero da parte della datrice di lavoro. 
Tanto premesso, occorre aggiungere che il ricorso, da parte dei giudici d'appello, al criterio dell'uso aziendale più favorevole al lavoratore è conforme all'indirizzo interpretativo espresso al riguardo da questa Corte. 
Infatti, con sentenza della Sezione Lavoro di questa Corte n. 8342 dell'8/4/2010, si è statuito che "la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti che si traduca in trattamento economico o normativo di maggior favore rispetto a quello previsto dai contratti (individuali e collettivi) integra, di per sé, gli estremi dell'uso aziendale, il quale, in ragione della sua appartenenza al novero delle cosiddette fonti sociali - tra le quali vanno considerati sia i contratti collettivi, sia il regolamento d'azienda e che sono definite tali perché, pur non costituendo espressione di funzione pubblica, neppure realizzano meri interessi individuali, in quanto dirette a conseguire un'uniforme disciplina dei rapporti con riferimento alla collettività impersonale dei lavoratori di un'azienda - agisce sul piano dei singoli rapporti individuali allo stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale. Ne consegue che ove la modifica "in melius" del trattamento dovuto ai lavoratori trovi origine nell'uso aziendale, ad essa non si applica né l'art. 1340 cod. civ. - che postula la volontà, tacita, delle parti di inserire l'uso o di escluderlo - né, in generale, la disciplina civilistica sui contratti - con esclusione, quindi, di un'indagine sulla volontà del datore di lavoro e dei sindacati - né, comunque, l'art. 2077, comma secondo, cod. civ., con la conseguente legittimazione delle fonti collettive (nazionali e aziendali) di disporre una modifica "in peius" del trattamento in tal modo attribuito." (conf. a Cass. Sez. Un. n. 26107 del 13/12/2007 e a Cass. Sez. lav. n. 17481 del 28/7/2009) Pertanto, il ricorso va rigettato. 
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo con loro attribuzione all'avv. V. S. dichiaratosi antistatario. 

P.Q.M. 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese nella misura di € 3000,00 per compensi professionali e di € 50,00 per esborsi, oltre accessori di legge, con attribuzione al legale.

15/10/13

BLACK LIST OPERAZIONI PER SPESOMETRO

Le operazioni della della Black list per gli operatori presenti in questi paesi, sono comunicate nel canestro denominato (BL).
Le persone che hanno già comunicato trimestralmente e mensilmente non devono essere comunicate poichè già monitorate.
Sempre queste operazioni inferiori a 500 € che non sono state comunicate periodicamente, sembrano escluse almeno da quanto riportato dalle istruzioni.
Oltre alle importazioni ed esportazioni che sono escluse, si aggiungono tutte quelle operazioni effettuate dal modello Intra (escluso quindi l'art. 9 del DPR 633/72 operazioni internazionali) che devono essere scritte nel modello al netto dei diritti doganali.
Nel quadro (FN) vanno scritte le operazioni con le persone non residenti il quale sottolinea le indicazioni come le generalità dei clienti o dei fornitori.
Le fatture inerenti la contabilità separata, possono essere riportate per l'intera somma, anche se nella stessa contabilità rimangono divise le operazioni.
Le fatture del quarto trimestre del 2012 vanno indicate, per i trasportatori, nel modello di comunicazione del 2013.
Nello spesometro vengono esclusi i contribuenti minimi, gli agricoltori esonerati dal volume di affari non superiore a sette mila euro e la decorrenza è dal 2013 almeno da quanto si apprende dal D.L. 179/12.
Esclusione dallo spesometro anche per le assicurazioni art. 10 del DPR 633/72, e coloro i quali sono dispensati dalla fatturazione (36/bis) questi non comunicano le operazioni finanziarie ed assicurative, al contrario devono segnalare le altre operazioni.
I clienti dei contribuenti minimi devono elencare le fatture ricevute e fuori campo Iva.

Agenzia delle Entrate e prescrizione dei crediti

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