20/09/13

Dal 1° ottobre 2013 non si procederà più alla separata indicazione nel quadro RF di Unico SC 2013 e...

spesometro infatti la Repubblica di San Marino non rientra tra gli Stati considerati a regime fiscale privilegiato ai fini della deducibilità dei costi prevista dall’articolo 110, commi da 10 a 13-bis del Tuir, però rientra tra gli Stati per i quali è necessario effettuare la comunicazione, da parte dei soggetti passivi Iva, dei dati relativi alle operazioni effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi black list (articolo 1 del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito dalla Legge 22 maggio 2010, n. 73).

Per cui gli acquisti da San Marino non andranno indicati separatamente nel quadro RF del modello Unico società di capitali, mentre vanno segnalati, ai fini Iva, con l’apposita comunicazione. 

Per completezza San Marino è considerato un Paese fiscalmente privilegiato, ai fini dell'applicazione dell'articolo 2, comma 2-bis, del Tuir, con conseguente inversione dell’onere della prova per i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti a San Marino, che devono, così, provare di essere effettivamente residenti a San Marino. 

Il Tuir dice che l’analisi delle disposizioni contenute nell’articolo 110, commi da 10 a 12-bis, del D.P.R. 917/1986, evidenziano la non deducibilità e l’obbligo di separata indicazione in dichiarazione delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti, o anche localizzate in Stati o territori con regime fiscale privilegiato inoltre dalle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in detti Stati o territori. Nel caso di San Marino non si applica, dunque non va distintamente indicato, l’importo degli acquisti nel quadro RF. 

Lo spesometro sostituisce la comunicazione periodica dal 1° ottobre 2013. Per quel che concerne gli acquisti da San Marino e in particolare nel caso in cui il cedente residente a San Marino emetta fattura senza addebito d' IVA al soggetto italiano, quest’ultimo è tenuto a liquidare l’imposta in base al disposto del D.P.R. 633/1972,all’articolo 17, c. 3  , oppure (aggiungendo) l’IVA sull’originale della fattura vidimata 
dall’Ufficio Tributario sammarinese, una volta ricevuta dal cedente residente a San Marino. 

Pertanto la fattura va annotata sui registri delle vendite e degli acquisti secondo il disposto degli articoli 23 e 25 D.P.R. 633/1972. 

I cessionari italiani non sono obbligati alla compilazione dell’elenco riepilogativo degli acquisti intracomunitari, invece sono tenuti a comunicare all’Ufficio delle Entrate, l'iscrizione dell'annotazione della fattura nei registri IVA vendite e acquisti, entro 5 giorni dalla registrazione stessa indicando il numero progressivo annuale dei registri. 

Tale comunicazione, di cui D.M. 24 dicembre 1993 all’art. 16, lettera c),  parte dalle operazioni annotate dal 1° ottobre 2013, utilizzando il modello all. al nuovo provvedimento sullo spesometro. 

Pertanto la comunicazione è trasmessa in modalità analitica, entro l’ultimo giorno del mese successivo, a quello di annotazione nei registri di riferimento specifico il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 2 agosto 2013, che è la base dell’art. 21 del D.L. n. 78/2010, come modificato dal D.L. n. 16/2012.

Gli operatori  italiani che effettuano acquisti da operatori economici con sede a San Marino, potranno comunicare le avvenute registrazioni degli acquisti telematicamente al contempo utilizzando il modello previsto per le operazioni rilevanti Iva cosidetto Spesometro. 

Conseguentemente, i provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 28 maggio 2010 e del 5 luglio 2010 per l'approvazione del modello per l'effettuazione delle comunicazioni e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica delle stesse all'Agenzia delle Entrate, sono abrogati. 

L'accordo doganale tra la CEE e la Repubblica di San Marino del 1991 prevedeva l'esenzione da tutti i dazi all'importazione e all'esportazione. 

La Corte di Cassazione penale con una Sentenza  depositata il 30 luglio 2013, è tornata sul tema del contrabbando sotto forma di evasione all'Iva all'importazione  D.P.R. 633/ 1972 articolo 70 onde calmare per i proprietari di velivoli e natanti acquistati lungo i confini della penisola, stabiliva che il mancato pagamento dell'Iva all'importazione, non determina il reato di contrabbando sia per gli aerei e sia per le imbarcazioni immatricolati a San Marino.

17/09/13

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - SENTENZA 2 luglio 2013, n.16559

SENTENZA N. 16599/13

Pres. Felicetti
est. Matera

Motivi della decisione

1) Preliminarmente si rileva che, in considerazione della diversità delle sentenze impugnate e dell'oggetto dei rispettivi giudizi, non si ravvisa l'opportunità di disporre la riunione -sollecitata dai ricorrenti e del P.G. - del presente procedimento con quello n. 13525/2006, chiamato a questa stessa udienza.
Si rammenta, al riguardo, che la riunione delle impugnazioni, mentre è obbligatoria, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., ove investano lo stesso provvedimento, può essere invece facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l'eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie. (Cass. Sez. Un. 23-1-2013 n. 1521).

2) Con l'unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 177 c.c., in relazione all'art. 102 cpc. Sostiene che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che tra la M. e le parti del giudizio di risoluzione contrattuale (G.S. e P.M. ), definito con sentenza passata in giudicato, vi fosse un litisconsorzio necessario. Deduce, infatti, che il coniuge beneficiario ex lege degli effetti traslativi del contratto non è litisconsorte necessario nelle controversie relative alla validità ed efficacia dell'atto di acquisto, subendo solo indirettamente le eventuali pronunce sfavorevoli emesse nei confronti del coniuge contraente.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha avuto modo di precisare che, qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell'atto è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto, mentre non può ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto (Cass. Sez. Un. 23-4-2009 n. 9660; Cass. Sez. Un. 22-4-2010 n.9523; (Cass. 29-1-2013 n. 2082).

Pertanto, per stabilire se, nell'ipotesi in cui l'atto acquisitivo o l'atto di alienazione sia stato concluso da uno solo dei coniugi, sia necessaria o meno l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'altro coniuge, deve valutarsi se la decisione richiesta incida direttamente sull'atto oppure sul diritto. Nel primo caso, i soggetti legittimati a partecipare al giudizio vanno individuati in base al contenuto dell'atto, e, quindi, nei soggetti che hanno partecipato alla conclusione del contratto di alienazione del bene immobile, anche se tale contratto ha generato un rapporto, di cui è divenuto per legge contitolare il coniuge in regime di comunione dei beni, rimasto estraneo alla sua stipulazione. Tale soggetto, infatti, non può ritenersi litisconsorte necessario in un giudizio diretto ad ottenere la dichiarazione di nullità o l'annullamento o la dichiarazione di inefficacia dell'atto soltanto perché in virtù degli effetti dell'atto stesso è divenuto parte del rapporto che ne è derivato, rimanendo pur sempre detto rapporto condizionato, quanto alla sua nascita ed alla sua conservazione da parte del coniuge in comunione legale, dalla esistenza o meno dei requisiti di validità o dai limiti di efficacia dell'atto al quale il medesimo è rimasto estraneo. Al contrario, nel caso in cui l'azione esercitata incida direttamente e immediatamente sul diritto derivato dall'atto stipulato da uno solo dei coniugi in comunione legale, sussiste l'esigenza del litisconsorzio nei confronti dell'altro coniuge.

Alla luce degli enunciati principi, deve escludersi che, in riferimento all'azione di risoluzione per inadempimento di un atto di compravendita, promossa dall'alienante nei confronti dell'acquirente, sussista un'ipotesi di litisconsorzio necessario del coniuge in comunione legale di quest'ultimo, rimasto estraneo alla stipulazione del contratto.

Si osserva, al riguardo, che l'azione in parola, essendo destinata, sia pure per un fatto sopravvenuto, a travolgere ogni effetto del contratto, incide direttamente su tale atto e non sui diritti che da esso sono sorti anche in favore del coniuge non stipulante. In essa, infatti, non si controverte sul diritto di proprietà derivato dal contratto nella sfera giuridica di entrambi i coniugi e sul bene in sé, bensì sul comportamento inadempiente del soggetto che ha stipulato l'atto, pur avendo l'accoglimento della domanda ripercussioni sul permanere dell'effetto traslativo della proprietà prodottosi anche in favore del coniuge in comunione rimasto estraneo alla formazione del contratto: quest'ultimo, così come ha visto ope legis estendere nei suoi confronti, ai sensi dell'art. 177 lett. a) c.c., gli effetti dell'atto traslativo, pur non avendo preso parte alla sua stipulazione, allo stesso modo deve subire gli effetti connessi alla pronuncia di risoluzione, destinata a travolgere l'atto nella sua interezza, e non solo per la parte spettante in proprietà all'effettivo contraente.

Nella specie, pertanto, erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto che M.F. , quale coniuge di G.S. in regime di comunione legale, fosse litisconsorte necessaria in relazione all'azione di risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita del 3-12-1984, proposta da P.M. nei confronti del G. ed ha, conseguentmente, accolto l'opposizione di terzo proposta dalla predetta avverso la sentenza passata in giudicato, resa nel relativo giudizio, svoltosi senza la sua partecipazione.

Per le ragioni esposte, infatti, il trasferimento automatico alla comunione, ex art. 177 lett. a) c.c., dell'immobile acquistato individualmente dal G. durante il matrimonio, rimaneva condizionato, quanto alla sua nascita ed alla sua conservazione, dalla sussistenza delle condizioni di validità ed efficacia dell'atto di acquisto posto in essere dal coniuge contraente con il terzo; sicché unico legittimato a stare in giudizio, in relazione alla domanda di risoluzione contrattuale avente ad oggetto l'immobile in questione, era il G. , che aveva stipulato l'atto di compravendita.

Di conseguenza, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata. Non occorrendo nuovi accertamenti di fatto, questa Corte, ai sensi dell'art. 384 comma 2 cpc, può pronunciare nel merito, rigettando l'opposizione di terzo proposta dalla M. .

In considerazione della peculiarità della questione trattata, per la quale non constano precedenti specifici, sussistono giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese sia del presente grado che di quello di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e, pronunciando nel merito, rigetta l'opposizione di terzo proposta da M.F..

Compensa le spese del presente grado e di quello di merito.

16/09/13

COLLEGATI A WWW.FISCOEPOLITICA.IT E POTRAI LEGGERE GLI AGGIORNAMENTI FISCALI

TESTATA GIORNALISTICA 
 "WWW.FISCOEPOLITICA.IT" 
AVRAI DIVERSE NOTIZIE FISCALI QUESTO GIORNALE ON-LINE SI DEVE A VOI.
GRAZIE

14/09/13

CASSAZIONE ORDIN. 30/7/2013 N. 18251

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI - T CIVILE

Ordinanza 30 luglio 2013, n. 18251

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. C. Mario - Presidente -

Dott. B. Salvatore - Consigliere -

Dott. I. Marcello - Consigliere -

Dott. DI B. Antonino - Consigliere -

Dott. C. Giuseppe - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11799-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI P.12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

- ricorrente -

contro

A.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V...., presso lo studio dell'avvocato P. RODOLFO, rappresentato e difeso dall'avvocato S.

MARCO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

- controricorrente al ricorrente incidentale -

e contro

EQUITALIA POLIS SPA;

- intimata -

- ricorrenti incidentali -

avverso la sentenza n. 57/15/2010 della Commissione Tributaria Regionale di NAPOLI del 15.3.2010, depositata il 17/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE C.;

E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ANTONIETTA C. La Corte, ritenuto che, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ., è stata

depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe C., letti gli atti depositati:

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

La CTR di Napoli ha respinto l'appello dell'Agenzia -appello proposto contro la sentenza n. 102/38/2008 della CTP di Napoli, che aveva accolto il ricorso della parte contribuente A.G., relativo ad avviso di intimazione di pagamento per -Tarsu- afferente il periodo 1996/2004 inviato dal Concessionario per la riscossione -ed ha perciò dichiarato nullo il provvedimento in questione per vizio di notifica dello stesso.

La CTR ha motivato la propria decisione -dopo aver dato atto che il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso evidenziando che nel procedimento di notifica al destinatario irreperibile, "alla affissione deve conseguire la comunicazione di essa al destinatario con raccomandata"- nel senso che Equitalia "non ha comunque provato che il contribuente è venuto a conoscenza della richiesta di pagamento";

ed inoltre nel senso che "sussiste la prescrizione del diritto secondo la vigente normativa". L'Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La parte contribuente si è costituita con controricorso ed ha formulato ricorso incidentale sul capo di regolazione delle spese di lite.

Equitalia Polis spa non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso - ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore - può essere definito ai sensi dell'art. 375 c.p.c.

Ed invero, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. E in combinato disposto con l'art. 140 c.p.c.) la parte ricorrente principale - dopo avere dato atto che la cartella di pagamento concerneva somme dovute ai fini INVIM a seguito di registrazione di atto di compravendita e che la notifica della stessa era avvenuta ai sensi dell'art. 60 sopra menzionato - assume che la CTR ha erroneamente mostrato di ritenere che per il perfezionamento del procedimento di notifica sia necessaria la spedizione della raccomandata di cui all'art. 140 c.p.c., per quanto detto incombente non sia espressamente previsto dalla norma, secondo la quale la procedura di notificazione si conclude con l'affissione dell'avviso all'albo del comune se in esso "non vi è abitazione, ufficio o azienda
del contribuente, giacchè non avrebbe senso nell'ipotesi di trasferimento del destinatario per località ignota l'invio di una raccomandata".

Le censure appaiono infondate e da disattendersi, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 14316 del 28/06/2011) secondo cui: "In tema di riscossione delle imposte dirette, nell'ipotesi in cui una cartella esattoriale venga notificata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 3, e quindi con deposito presso la casa comunale, affissione alla porta del destinatario e invio della raccomandata con avviso di ricevimento, ai fini della tempestività dell'impugnazione della detta cartella, il "dies a quo" della decorrenza del termine deve essere individuato, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza 14 gennaio 2010, n. 3 e l'ordinanza 25 febbraio 2011, n. 63, nel giorno del ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza ovvero, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla data di spedizione della raccomandata". Alla luce dei predetti principi (ed atteso che nella specie di causa - secondo quanto si desume dalla sentenza impugnata e senza che la contraria ipotesi sia stata dimostrata vera dalla parte ricorrente nell'assolvimento del proprio onere di autosufficienza - si versa nell'ipotesi dell'irreperibilità prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 a mezzo del richiamo alle fattispecie regolate dall'art. 140 c.p.c.), non vi è ragione di perseverare nell'affermare la necessaria distinzione tra la procedura di notifica all'irreperibile disciplinata dall'art. 140 c.p.c. e quella disciplinata dal D.P.R. n. 600 del 1972, art. 60 siccome -per effetto dell'interpretazione adeguatrice implicata dalle menzionate pronunce della Corte Costituzionale- entrambe le norme impongono -ormai- la comunicazione per raccomandata dell'avvenuta effettuazione delle formalità

di affissione e deposito, senza la quale non può considerarsi perfezionato il procedimento notificatorio, ciò che appunto è stato rilevato dal giudice del merito come oggetto della prova necessaria che incombe sulla parte notificante, senza che a tal fine rilevi se il giudicante ha identificato la norma precettiva nell'uno o nell'altro dei due articoli menzionati.

Non resta che ritenere che la Commissione di merito si sia correttamente attenuta al principio di diritto dianzi enunciato, senza che rilevino ai presenti fini le pronunce di questa Corte che sono state menzionate dalla parte ricorrente a sostegno della propria tesi (Cass. 6102/2011; Cass. 22677/2007), atteso che esse si riferiscono alla differente ipotesi in cui "nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è
abitazione, ufficio o azienda del contribuente", sicchè poi l'avviso del deposito prescritto dall'art. 140 del codice di procedura civile, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell'albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell'ottavo giorno successivo a quello di affissione. Sulla necessaria distinzione della procedura applicabile nelle due diverse ipotesi si veda anche (di recente) Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14030 del 27/06/2011.

Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sul vizio di motivazione) la ricorrente formula una sterile critica alla pronuncia impugnata, identificando come fatto controverso la questione della correttezza della notifica di cui si è detto, che invece "fatto" non è , giacchè invece è un giudizio risultante dalla corretta applicazione della disciplina di legge di cui già si è detto. Anche detto motivo appare - perciò - inammissibilmente formulato. Con il terzo motivo di ricorso (centrato sulla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3) la parte ricorrente assume che il procedimento di notifica si è concluso correttamente e che l'omessa impugnazione della cartella rende quest'ultima irretrattabile, sicchè la CTR ha errato a dichiarare prescritto il diritto alla riscossione, in ragione di un atto quale l'intimazione di pagamento,
che avrebbe potuto essere impugnato solo per vizi propri.

Il motivo è assorbito dall'esito dell'esame di quello che precede, giacchè è logicamente sorretto dall'assunto della correttezza della procedura di notificazione che -come dianzi si è detto- è risultato invece smentito.

Con il quarto motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell'art. 2934 c.c. e contempo sul vizio di motivazione) la parte ricorrente si duole dell'erronea affermazione contenuta nella sentenza impugnata circa l'avvenuta prescrizione del diritto alla riscossione, mentre tutta l'attività descritta da controparte in ricorso è idonea a determinare l'interruzione dei termini di prescrizione. In ogni caso, l'avvenuta prescrizione del diritto era risultata del tutto indimostrata nella sentenza della CTR che -a riguardo - aveva omesso qualsiasi delucidazione.

Anche detto ultimo motivo del ricorso principale appare inammissibilmente formulato.

Quanto al primo profilo, perchè la parte ricorrente postula una idoneità astratta e non concreta, non avendo chiarito in quali termini le "attività" genericamente indicate abbiano effettivamente determinato l'interruzione del termine prescrizionale; quanto al secondo profilo, perchè la censura non identifica quel fatto controverso che potrebbe costituire l'oggetto esclusivo del vizio motivazionale.

Venendo al ricorso incidentale (centrato sulla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 nonchè sul vizio di motivazione), la parte ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia compensato le spese di giudizio sulla scorta del semplice richiamo alla "natura del giudizio" e perciò con motivazione di stile e sostanzialmente tautologica.

Il motivo appare fondato e da accogliersi, alla luce della costante e ribadita giurisprudenza di questa Corte (si veda, per tutte Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 26987 del 15/12/2011) secondo la quale: "In tema di spese giudiziali, le gravi ed eccezionali ragioni, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, in presenza delle quali, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., comma 2, (nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2),
il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio non possono essere tratte dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato nè dalle particolari disposizioni processuali che lo regolano, ma devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva dichiarato compensate le spese in un giudizio di opposizione avverso l'irrogazione di sanzione amministrativa, sul presupposto della limitata attività difensiva della parte, correlata alla natura della controversia)".

Poichè nel provvedimento qui impugnato non ha trovato rilievo alcuno -ai fini della compensazione- il fatto processuale controverso ma una generica considerazione della natura della controversia, non idonea a costituire oggetto del controllo che compete a questa Corte, non resta che concludere che la pronuncia merita -sul punto-Cassazione, con conseguente rimessione della lite al giudice del merito affinchè rinnovi
l'apprezzamento in ordine alla questione relativa alla regolazione delle spese di lite ed alla loro liquidazione.

Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza e inammissibilità, quanto al ricorso principale, e per manifesta fondatezza quanto al ricorso incidentale.

Roma, 20 novembre 2012.

Che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il

ricorso va accolto;

che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale ed accoglie quello incidentale. Cassa la decisione impugnata, in relazione a quanto accolto, e rinvia alla

CTR Campania che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2013.

12/09/13

DURC E TRASMISSIONE

DURC

Dovrà essere recapitato solo tramite PEC, per consentire agli utenti dello sportello unico previdenziale di far conoscere le nuove modalità di trasmissione e dal 2 settembre 2013 è iniziata la nuova procedura di trasmissione esclusivamente tramite PEC.

Dal 2 settembre 2013 l'inoltro della richiesta DURC è consentito solo se il sistema dello sportello unico previdenziale rileva l'avvenuta registrazione, nell'apposito campo, dell'indirizzo PEC della stazione appaltante o amministrazione procedente, delle SOA e delle Imprese. 

Dal 2 settembre 2013 sia per le Pa che per le imprese, i DURC saranno recapitati dall'INAIL, dalla Casse Edili e dall'INPS solo attraverso PEC all'indirizzo preso dal modulo compilato dagli utenti già trasmesso telematicamente.

La presente specifica è stata fornita in messaggio n. 13414 del 23 agosto 2013.

11/09/13

CIRCOLARE N.28/E del 22/8/2013 - I 730 REDDITI 2012 VARI CASI

Direzione Centrale Servizi ai Contribuenti

Roma, 22 agosto 2013

OGGETTO: Assistenza fiscale prestata dai Centri di assistenza fiscale per 
lavoratori dipendenti e dai professionisti abilitati ai soggetti privi di sostituto 
d’imposta - Redditi 2012 – articolo 51-bis, comma 4, decreto-legge 21 giugno 
2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, 
pubblicata nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 20 agosto 
2013 

SOMMARIO 
PREMESSA 2 
1 Presentazione della dichiarazione 730-Situazioni particolari, redditi 2012 3 
2 Soggetti interessati 3 
3 Adempimenti dei soggetti che prestano l’assistenza fiscale 4 
3.1 Tempistica 4 
3.2 Compilazione e controlli della dichiarazione 730-Situazioni particolari 4 
3.3 Comunicazioni per i contribuenti 6 
3.4 Flusso telematico 6 
4 Esiti della dichiarazione 730-Situazioni particolari 6 
5 Modalità di erogazione dei rimborsi 8
                                                    PREMESSA 

L’articolo 51-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con 
modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, pubblicata nel Supplemento 
Ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 20 agosto 2013, prevede che, a decorrere 
dall’anno 2014, i soggetti titolari dei redditi di lavoro dipendente e assimilati 
indicati agli articoli 49 e 50, comma 1, lettere a), c), c-bis), d), g), con 
esclusione delle indennità percepite dai membri del Parlamento europeo, i) e l), 
del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente 
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in assenza di un sostituto d’imposta 
tenuto a effettuare il conguaglio, possono comunque adempiere agli obblighi di 
dichiarazione dei redditi presentando l’apposita dichiarazione modello 730 e la 
relativa scheda ai fini della destinazione del 5 e 8 per mille, con le modalità 
indicate dall’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro delle 
finanze 31 maggio 1999, n. 164, ai Centri di assistenza fiscale per i dipendenti 
di cui all’articolo 34, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e 
agli altri soggetti che possono prestare l’assistenza fiscale ai sensi delle 
disposizioni contenute nel decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito 
dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. 

Al comma 2, il citato articolo 51-bis prevede che se dalle dichiarazioni 
presentate emerge un debito, il soggetto che presta l’assistenza fiscale trasmette 
telematicamente la delega di versamento utilizzando i servizi telematici resi 
disponibili dall’Agenzia delle entrate ovvero, entro il decimo giorno 
antecedente la scadenza del termine di pagamento, consegna la delega di 
versamento compilata al contribuente che effettua il pagamento con le modalità 
indicate nell’articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. 

Inoltre, il comma 3 dello stesso articolo 51-bis stabilisce che nei riguardi 
dei contribuenti che presentano la dichiarazione ai sensi del comma 1, i 
rimborsi sono eseguiti dall’amministrazione finanziaria, sulla base del risultato 
finale delle dichiarazioni. 

Infine, al comma 4, viene previsto che per l’anno 2013, le dichiarazioni 
ai sensi del comma 1 possono essere presentate dal 2 al 30 settembre 2013, 
esclusivamente se dalle stesse risulta un esito contabile finale a credito. Con 
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti termini e 
modalità applicative di tale disposizione. 

1 Presentazione della dichiarazione 730-Situazioni particolari, redditi 
2012. 

Sulla base del provvedimento del 22 agosto 2013 è disposto che la 
dichiarazione deve essere presentata utilizzando il modello 730/2013 già 
approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 15 
gennaio 2013. 

Al fine di individuare le dichiarazioni 730 in questione, nella casella 
“Situazioni particolari” posta nel frontespizio del 730/2013 deve essere indicato 
il codice “1” (nel seguito della presente circolare tale dichiarazione sarà 
denominata 730-Situazioni particolari, fermo restando l’utilizzo dell’ordinario 
modello 730 approvato). 

Inoltre, nella sezione dedicata ordinariamente ai dati del sostituto 
d’imposta che effettua il conguaglio va indicata, in luogo del codice fiscale, la 
sequenza numerica “20137302013”. 

È possibile presentare il 730-Situazioni particolari anche in forma 
congiunta. 

In considerazione della complessità e della tempistica stabilita per lo 
svolgimento dell’assistenza fiscale, il provvedimento esclude la possibilità di 
utilizzare tale dichiarazione per effettuare l’integrazione di una precedente 
dichiarazione validamente presentata. Pertanto, la casella “730 integrativo” non 
può essere valorizzata. 

Nel caso in cui il contribuente abbia già presentato la propria 
dichiarazione dei redditi, prima di presentare il 730-Situazioni particolari, è 
opportuno annullare la precedente dichiarazione, laddove possibile. Al riguardo, 
si precisa che tale operazione può essere effettuata soltanto dal soggetto che ha 
trasmesso la dichiarazione, sia esso il professionista, il CAF o il contribuente 
stesso, con le modalità descritte nella specifica sezione dei Servizi telematici del 
sito internet dell’Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it). 

La dichiarazione 730-Situazioni particolari va presentata dal 2 al 30 
settembre a un CAF o a un professionista iscritto nell’albo dei dottori 
commercialisti ed esperti contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro che 
abbiano presentato all’Agenzia delle entrate comunicazione di cui all’articolo 
21 del decreto del Ministro delle finanze n. 164 del 1999. 

2 Soggetti interessati 

Possono presentare la dichiarazione 730-Situazioni particolari per i 
redditi 2012 i soggetti titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati che 


non hanno potuto presentare il modello 730 ordinario in mancanza di un 
sostituto d’imposta che potesse effettuare il conguaglio. È questo il caso, ad 
esempio, dei contribuenti che, nell’attuale contesto di congiuntura economica, 
hanno cessato il rapporto di lavoro senza trovare un nuovo impiego. 

Per i soli soggetti per i quali emerge, per l’anno 2012, un complessivo 
credito d’imposta, è prevista la possibilità di presentare nel 2013 il modello 
730-Situazioni particolari, in modo da ottenere in tempi rapidi il rimborso delle 
imposte. 

Pertanto, la suddetta dichiarazione può essere presentata nel 2013 solo se 
dalla stessa risulti un esito contabile finale a credito. 

3 Adempimenti dei soggetti che prestano l’assistenza fiscale 

3.1 Tempistica 

In ragione della complessità dello svolgimento dell’assistenza fiscale, 
degli adempimenti dei soggetti coinvolti e tenuto conto della tempistica entro 
cui il procedimento deve concludersi, il provvedimento del Direttore 
dell’Agenzia delle entrate del 22 agosto 2013 individua nuovi termini per gli 
adempimenti connessi all’assistenza fiscale. In particolare, per il 2013, viene 
disposto che il soggetto che presta l’assistenza consegna entro il giorno 11 
ottobre la dichiarazione 730-Situazioni particolari elaborata al contribuente ed 
entro il successivo 25 ottobre effettua la relativa trasmissione telematica 
all’Agenzia delle entrate. 

In sintesi: 

. dal 2 al 30 settembre – presentazione da parte del contribuente della 
dichiarazione 730-Situazioni particolari; 
. entro l’11 ottobre – il soggetto che presta l’assistenza consegna la 
dichiarazione elaborata al contribuente; 
. entro il 25 ottobre – il soggetto che presta l’assistenza trasmette 
telematicamente le dichiarazioni all’Agenzia delle entrate. 


3.2 Compilazione e controlli della dichiarazione 730-Situazioni particolari 

La dichiarazione 730-Situazioni particolari può essere presentata se è 
indicato un reddito in almeno uno dei righi del quadro C sezione I (righi da C1 
a C3) o sezione II (righi da C6 a C8) relativo al primo dichiarante. Tale 


condizione non rileva per il secondo dichiarante nel caso di dichiarazione 
presentata in forma congiunta. 

Nel frontespizio della dichiarazione deve essere valorizzata la casella 
“Situazioni particolari” con il codice “1”. Inoltre, nel campo riservato 
all’indicazione del codice fiscale del sostituto d’imposta che effettua il 
conguaglio, deve essere indicata la sequenza numerica “20137302013” e, 
tenendo conto dei criteri di carattere generale attualmente previsti per 
l’indicazione dei dati del sostituto d’imposta, devono essere indicati anche i 
seguenti dati: 



Denominazione 

Decreto legge n. 69/2013 - Agenzia delle entrate 

Comune 

Roma 

Provincia 

RM 

Codice comune 

presente solo nel tracciato telematico 

Indirizzo 

Via Cristoforo Colombo 

CAP 

00145 

La dichiarazione 730-Situazioni particolari deve avere un esito contabile 
finale a credito. Al fine di agevolare gli adempimenti del contribuente, in 
considerazione del fatto che il periodo in cui si svolge l’assistenza fiscale 
coincide con quello di effettuazione del secondo o unico acconto dell’Irpef e 
della cedolare secca, si tiene conto anche degli eventuali importi dovuti a detto 
titolo, 

Pertanto, il 730-Situazioni particolari potrà essere presentato solo se il 
risultato della seguente operazione risulta maggiore o uguale a zero: 
rigo 152 mod. 730-3 – rigo 151 col. 2 mod. 730-3 
Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 22 agosto 
2013 al punto 3.1 prevede che il rimborso inferiore a 13 euro non viene erogato, 
ma può essere utilizzato in compensazione previa indicazione nel riquadro 
IMU, come precisato nel successivo paragrafo 4 della presente circolare.. 

Al fine di verificare il rispetto dei requisiti ora descritti, con il 
provvedimento del 22 agosto 2013 sono state approvate le modifiche alle 
specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati contenuti nel modello 
di dichiarazione 730/2013, di cui al provvedimento del Direttore dell’Agenzia 
delle Entrate del 15 febbraio 2013. In particolare, nell’Allegato D – circolare 
per la liquidazione e il controllo del modello 730, è stato inserito il paragrafo 
“18. Ampliamento dell’assistenza fiscale”, nel quale sono individuati i criteri di 
accoglimento della dichiarazione 730-Situazioni particolari. 

3.3 Comunicazioni per i contribuenti 

Il soggetto che presta assistenza fiscale deve fornire al contribuente, 
utilizzando lo spazio dei “Messaggi” presente nel mod. 730-3, la comunicazione 
dell’importo che costituirà oggetto del rimborso da parte dell’Agenzia delle 
entrate, specificando se dal credito è stato decurtato l’importo degli acconti e 
l’eventuale importo che è stato utilizzato in compensazione previa indicazione 
nel quadro I. 
Se il risultato dell’operazione (rigo 152 mod. 730-3 – rigo 151 col. 2 
mod. 730-3) risulta maggiore di zero ma non superiore ad euro 12, deve essere 
specificato nel suddetto spazio dei “Messaggi” che il rimborso non è erogato. 

3.4 Flusso telematico 

Sebbene la sequenza numerica “20137302013” non sia presente 
nell’elenco dei sostituti d’imposta abilitati a ricevere in via telematica i dati dei 
mod. 730-4, gli stessi dovranno essere comunque allegati alla dichiarazione 
mod. 730/2013 da trasmettere in via telematica all’Agenzia delle entrate 
attenendosi alle ordinarie modalità di compilazione. 

4 Esiti della dichiarazione 730-Situazioni particolari 

L’articolo 51-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con 
modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede che i rimborsi siano 
effettuati dall’amministrazione finanziaria a seguito della ricezione del risultato 
finale delle dichiarazioni. Ferme restando le ordinarie attività di controllo 
automatizzato e formale sulle dichiarazioni, i suddetti rimborsi potranno essere 
effettuati sulla base dei dati trasmessi dal soggetto che ha prestato l’assistenza 
fiscale. 

Il credito rimborsabile – derivante dalla somma algebrica complessiva 
delle singole imposte, a debito (comprensive della seconda o unica rata di 
acconto Irpef e/o cedolare secca) e a credito, riferite anche al coniuge 
dichiarante – viene rimborsato dall’amministrazione finanziaria secondo le 
modalità stabilite dal decreto ministeriale 29 dicembre 2000 per importi 
superiori a 12 euro. 

Con riferimento alle somme risultanti a debito dal prospetto di 
liquidazione, compresi gli importi della seconda o unica rata di Irpef e/o di 
cedolare secca, queste si intendono compensate a seguito della presentazione 
della dichiarazione 730-Situazioni particolari senza che il contribuente debba 
effettuare ulteriori adempimenti al riguardo. 

Al fine di evitare l’erogazione di rimborsi non dovuti, che sarebbero 
successivamente recuperati dall’amministrazione finanziaria con l’applicazione 
di sanzioni e interessi, è necessario che il soggetto che presta l’assistenza fiscale 
chieda al contribuente che intende presentare la dichiarazione 730-Situazioni 
particolari se ha già utilizzato, in tutto o in parte, il credito derivante dalla 
dichiarazione, per il pagamento di imposte diverse da quelle liquidate con la 
dichiarazione 730-Situazioni particolari, quali ad esempio, l’IMU, la TARES, 
ecc., mediante la delega di versamento F24. 

In caso affermativo, e qualora il credito sia esistente, l’importo utilizzato 
in compensazione deve essere indicato nel quadro IMU, unitamente all’importo 
che il contribuente intende utilizzare in compensazione per il pagamento 
dell’IMU. 

Ad esempio, nel caso di un contribuente che ha un credito di euro 700, ed 
ha utilizzato in compensazione euro 200 per pagare l’acconto dell’IMU a 
giugno, euro 50 di TARES e utilizzerà euro 200 per il saldo IMU a dicembre, 
nel quadro IMU dovrà essere indicato l’importo di euro 450 e il rimborso che 
sarà erogato dall’Agenzia è pari alla quota residua di euro 250 (euro 700 – euro 
450). 

Al fine di evitare che il rimborso risultante dalla dichiarazione non venga 
erogato perché non superiore a 12 euro, il soggetto che presta assistenza fiscale 
deve provvedere a riportare tale credito nel quadro IMU, in modo che il 
risultato della seguente formula sia pari a zero: 
rigo 152 mod. 730-3 – rigo 151 col. 2 mod. 730-3 

Considerato che l’esito contabile sopra individuato differisce rispetto al 
“saldo contabile” ordinario del modello 730, in quanto è determinato tenendo 
anche conto degli eventuali importi dovuti a titolo di secondo o unico acconto, 
in caso di compilazione del quadro I (IMU) non può essere barrata la casella di 
colonna 1 (che comporta l’utilizzo in compensazione ai fini IMU di un credito 
pari all’intero “saldo contabile”), ma deve essere indicato nella colonna 2 
l’importo del credito da utilizzare in compensazione per il pagamento dell’IMU. 

Gli importi indicati nel quadro IMU ma non utilizzati in compensazione 
potranno essere fatti valere dal contribuente nella successiva dichiarazione o 
nella prima dichiarazione utile presentata se l’anno successivo, ricorrendo le 
condizioni di esonero, il contribuente non presenta la dichiarazione dei redditi. 
In caso di mancata indicazione nella dichiarazione presentata nell’anno 
successivo del credito risultante dalla precedente dichiarazione, lo stesso, se 
superiore a 12 euro, sarà riconosciuto dagli uffici dell’Agenzia delle entrate a 
seguito di tempestiva istanza del contribuente. 

Per quanto attiene agli adempimenti relativi all’unica o seconda rata di 
acconto per l’Irpef, nell’allegato D, circolare per la liquidazione e il controllo 
del modello 730/2013, sono state aggiornate le istruzioni per la determinazione 
dell’unica o seconda rata di acconto per l’Irpef, con lo scopo di recepire la 
disposizione, contenuta nell’art. 11, comma 18, del decreto-legge n. 76 del 
2013, che innalza la misura di tale acconto dovuto per il 2013 dal 99% al 100%. 
Al riguardo, si precisa che, in caso di presentazione del 730-Situazioni 
particolari, la suddetta determinazione è effettuata a cura del soggetto che presta 
l’assistenza fiscale, mentre per il 730 ordinario, tale importo è determinato dal 
sostituto d’imposta, come stabilito dall’art. 11, comma 19, del decreto-legge 28 
giugno, n. 76. 

5 Modalità di erogazione dei rimborsi 

I contribuenti che vogliono ottenere l’accredito dei rimborsi fiscali sul 
conto corrente bancario o postale, accelerando i relativi tempi di erogazione, e 
che non hanno ancora comunicato il codice IBAN, possono farne richiesta 
tramite apposito modello reperibile nel sito dell’Agenzia delle entrate alla 
pagina: Cosa devi fare-Richiedere-Rimborsi-Accredito rimborsi su conto corrente. 

Nel modello vanno indicati i dati relativi a un conto corrente intestato o 
cointestato al beneficiario del rimborso. In particolare, è necessario riportare il 
codice IBAN. Detto codice può essere richiesto alla propria banca o desunto 
dall’estratto conto che periodicamente la propria banca invia al domicilio dei 
suoi clienti. 

Il modello per comunicare il codice IBAN deve essere presentato dal 
contribuente direttamente: 

. in via telematica, se il contribuente è in possesso di pincode, tramite la 
specifica applicazione a disposizione sul sito dell’Agenzia delle entrate; 
. presso un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, che provvederà ad 
acquisire le coordinate del conto corrente del richiedente. In questo caso, 
anche al fine di evitare errori di trascrizioni del codice, è opportuno che il 
contribuente porti con sé un documento della propria banca (estratto conto, 
libretto di conto corrente) dal quale risulti in modo intellegibile l’IBAN. 
Si evidenzia che le modalità sopra descritte sono le uniche previste per 
comunicare il codice IBAN all’Agenzia delle entrate. 
In assenza di tale comunicazione da parte del contribuente, l’erogazione dei 
rimborsi sarà effettuata con le altre modalità previste dal decreto ministeriale 29 
dicembre 2000. 

p. IL DIRETTORE DELL’AGENZIA 
Attilio Befera 
IL DIRETTORE CENTRALE 
SERVIZI AI CONTRIBUENTI 
Paolo Savini 








10/09/13

CIRCOLARE N. 27/E 2 agosto 2013 Errati versamenti da parte dei contribuenti. Problematiche applicative e soluzioni interpretative.

CIRCOLARE N. 27/E

Roma, 2 agosto 2013

OGGETTO: Errati versamenti da parte dei contribuenti. Problematiche
applicative e soluzioni interpretative


2

INDICE
PREMESSA …………..………………………………………………………........3

1.
Insufficiente versamento dell’imposta e della maggiorazione nel
“termine lungo” ……………………………………………………........4
2.
Efficacia del ravvedimento in presenza di versamenti carenti ….........8
3.
Carenti versamenti degli importi dovuti per la definizione
dell’accertamento……………………………………………………......10

3


PREMESSA


Sono pervenute a questa Direzione richieste di chiarimenti in merito ai
versamenti dovuti a titolo di saldo e di primo acconto IRPEF, IRES e IRAP, con
particolare riferimento a quanto disposto dall’art. 17, comma 2, del D.P.R. 7
dicembre 2001, n. 435, secondo cui tali versamenti “…possono essere effettuati
entro il trentesimo giorno successivo ai termini ivi previsti, maggiorando le
somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo”.

Dubbi interpretativi sono sorti con riferimento al caso in cui il
contribuente provveda al versamento delle imposte nel maggior termine di 30
giorni dalla scadenza prevista (ad esempio 16 luglio anziché 16 giugno), senza
però applicare, in tutto o in parte, la prevista maggiorazione, ovvero,
determinando l’imposta e, conseguentemente, la maggiorazione, in misura
inferiore a quanto dovuto.

In particolare, è stato chiesto se l’integrale versamento della
maggiorazione debba considerarsi presupposto costitutivo della possibilità di
effettuare il versamento nei trenta giorni successivi alla scadenza di legge
(cosiddetto “termine lungo”), con la conseguenza che carenti versamenti della
maggiorazione determinerebbero il tardivo versamento dell’imposta per l’intero
ammontare.

Analoghe incertezze sussistono con riguardo all’efficacia dell’istituto del
ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472,
laddove le somme dovute per sanare l’irregolarità commessa siano state
commisurate al minor versamento eseguito nel “termine lungo”, ovvero quando
l’importo versato a titolo di ravvedimento (sanzione e/o interessi) sia comunque
inferiore a quanto dovuto.

Ulteriori dubbi interpretativi sono sorti con riferimento alle conseguenze
di errori marginali commessi dai contribuenti nel versamento delle somme
dovute per la definizione degli avvisi d’accertamento.


4


Con la presente circolare si forniscono chiarimenti in merito alle questioni
rappresentate.

1.
Insufficiente versamento dell’imposta e della maggiorazione nel
“termine lungo”
Si osserva preliminarmente che, secondo quanto disposto dall’art. 17,
commi 1 e 3, del D.P.R. n. 435 del 2001, il versamento del saldo dovuto con
riferimento alla dichiarazione dei redditi e del primo acconto IRPEF, IRES e
IRAP deve essere effettuato entro il giorno 16 del sesto mese successivo a quello
di chiusura del periodo di imposta ossia, per le società con l’esercizio coincidente
con l’anno solare e per le persone fisiche, entro il 16 giugno. Il comma 2 del
medesimo articolo dà la possibilità di effettuare detti versamenti entro il
trentesimo giorno successivo ai termini ivi previsti, con una maggiorazione a
titolo di interesse corrispettivo pari allo 0,40 per cento delle somme da versare.

Si ricorda, inoltre, che, ai sensi dell’articolo 20 del D.Lgs. 9 luglio 1997,

n. 241, i predetti versamenti possono essere effettuati, previa opzione esercitata
dal contribuente in sede di dichiarazione periodica, in rate mensili di uguale
importo, ad eccezione dell’acconto di novembre che deve essere versato in
un’unica soluzione. Anche per l’ipotesi di versamento rateale, è riconosciuta la
possibilità di iniziare il versamento del piano di rateazione nei trenta giorni
successivi, maggiorando l’importo dovuto dello 0,40 per cento a titolo
d’interesse corrispettivo (oltre all’applicazione degli interessi “da rateazione”,
nella misura del 4 per cento annuo).
I medesimi termini si applicano anche al versamento del saldo IVA
risultante dalla dichiarazione unificata annuale, che, ai sensi dell’art 6 del D.P.R.
14 ottobre 1999, n. 542, può essere versato successivamente al “16 marzo di
ciascun anno, ovvero entro il termine previsto per il pagamento delle somme
dovute in base alla dichiarazione unificata annuale, maggiorando le somme da


5


versare degli interessi nella misura dello 0,40 per cento per ogni mese o frazione
di mese successivo alla predetta data”.

I principi di seguito illustrati trovano, dunque, applicazione anche con
riferimento alle richiamate ipotesi di versamento con maggiorazione.

Ciò premesso, come già chiarito dall’Amministrazione finanziaria con la
circolare del 23 luglio 1998, n. 192/E, par. 1.1 in merito all’omesso o
insufficiente pagamento, alle prescritte scadenze, delle imposte dovute a titolo
di acconto o di saldo in base alla dichiarazione, il legislatore ha previsto due
distinti termini per il versamento: per i soggetti con periodo coincidente con
l’anno solare, il primo è il 16 giugno, l’altro nei successivi trenta giorni.

Il versamento effettuato nel più ampio termine risulta tempestivo, con la
particolarità che l’adempimento dell’obbligazione tributaria avviene mediante il
pagamento dell’imposta incrementata di un importo, pari allo 0,40%, che si
configura come parte del tributo medesimo.

Al riguardo, nel parere dell’Avvocatura generale dello Stato del 2 luglio
2012, n. 263000, è stato chiarito che “ (…) il versamento entro 30 giorni dalla
scadenza dell’importo dovuto senza la maggiorazione dello 0,40% è assimilabile
all’omesso versamento parziale e non già al ritardato pagamento, e che di
conseguenza la sanzione del terzo deve essere rapportata alla frazione
dell’importo non versato, come disposto dall’articolo 13 del decreto legislativo

n. 471 del 1997 per l’ipotesi di versamento parziale tempestivo (…)”.
Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, infatti, “ nel dubbio, deve
privilegiarsi un’interpretazione della norma conforme ai principi di
proporzionalità, ragionevolezza e certezza del diritto; (…)”.

Si rammenta, in proposito, che gli interessi sul versamento effettuato nel
“termine lungo” rappresentano il “corrispettivo” per il vantaggio che il
contribuente trae dalla disponibilità di una somma di denaro spettante all’ente
creditore.


6


Del resto, la maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo, nella misura
dello 0,40 per cento, viene versata congiuntamente all’imposta dovuta,
aggiungendosi a questa, senza distinzione di codice tributo.

Ne consegue che, se è dovuta una imposta maggiore rispetto a quella
calcolata e versata nel “termine lungo”, detto versamento non è da considerarsi
tardivo tout court ma semplicemente insufficiente; la sanzione, in misura
ordinaria -pari al trenta per cento dell’importo non versato, ai sensi dell’articolo
13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 471 -deve quindi essere
calcolata sulla differenza tra quanto versato nel “termine lungo” e quanto dovuto
(imposta più maggiorazione).

Non assume rilevanza stabilire se il contribuente abbia versato la sola
imposta e non abbia versato la maggiorazione, o se abbia eseguito un versamento
proporzionalmente insufficiente, proprio perché, non potendosi distinguere i due
importi (versati con lo stesso codice tributo), il versamento si intende nel suo
complesso insufficiente.

Per mera esemplificazione, si consideri la seguente situazione.

ESEMPIO n. 1

Si ipotizzi che il contribuente, nel termine lungo, abbia erroneamente
versato a titolo di saldo IRES 2011 l’importo di € 100 -in luogo di € 400
effettivamente dovuti -unitamente alla maggiorazione dello 0,40 per un totale di
€ 100,4 (anziché € 401,6).

L’ufficio provvederà all’irrogazione della sanzione nella misura ordinaria
del 30 per cento sull’importo di € 301,2, ossia sulla sola differenza tra quanto
dovuto (imposta più maggiorazione), pari ad € 401,6, e quanto versato nel
termine lungo, ossia € 100,4. In tale sede, si provvederà, altresì, al recupero della
differenza d’imposta dovuta, di € 301,2, e degli interessi calcolati a far data dalla
scadenza del termine lungo.


7


In tale ipotesi, il contribuente può comunque decidere di regolarizzare
l’errore commesso mediante l’applicazione dell’istituto del ravvedimento, di cui
all’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.

Richiamando quanto già precisato nella citata circolare n. 192/E del 1998,
si ricorda che la regolarizzazione spontanea può essere effettuata ai sensi dell’art.
13, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 472 del 1997, eseguendo il pagamento nel
termine di trenta giorni dalla scadenza del “termine lungo”:

-di quanto dovuto a titolo di tributo, comprensivo della maggiorazione dello 0,40
per cento;

-dei relativi interessi moratori calcolati al tasso legale maturati dalla scadenza
del termine lungo al giorno di effettuazione del pagamento;

-della sanzione ridotta pari al 3 per cento dell’importo versato in ritardo (tributo
e maggiorazione dello 0,40 per cento).

In alternativa, la regolarizzazione può avvenire ai sensi del comma 1,
lettera b) del citato art. 13, eseguendo il pagamento entro il termine per la
presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata
commessa la violazione:

-di quanto dovuto a titolo di tributo, comprensivo della maggiorazione dello 0,40
per cento;

-dei relativi interessi moratori calcolati al tasso legale maturati dalla scadenza
del termine lungo al giorno di effettuazione del pagamento;

-della sanzione ridotta pari al 3,75 per cento dell’importo versato in ritardo
(tributo e maggiorazione dello 0,40 per cento).

ESEMPIO n. 2

Riprendendo la situazione descritta nell’esempio n. 1, la regolarizzazione
dell’errore commesso può avvenire -ferma restando l’assenza di contestazioni da


8


parte dell’ufficio -al più tardi entro il termine di presentazione della
dichiarazione per l’anno d’imposta 2012, mediante il versamento della differenza
d’imposta (ossia del residuo tributo dovuto comprensivo della maggiorazione
dello 0,40) pari ad € 301,2, degli interessi, calcolati a far data dalla scadenza del
termine lungo, e delle sanzioni ridotte.

2. Efficacia del ravvedimento in presenza di versamenti carenti
Con riferimento alla questione concernente l’erronea determinazione
dell’importo necessario per sanare l’irregolarità commessa e, quindi, degli
interessi moratori e della relativa sanzione, si è dell’avviso che -in virtù di
quanto chiarito con la risoluzione n. 67/E del 23 giugno 2011 -il ravvedimento di
quanto originariamente e complessivamente dovuto possa considerarsi
perfezionato anche solo parzialmente, cioè limitatamente all’importo versato
entro la scadenza del termine per il ravvedimento.

In merito all’individuazione del dies a quo dal quale far decorrere i
termini per il ravvedimento, con riferimento al versamento del saldo e del primo
acconto dovuti in base alle dichiarazioni, va da sé che andrà considerato il
termine entro cui si è scelto di eseguire l’originario versamento da correggere (16
giugno o 16 luglio).

Laddove il contribuente non abbia versato alcun importo, né entro il 16
giugno né entro il 16 luglio, il termine cui fare riferimento per il calcolo delle
somme dovute -sia in sede di ravvedimento (parziale o meno) che di recupero da
parte degli uffici -è la data naturale di scadenza, ossia il 16 giugno.

Come già chiarito con la citata risoluzione n. 67/E del 2011, una volta
scaduti i termini per il ravvedimento, l’eventuale somma che residua (maggiore
imposta dovuta incrementata o meno della percentuale dello 0,40) non potrà
beneficiare della riduzione delle sanzioni previste dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472
del 1997 in tema di ravvedimento: le sanzioni, pertanto, saranno irrogate dagli


9

uffici, su tale somma residua, nella misura ordinaria, insieme agli interessi per il
tardivo versamento, con decorrenza dalla scadenza del termine di versamento
“scelto” dal contribuente (16 giugno o 16 luglio).

ESEMPIO n. 3

Riprendendo l’esempio n. 1, laddove il contribuente versi, entro il termine
prescritto per il ravvedimento, un importo inferiore al residuo dovuto di € 301,2,
ad esempio € 201,2, con sanzioni e interessi commisurati all’imposta versata, il
ravvedimento si intenderà perfezionato limitatamente a tale importo.

La differenza dovuta e non regolarizzata di € 100 sarà oggetto di recupero
da parte degli uffici, unitamente agli interessi (calcolati con decorrenza dal 16
luglio), e sulla stessa andrà irrogata la sanzione nella misura ordinaria del 30%.

Un caso più complesso da prendere in considerazione concerne l’ipotesi in
cui il contribuente, in sede di ravvedimento, effettui un versamento complessivo
di imposta, sanzioni, interessi in misura inferiore al dovuto e le sanzioni e/o gli
interessi non siano, come nel caso precedente, commisurati all’imposta versata a
titolo di ravvedimento.

In tale evenienza, il ravvedimento potrà ritenersi perfezionato con
riferimento alla quota parte dell’imposta -comprensiva o meno della
maggiorazione a seconda della data dell’originario versamento – proporzionata
al quantum complessivamente corrisposto a vario titolo .

La circostanza che nel modello F24 occorra indicare separatamente
imposta, interessi e sanzioni non fa venir meno l’unitarietà dell’istituto ma, al
fine di avere evidenza dell’intenzione del contribuente di avvalersi dei benefici
del ravvedimento operoso, è necessario che, in sede di predisposizione del
modello di versamento, lo stesso abbia quantomeno provveduto ad imputare


10


parte di quel versamento all’assolvimento delle sanzioni, indicando l’apposito
codice tributo.

Sulla differenza non sanata andranno irrogate, ad opera degli uffici
competenti, le sanzioni in misura ordinaria e/o recuperati gli interessi non versati,
da computare, anche in tal caso, con decorrenza dalla data dell’originario
versamento (16 giugno o 16 luglio).

Poiché i criteri di determinazione di quanto dovuto in presenza di
versamenti carenti, secondo le precisazioni sopra fornite, potranno essere
applicati in via automatizzata solo a seguito della modifica delle procedure
informatiche del controllo automatizzato dei versamenti, in attesa dei necessari
adeguamenti, gli uffici applicheranno i suddetti criteri agli esiti scaturenti dai
controlli automatizzati.

Gli stessi uffici provvederanno, ove occorra, a variare i codici tributo e a
suddividere gli importi versati a vario titolo (imposta, interessi, sanzione) in
modo da determinare l’importo ancora da versare sulla base della percentuale di
completamento individuata secondo le indicazioni sopra fornite.

Gli uffici sono inoltre tenuti ad abbandonare il contenzioso eventualmente
pendente instaurato sulla base di principi difformi da quelli enunciati nella
presente circolare. Per le sanzioni già irrogate con provvedimento definitivo non
è ammessa la ripetizione di quanto pagato.

3.
Carenti versamenti degli importi dovuti per la definizione
dell’accertamento
Sono pervenute a questa Direzione richieste di chiarimenti in merito alle
conseguenze derivanti nell’ipotesi di versamenti eseguiti dal contribuente per un
ammontare inferiore a quello dovuto a titolo di definizione della pretesa
tributaria.


11


In particolare, la questione è sorta con riferimento all’applicazione
dell’istituto dell’acquiescenza all’avviso di accertamento, ai sensi dell’art. 15
d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218 e all’ipotesi di versamenti eseguiti dal contribuente
per un ammontare inferiore a quello dovuto, a fronte dei quali l’acquiescenza
non si ritiene validamente perfezionata, con la conseguente iscrizione a ruolo (o
l’affidamento del carico all’Agente della riscossione, in caso di accertamento
esecutivo ai sensi dell’art. 29 del d.l. n. 78 del 2010) degli importi non versati e
delle sanzioni irrogate nella misura intera.

Nel caso in cui il contribuente intenda definire l’avviso di accertamento ai
sensi dell’art. 15 del d.lgs. n. 218/1997, infatti, è tenuto a versare entro il termine
di presentazione del ricorso le somme dovute a titolo di imposte, interessi e
sanzioni in misura agevolata. Peraltro, il contribuente può anche valutare di
rinunciare alla definizione agevolata dell’intero accertamento e scegliere di
definire le sole sanzioni ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 472/1997, riservandosi il
diritto di presentare eventualmente ricorso per imposte e interessi e versando,
entro il termine di proposizione del ricorso stesso, le sanzioni in misura
agevolata.

Se il contribuente intende beneficiare della possibilità offerta dall’art. 15
del d.lgs. n. 218 del 1997, ma incorre in un errore materiale o di calcolo nel
versamento delle somme dovute, si è dell’avviso che l’acquiescenza possa
ritenersi validamente perfezionata, purché la differenza tra quanto dovuto e
quanto pagato sia di entità lieve, tale da non configurare un atteggiamento
incompatibile con la volontà di definizione dell’accertamento. In questi casi, il
perfezionamento della definizione sarà, naturalmente, subordinato
all’integrazione del dovuto da parte del contribuente. Non assume effetto
preclusivo della definizione la circostanza che il versamento dell’integrazione sia
effettuato con lieve tardività rispetto ai termini previsti dal richiamato articolo

15.

12


Analoghe indicazioni valgono nel caso in cui il contribuente intenda
beneficiare della definizione agevolata delle sanzioni ai sensi dell’art. 17 del
d.lgs. n. 472 del 1997.

Occorre, in definitiva, salvaguardare i comportamenti dai quali traspaia con
evidenza l’intenzione del contribuente di utilizzare correttamente i predetti
istituti.

Si ritiene, infatti, che in tali ipotesi sussista l’interesse comune delle parti
ad addivenire alla definizione, in osservanza dei principi di economicità,
efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa e, nello specifico, dell’attività
di accertamento. L’Ufficio potrà pertanto ritenere validamente perfezionata la
definizione effettuata attraverso il versamento di un ammontare leggermente
inferiore a quello dovuto, a titolo di definizione della pretesa tributaria, e
successivamente integrato dal contribuente.

Nel caso in cui il contribuente effettui, a causa di un errore materiale o di
calcolo, un carente versamento delle somme dovute per il perfezionamento
dell’accertamento con adesione, restano valide le indicazioni fornite dalla
Direzione Centrale Accertamento con Circolare n. 65/E del 28 giugno 2001, in
particolare laddove viene chiarito che in presenza di anomalie di minore entità,
l’Ufficio può valutare il permanere o meno del concreto ed attuale interesse
pubblico al perfezionamento dell’adesione e quindi alla produzione degli effetti
giuridici dell’atto sottoscritto.

******

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le
istruzioni fornite con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle
Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA




Agenzia delle Entrate e prescrizione dei crediti

Agenzia delle Entrate e prescrizione dei crediti: cos'è, come funziona e cosa fare Cos'è la prescrizione? La prescrizione è un istit...