12/09/14

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EURIBOR giornaliero

Data:12/9/2014
Tasso Euribor, quotazioni del 11/9/2014
Euribor 360Euribor 365
Euribor 1 mese0,007%0,007%
Euribor 3 mesi0,084%0,085%
Euribor 6 mesi0,188%0,191%

Quotazione odierne del tasso Eurirs


Data:12/9/2011
Eurirs, quotazioni del 9/9/2011
Eurirs 1 anno1,500%
Eurirs 2 anni1,380%
Eurirs 3 anni1,460%
Eurirs 4 anni1,660%
Eurirs 5 anni1,870%
Eurirs 6 anni2,060%
Eurirs 7 anni2,220%
Eurirs 8 anni2,330%
Eurirs 9 anni2,440%
Eurirs 10 anni2,550%
Eurirs 12 anni2,730%
Eurirs 15 anni2,900%
Eurirs 20 anni3,000%
Eurirs 25 anni2,970%
Eurirs 30 anni2,890%
Eurirs 40 anni2,860%
Eurirs 50 anni2,870%

Regola generale relativa alla riduzione delle spese professionali

Corte di Giustizia Europea

Sezione I

Sentenza 5 luglio 2012, n. C-318/10

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

5 luglio 2012

«Libera prestazione dei servizi – Normativa tributaria – Deduzione a titolo di spese professionali dei compensi corrisposti per retribuire prestazioni di servizi – Compensi corrisposti ad un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in cui non è assoggettato all’imposta sui redditi o vi è assoggettato ad un regime impositivo notevolmente più vantaggioso – Deducibilità subordinata all’obbligo di fornire la prova del carattere effettivo e veritiero della prestazione nonché del carattere normale del corrispettivo ad essa attinente – Ostacolo – Giustificazione – Lotta alla frode e all’evasione fiscale – Efficacia dei controlli fiscali – Ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri – Proporzionalità»

Nella causa C%u2011318/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour de cassation (Belgio), con decisione del 18 giugno 2010, pervenuta in cancelleria il 2 luglio 2010, nel procedimento

Société d’investissement pour l’agriculture tropicale SA (SIAT)

contro

État belge,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg.  Levits (relatore), K.  e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

cancelliere: sig.ra R. %u015Eere%u015F, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 giugno 2011,

considerate le osservazioni presentate:

– per la société d’investissement pour l’agriculture tropicale SA (SIAT), da D. Garabedian e E. Traversa, avocats,

– per il governo belga, da J.-C. Halleux e M. Jacobs, in qualità di agenti,

– per il governo francese, da G. de Bergues e da N. Rouam, in qualità di agenti,

– per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes, J. Menezes Leitão e S. Jaulino, in qualità di agenti,

– per il governo del Regno Unito, da H. Walker, in qualità di agente,

– per la Commissione europea, da R. Lyal e J.%u2011P. Keppenne, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 settembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione dell’articolo 49 CE.

2 Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra la société d’investissement pour l’agriculture tropicale SA (in prosieguo: la «SIAT») e l’État Belge, rappresentato dal Ministro delle Finanze, in merito al rifiuto di quest’ultimo di consentire la deduzione, a titolo di spese professionali, dell’importo di BEF 28 402 251 che tale società aveva contabilizzato in quanto onere nei suoi bilanci al 31 dicembre 1997.

Contesto normativo belga

3 L’articolo 26 del code des impôts sur les revenus de 1992 (codice delle imposte sui redditi del 1992, in prosieguo: il «CIR 1992») così dispone:

«Salvo l’applicazione dell’articolo 49 e quanto stabilito dall’articolo 54, qualora un’impresa con sede in Belgio conceda benefici anomali o senza contropartita, questi sono sommati agli utili propri di detta impresa, a meno che i benefici siano considerati per determinare i redditi imponibili dei beneficiari.

Ferma restando la limitazione prevista al primo comma, sono sommati agli utili propri i benefici anomali o senza contropartita che l’impresa concede:

(...)

2° ad un contribuente ai sensi dell’articolo 227 o a uno stabilimento situato all’estero che, in virtù delle disposizioni della legislazione del paese ove sono stabiliti, non sono ivi assoggettati a un’imposta sul reddito o sono assoggettati a un regime fiscale notevolmente più vantaggioso di quello a cui è sottoposta l’impresa stabilita in Belgio;

(...)».

4 L’articolo 49 del CIR 1992 prevede quanto segue:

«Sono deducibili a titolo di spese professionali le spese che il contribuente ha effettuato o sostenuto durante il periodo imponibile per acquisire o mantenere i redditi imponibili, l’esistenza e l’importo delle quali vengono dimostrati dal contribuente attraverso documenti o, se ciò non fosse possibile, tramite ogni altro mezzo di prova ammesso dal diritto comune, escluso il giuramento.

Sono considerate spese effettuate o sostenute durante il periodo imponibile quelle effettivamente corrisposte o sopportate durante questo periodo o che hanno acquisito la natura di debiti o di perdite comprovati e certi, e sono contabilizzate come tali».

5 Ai sensi dell’articolo 53 del CIR 1992:

«Non costituiscono spese professionali:

(...)

10° qualsiasi spesa che superi in modo non ragionevole le necessità professionali;

(...)».

6 L’articolo 54 del CIR 1992 ha il seguente tenore letterale:

«Gli interessi, i canoni per la concessione dell’uso di brevetti, procedimenti di fabbricazione ed altri diritti analoghi o i corrispettivi per prestazioni o servizi non sono considerati spese professionali allorché sono corrisposti o versati direttamente o indirettamente ad un contribuente ai sensi dell’articolo 227 o ad un ente straniero il quale, in forza delle disposizioni del paese in cui hanno sede, non sono sottoposti ad un’imposta sui redditi ovvero vi sono sottoposti, per i redditi in questione, ad un regime impositivo notevolmente più vantaggioso di quello cui sono sottoposti in Belgio, a meno che il contribuente non dimostri, con qualsiasi mezzo legale, che essi corrispondono ad operazioni effettive e veritiere e non oltrepassano i limiti normali».

7 In forza dell’articolo 227, 2°, del CIR 1992, sono assoggettate all’imposta sui non residenti, tra gli altri, le società straniere che non hanno la sede sociale, lo stabilimento principale o la sede della direzione o amministrazione in Belgio.

Procedimento principale e questione pregiudiziale

8 La SIAT, una società di diritto belga, ha costituito nel 1991, in comune con un gruppo nigeriano, una controllata per la coltivazione di palmeti, ai fini della produzione di olio di palma.

9 Gli accordi tra le parti prevedevano, da un lato, che la SIAT avrebbe fornito servizi retribuiti e venduto attrezzature alla controllata comune e, dall’altro, che avrebbe corrisposto una parte degli utili realizzati da quest’ultima, a titolo di commissioni di assistenza commerciale, alla capofila del gruppo nigeriano, vale a dire la società lussemburghese Megatrade International SA (in prosieguo: la «MISA»).

10 Nel 1997, si sono svolte discussioni tra le parti in merito all’importo esatto delle commissioni dovute dalla SIAT. Tali discussioni hanno condotto alla fine della collaborazione all’impegno, assunto dalla SIAT, di versare alla MISA un importo pari a USD 2 000 000 a titolo di liquidazione.

11 Di conseguenza, la SIAT ha iscritto come onere, nei suoi bilanci al 31 dicembre 1997, un importo pari a BEF 28 402 251 per il pagamento delle commissioni dovute alla MISA.

12 Atteso che la MISA godeva dello status di società holding, disciplinata dal diritto lussemburghese del 31 luglio 1929 sul regime fiscale delle società di partecipazioni finanziarie, e che essa non era dunque assoggettata ad un’imposta analoga all’imposta belga sulle società, l’amministrazione tributaria belga (in prosieguo: l’«amministrazione tributaria»), in applicazione dell’articolo 54 del CIR 1992, ha respinto la deduzione della somma di BEF 28 402 251 a titolo di spese professionali.

13 In seguito al ricorso proposto dalla SIAT contro la decisione dell’amministrazione tributaria, il tribunal de première instance de Bruxelles, con sentenza del 21 febbraio 2003, e la cour d’appel de Bruxelles, con sentenza del 12 marzo 2008, hanno confermato la posizione di tale amministrazione.

14 La SIAT ha proposto un ricorso dinanzi alla Cour de cassation, la quale, nutrendo dubbi sull’interpretazione dell’articolo 49 CE, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. [49 CE], nella sua versione applicabile al caso di specie, tenuto conto che i fatti all’origine della controversia sono anteriori all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale di uno Stato membro secondo la quale i compensi di prestazioni o di servizi non vengono considerati spese professionali deducibili quando sono pagati o attribuiti direttamente o indirettamente ad un contribuente residente in un altro Stato membro o a un’impresa estera che, in virtù della legislazione del paese ove sono stabiliti, non sono ivi assoggettati a un’imposta sul reddito o sono assoggettati, per i redditi in oggetto, a un regime fiscale notevolmente più vantaggioso di quello cui tali redditi sono assoggettati nello Stato membro la cui normativa è in esame, a meno che il contribuente non dimostri con qualsiasi mezzo giuridico che tali compensi corrispondono ad operazioni effettive e veritiere che non oltrepassano i limiti normali, mentre una tale prova non è richiesta per la deduzione dei compensi di prestazioni o di servizi versati ad un contribuente residente in tale Stato membro, neppure se il contribuente non è assoggettato all’imposta sui redditi o è assoggettato a un regime fiscale notevolmente più vantaggioso di quello di diritto comune di tale Stato».

Sulla domanda di pronuncia pregiudiziale

Osservazioni preliminari

15 Come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale e dalle osservazioni presentate alla Corte, la regola generale relativa alla riduzione delle spese professionali è contenuta all’articolo 49 del CIR 1992, secondo cui è possibile dedurre talune spese a titolo di spese professionali se esse sono necessarie per realizzare o conservare i redditi imponibili e se il contribuente ne dimostra l’effettività e l’importo (in prosieguo: la «regola generale»).

16 Orbene, nel procedimento principale, la SIAT contesta la compatibilità con il diritto dell’Unione della regola speciale prevista all’articolo 54 del CIR 1992, su cui si è fondata l’amministrazione tributaria per respingere la domanda di deduzione delle spese professionali presentata da tale società. Conformemente a tale articolo 54, i corrispettivi per prestazioni o servizi, versati da contribuenti belgi a contribuenti residenti in un altro Stato membro, in cui questi ultimi non sono soggetti ad un’imposta sui redditi o vi sono soggetti, per i redditi in questione, ad un regime impositivo notevolmente più vantaggioso di quello cui tali redditi sarebbero assoggettati in Belgio, non sono considerati spese professionali deducibili, a meno che il contribuente belga dimostri che detti corrispettivi fanno riferimento ad un’operazione effettiva e veritiera che non oltrepassano i limiti normali (in prosieguo: la «regola speciale»).

17 Di conseguenza, si deve considerare che, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 49 CE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale i corrispettivi per prestazioni o servizi, versati da un contribuente residente ad una società non residente, non sono considerati spese professionali deducibili qualora quest’ultima non sia assoggettata, nello Stato membro in cui è stabilita, ad un’imposta sui redditi o vi sia assoggettata, per i redditi in questione, ad un regime impositivo notevolmente più vantaggioso di quello in cui rientrano tali redditi nel primo Stato membro, a meno che il contribuente non dimostri che tali corrispettivi si riferiscono ad operazioni effettive e veritiere e che essi non superano i limiti normali, mentre, secondo la regola generale, siffatti corrispettivi sono deducibili a titolo di spese professionali allorché sono necessari per realizzare o conservare i redditi imponibili ed il contribuente ne dimostra l’effettività e l’importo.

Sull’esistenza di una restrizione alla libera prestazione dei servizi

18 La Corte ha più volte dichiarato che l’articolo 49 CE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che produca l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (v., in particolare, sentenza dell’11 giugno 2009, X e Passenheim-van Schoot, C%u2011155/08 e C%u2011157/08, Racc. pag. I%u20115093, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). Costituiscono restrizioni alla libera prestazione dei servizi le misure nazionali che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio di tale libertà (v., in particolare, sentenze del 4 dicembre 2008, Jobra, C%u2011330/07, Racc. pag. I%u20119099, punto 19, e del 22 dicembre 2010, Tankreederei I, C%u2011287/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 15).

19 Peraltro, secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 49 CE conferisce diritti non soltanto al prestatore di servizi, ma anche al destinatario degli stessi (v. sentenze del 26 ottobre 1999, Eurowings Luftverkehr, C%u2011294/97, Racc. pag. I%u20117447, punto 34; del 3 ottobre 2006, FKP Scorpio Konzertproduktionen, C%u2011290/04, Racc. pag. I%u20119461, punto 32, nonché del 1° luglio 2010, Dijkman e Dijkman-Lavaleije, C%u2011233/09, Racc. pag. I%u20116645, punto 24).

20 Precisato quanto precede, non si può considerare, contrariamente a quanto afferma il governo francese nelle sue osservazioni scritte, che negli ambiti della regola generale e della regola speciale si riscontrano le stesse condizioni materiali per quanto riguarda la deduzione delle spese professionali.

21 Infatti, nell’ambito della regola generale, il contribuente deve fornire la prova dell’effettività e dell’importo delle spese sostenute, in quanto, secondo il governo belga, l’amministrazione tributaria presume il carattere necessario di tali spese per realizzare o conservare i redditi imponibili. Inoltre, conformemente all’articolo 53, 10°, del CIR 1992, l’importo delle spese non deve superare in modo irragionevole le necessità professionali.

22 Invece, ai sensi della regola speciale, per confutare la presunzione di non deducibilità delle spese, il contribuente deve provare, da un lato, che esse corrispondono ad operazioni effettive e veritiere, il che comporta, conformemente al commentario amministrativo del CIR 1992, cui hanno fatto riferimento dinanzi alla Corte tanto la SIAT, quanto la Commissione, la prova che le spese rientrano nell’ambito abituale delle operazioni professionali, che esse corrispondono ad una necessità industriale, commerciale o finanziaria e che trovano o devono normalmente trovare una compensazione nell’insieme dell’attività dell’impresa. Risulta dallo stesso commentario che non è sufficiente, a tal riguardo, presentare atti, nonché documenti, giuridicamente validi, bensì occorre anzitutto indurre il ragionevole convincimento del funzionario dell’amministrazione tributaria in merito al carattere effettivo e veritiero delle operazioni in questione. Come ha rilevato il governo belga nelle sue osservazioni scritte presentate alla Corte, per ottenere la riduzione, il contribuente residente deve dimostrare l’assenza di simulazione delle operazioni professionali.

23 Dall’altro, il contribuente deve provare che le spese professionali in questione non eccedono i limiti normali, il che comporta, secondo i chiarimenti forniti dal governo belga dinanzi alla Corte durante l’udienza, che si proceda ad un confronto dell’operazione in questione con la prassi normale degli operatori sul mercato, mentre, come è stato ricordato al punto 21 della presente sentenza, l’articolo 53, 10°, del CIR 1992 esclude dalla deduzione, per quanto riguarda le spese professionali sostenute da contribuenti con sede in Belgio, soltanto le spese «irragionevoli».

24 Di conseguenza, va constatato che la presunzione di non deducibilità delle spese professionali nonché le condizioni materiali cui è subordinata la loro eventuale deduzione, come previste all’articolo 54 del CIR 1992, rendono l’ottenimento di quest’ultima sulla base di tale articolo più difficile rispetto a quando la deduzione è accordata conformemente alla regola generale stabilita all’articolo 49 dello stesso codice.

25 Inoltre, occorre sottolineare che la regola speciale può essere applicata allorché i corrispettivi sono versati a prestatori che, in forza delle disposizioni della normativa dello Stato membro in cui sono stabiliti, non sono assoggettati ad un’imposta sui redditi o vi sono assoggettati, per i redditi in questione, ad un «regime impositivo notevolmente più vantaggioso di quello cui tali redditi sono assoggettati in Belgio».

26 Come ammette il governo belga, in assenza di precisazioni normative o di istruzioni amministrative su ciò che occorra intendere per «un regime impositivo notevolmente più vantaggioso di quello cui tali redditi sono assoggettati in Belgio», la valutazione relativa all’applicabilità della regola speciale viene svolta caso per caso dall’amministrazione tributaria sotto il controllo dei giudici nazionali.

27 Ne consegue che il campo di applicazione di detta regola speciale non è previamente determinato con sufficiente precisione e, in una situazione in cui il prestatore dei servizi è stabilito in uno Stato membro diverso dal Regno del Belgio e vi è assoggettato ad un regime impositivo più vantaggioso di quello cui tali redditi sono assoggettati in Belgio, sussistono incertezze sul problema di sapere se detto regime sarà considerato un «regime notevolmente più vantaggioso» e se, pertanto, la regola speciale troverà applicazione.

28 Di conseguenza, una siffatta regola speciale, che prevede presupposti più restrittivi per ottenere la deduzione delle spese professionali rispetto a quelli previsti dalla regola generale ed il cui campo di applicazione non è previamente determinato con precisione, è atta a dissuadere, da un lato, i contribuenti belgi dall’esercizio del loro diritto alla libera prestazione dei servizi e dal ricorso ai servizi di prestatori stabiliti in un altro Stato membro e, dall’altro, a dissuadere questi ultimi dall’offrire i loro servizi a destinatari stabiliti in Belgio (v., in tal senso, sentenza del 26 giugno 2003, Skandia e Ramstedt, C%u2011422/01, Racc. pag. I%u20116817, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

29 Ne consegue che l’articolo 54 del CIR 1992 costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 49 TFUE.

30 Tale conclusione non è inficiata dagli argomenti dei governi belga, francese e portoghese secondo cui, alla luce delle esigenze in materia di onere della prova, un contribuente residente che effettua un pagamento ad un altro residente si trova in una situazione oggettivamente diversa da quella di un contribuente residente che effettua un pagamento ad un non residente il quale gode di un regime fiscale notevolmente più vantaggioso rispetto al regime belga. Tali governi, in sostanza, fanno valere che il rischio che l’operazione abbia la finalità essenziale di eludere l’imposta normalmente dovuta esiste solo in quest’ultima situazione e che il contribuente residente destinatario di servizi è il soggetto che meglio di altri può produrre gli elementi di prova relativi al carattere effettivo e veritiero dell’operazione, atteso che i prestatori di servizi stabiliti in uno Stato membro diverso dal Regno del Belgio non sono direttamente assoggettati al controllo dell’amministrazione tributaria belga.

31 Occorre rilevare che, rispetto ad un vantaggio fiscale, vale a dire la possibilità di dedurre a titolo di spese professionali i corrispettivi versati ad un prestatore di servizi, il destinatario di questi ultimi che risiede in Belgio non si trova in una situazione diversa a seconda che tale prestatore sia stabilito o meno nello stesso Stato membro o a seconda che lo stesso prestatore sia assoggettato in un altro Stato membro ad un trattamento fiscale più o meno vantaggioso. In tutti tali casi, i destinatari dei servizi possono aver sostenuto spese effettive, che sono idonee ad essere dedotte a titolo di spese professionali allorché sono soddisfatti i presupposti necessari per poter beneficiare di detto vantaggio fiscale.

32 Certo, i prestatori di servizi non residenti non sono direttamente soggetti al controllo dell’amministrazione tributaria belga. Tuttavia, il diverso trattamento di cui trattasi nel procedimento principale non riguarda i prestatori di servizi, a seconda che siano o meno stabiliti in Belgio, bensì i destinatari di servizi residenti che sono direttamente soggetti al controllo di detta amministrazione. Orbene, nei confronti di tali destinatari, quest’ultima può non solo imporre condizioni da rispettare per beneficiare di detto vantaggio fiscale, dirette a garantire che esso non è accordato qualora l’operazione abbia come finalità essenziale l’elusione dell’imposta normalmente dovuta, ma anche procedere ai controlli ed alle verifiche necessari a tal fine.

33 Di conseguenza, la circostanza che, dal punto di vista dell’amministrazione tributaria, il rischio di frode sia più elevato in talune situazioni rispetto ad altre non incide sulla somiglianza della situazione dei destinatari di servizi.

Sulla giustificazione della restrizione alla libera prestazione dei servizi

34 Dalla giurisprudenza della Corte risulta che una restrizione alla libera prestazione dei servizi può essere ammessa solo se essa persegue uno scopo legittimo compatibile con il Trattato CE ed è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, sempreché, in tal caso, essa sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v., in particolare, sentenze del 5 giugno 1997, SETTG, C%u2011398/95, Racc. pag. I%u20113091, punto 21; del 18 dicembre 2007, Laval un Partneri, C%u2011341/05, Racc. pag. I%u201111767, punto 101, nonché Jobra, cit., punto 27).

35 Secondo i governi belga, francese, portoghese e del Regno Unito, nonché secondo la Commissione, la normativa di cui trattasi nel procedimento principale può essere giustificata dalla lotta contro l’evasione e la frode fiscali, dalla necessità di preservare l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, nonché, secondo i governi francese e portoghese, dalla necessità di preservare l’efficacia dei controlli fiscali.

36 A tal riguardo, la Corte ha già dichiarato che costituiscono motivi imperativi di interesse generale che possono giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato tanto la lotta contro la frode fiscale (v., in particolare, sentenza dell’11 ottobre 2007, ELISA, C%u2011451/05, Racc. pag. I%u20118251, punto 81) quanto la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali (v., in particolare, sentenza del 18 dicembre 2007, A, C%u2011101/05, Racc. pag. I%u201111531, punto 55).

37 Allo stesso modo, è già stato dichiarato che una restrizione all’esercizio di una libertà di circolazione in seno all’Unione europea può essere giustificata al fine di preservare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri (v. sentenza del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C%u2011436/08 e C%u2011437/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 121 e giurisprudenza ivi citata).

38 Per quanto riguarda, in primo luogo, la lotta contro la frode fiscale, occorre rilevare che la sola circostanza che un contribuente residente ricorra ai servizi di un prestatore di servizi non residente non può fondare una presunzione generale dell’esistenza di una pratica abusiva e giustificare una misura che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (v., per analogia, sentenze del 21 novembre 2002, X e Y, C%u2011436/00, Racc. pag. I%u201110829, punto 62; del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C%u2011196/04, Racc. pag. I%u20117995, punto 50; del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, C%u2011524/04, Racc. pag. I%u20112107, punto 73; del 17 gennaio 2008, Lammers & Van Cleeff, C%u2011105/07, Racc. pag. I%u2011173, punto 27, nonché Jobra, cit., punto 37).

39 La Corte ha altresì dichiarato che un’eventuale agevolazione fiscale risultante, in capo a prestatori di servizi, dalla fiscalità poco elevata alla quale questi ultimi vengano assoggettati nello Stato membro nel quale sono stabiliti non può, di per sé, consentire ad un altro Stato membro di giustificare un trattamento fiscale meno favorevole dei destinatari dei servizi stabiliti in quest’ultimo Stato. (v. sentenze citate Eurowings Luftverkehr, punto 44, nonché Skandia e Ramstedt, punto 52).

40 Perché sia giustificata da motivi di lotta all’evasione e all’elusione fiscale, una restrizione alla libera prestazione di servizi deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate a eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale (v., in tal senso, sentenze citate Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, punto 55, nonché Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, cit., punto 74).

41 Nella fattispecie, l’articolo 54 del CIR 1992 mira ad ostacolare i comportamenti che consistono nel ridurre la base imponibile dei contribuenti residenti retribuendo inesistenti prestazioni di servizi al solo fine di eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale.

42 Prevedendo che i corrispettivi versati a prestatori non residenti non sono considerati spese professionali a meno che il contribuente non dimostri che essi corrispondono ad operazioni effettive e veritiere e non oltrepassano i limiti normali, la normativa di cui trattasi nel procedimento principale consente di conseguire l’obiettivo di prevenzione della frode e dell’evasione fiscali ai fini della quale essa è stata adottata.

43 In secondo luogo, va constatato che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale è tale da essere giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali. Infatti, tale normativa non esclude in modo assoluto la deduzione a titolo di spese professionali dei corrispettivi versati ai prestatori che, in forza delle disposizioni della normativa dello Stato membro in cui sono stabiliti, non vi sono assoggettati ad un’imposta sul reddito o vi sono assoggettati, per i redditi in questione, ad un regime impositivo notevolmente più vantaggioso di quello in cui rientrano tali redditi in Belgio, bensì consente ai contribuenti residenti di fornire la prova dell’effettività e della veridicità delle operazioni svolte, nonché del carattere normale delle spese sostenute.

44 Orbene, risulta dalla giurisprudenza della Corte che, al fine di garantire l’efficacia dei controlli fiscali, che mirano a lottare contro la frode fiscale, uno Stato membro è autorizzato ad applicare misure che consentano la verifica, in modo chiaro e preciso, dell’importo delle spese deducibili in tale Stato a titolo di spese professionali (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 1999, Baxter e a., C%u2011254/97, Racc. pag. I%u20114809, punto 18; del 10 marzo 2005, Laboratoires Fournier, C%u201139/04, Racc. pag. I%u20112057, punto 24, e del 13 marzo 2008, Commissione/Spagna, C%u2011248/06, punto 34).

45 Per quanto riguarda, in terzo luogo, la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, si deve ricordare che una siffatta giustificazione può essere ammessa qualora, in particolare, il regime di cui trattasi sia inteso a prevenire comportamenti tali da violare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul suo territorio (v. sentenza del 21 gennaio 2010, SGI, C%u2011311/08, Racc. pag. I%u2011487, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

46 Orbene, comportamenti come quelli descritti al punto 41 della presente sentenza sono tali da violare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte dai contribuenti residenti sul loro territorio e da compromettere, così, l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri (v. sentenza Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit., punto 56).

47 Pertanto, nei limiti in cui la normativa di cui trattasi nel procedimento principale ostacola comportamenti fraudolenti come quelli descritti al punto 41 della presente sentenza e consente all’État belge di esercitare la sua competenza fiscale rispetto alle attività svolte sul suo territorio, tale normativa è idonea a consentire la salvaguardia della ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri.

48 Si deve quindi constatare che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale è idonea a conseguire gli obiettivi di prevenzione della frode e dell’evasione fiscale, della salvaguardia dell’efficacia dei controlli fiscali e della ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, obiettivi che sono, come emerge da quanto precede, strettamente legati tra loro nel procedimento principale.

49 Tuttavia, occorre ancora verificare se detta normativa non vada al di là di quanto necessario per conseguire tali obiettivi.

50 A tal riguardo, risulta dalla giurisprudenza della Corte che può essere considerata come non eccedente quanto necessario per prevenire pratiche abusive una normativa nazionale che si fonda su un esame di elementi oggettivi e verificabili per stabilire se una transazione consista in una costruzione di puro artificio a soli fini fiscali e che, in tutti i casi in cui l’esistenza di una tale costruzione non può essere esclusa, consente al contribuente, senza eccessivi oneri amministrativi, di produrre elementi relativi alle eventuali ragioni commerciali per le quali tale transazione è stata conclusa (v., in tal senso, sentenza Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, cit., punto 82).

51 Inoltre, di per sé, né i motivi attinenti alla fiscalità, né la circostanza che le stesse operazioni avrebbero potuto essere effettuate anche da prestatori stabiliti sul territorio dello Stato membro in cui è stabilito il contribuente possono permettere di concludere per l’assenza di effettività e veridicità delle operazioni in questione (v., in tal senso, sentenza Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit., punto 69).

52 Allo stesso modo, la Corte ha già dichiarato che qualora la transazione di cui trattasi ecceda quanto le società interessate avrebbero convenuto in un regime di piena concorrenza, la misura fiscale correttrice, per non essere considerata sproporzionata, deve limitarsi alla frazione che supera ciò che sarebbe stato convenuto in siffatte circostanze (v., in tal senso, sentenza SGI, cit., punto 72).

53 Infatti, a condizione che siano rispettati i presupposti menzionati ai punti 50%u201152 della presente sentenza, la necessità di fornire la prova dell’effettività e della veridicità delle operazioni, nonché del carattere normale delle spese sostenute, non sembrano oltrepassare, di per sé, quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti.

54 Tuttavia, come rilevato al punto 25 della presente sentenza, la regola speciale può essere applicata allorché i corrispettivi sono versati a prestatori che, in forza delle disposizioni della normativa dello Stato membro in cui sono stabiliti, non vi sono assoggettati ad un’imposta sui redditi o vi sono assoggettati, per i redditi in questione, ad un regime impositivo notevolmente più vantaggioso di quello in cui rientrano tali redditi in Belgio.

55 In tali circostanze, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, la regola speciale impone al contribuente belga di dimostrare sistematicamente l’effettività e la veridicità di tutte le prestazioni, nonché di provare il carattere normale di tutti i corrispettivi ad esse attinenti, senza che l’amministrazione sia tenuta a fornire un benché minimo indizio di prova di frode o di evasione fiscale.

56 Infatti, detta regola speciale può essere applicata in assenza di qualsivoglia criterio oggettivo e verificabile da parte di terzi che possa servire da indizio dell’esistenza di una costruzione di puro artificio, priva di realtà economica, al fine di eludere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati dalle attività svolte sul territorio nazionale, in quanto viene preso in considerazione solo il livello impositivo cui è assoggettato il prestatore di servizi nello Stato membro ove è stabilito.

57 Orbene, è giocoforza constatare che, come rilevato al punto 27 della presente sentenza, una siffatta regola non consente di determinare previamente e con sufficiente precisione il proprio campo di applicazione e lascia sussistere incertezze quanto alla sua applicabilità.

58 Una regola siffatta non soddisfa pertanto le esigenze della certezza del diritto, la quale esige che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare quando esse possano avere conseguenze sfavorevoli per gli individui e le imprese (v., in tal senso, sentenze del 7 giugno 2005, VEMW e a., C%u201117/03, Racc. pag. I%u20114983, punto 80, nonché del 16 febbraio 2012, Costa e Cifone, C%u201172/10 e C%u201177/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 74).

59 Orbene, una regola che non soddisfa le esigenze del principio di certezza del diritto non può essere considerata proporzionata agli obiettivi perseguiti.

60 Considerato quanto precede, si deve rispondere alla questione sottoposta dichiarando che l’articolo 49 CE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale i corrispettivi per prestazioni o servizi, versati da un contribuente residente ad una società non residente, non sono considerati spese professionali deducibili qualora quest’ultima non sia assoggettata, nello Stato membro in cui è stabilita, ad un’imposta sui redditi o vi sia assoggettata, per i redditi in questione, ad un regime impositivo notevolmente più vantaggioso di quello in cui rientrano tali redditi nel primo Stato membro, a meno che il contribuente non dimostri che tali corrispettivi si riferiscono ad operazioni effettive e veritiere e che essi non superano i limiti normali, mentre, secondo la regola generale, siffatti corrispettivi sono deducibili a titolo di spese professionali allorché sono necessari per realizzare o conservare i redditi imponibili ed il contribuente ne dimostra l’effettività e l’importo.

Sulle spese

61 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’articolo 49 CE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale i corrispettivi per prestazioni o servizi, versati da un contribuente residente ad una società non residente, non sono considerati spese professionali deducibili qualora quest’ultima non sia assoggettata, nello Stato membro in cui è stabilita, ad un’imposta sui redditi o vi sia assoggettata, per i redditi in questione, ad un regime impositivo notevolmente più vantaggioso di quello in cui rientrano tali redditi nel primo Stato membro, a meno che il contribuente non dimostri che tali corrispettivi si riferiscono ad operazioni effettive e veritiere e che essi non superano i limiti normali, mentre, secondo la regola generale, siffatti corrispettivi sono deducibili a titolo di spese professionali allorché sono necessari per realizzare o conservare i redditi imponibili ed il contribuente ne dimostra l’effettività e l’importo.

IRAP NON DOVUTA PER L'ATTIVITA' DI COLLABORAZIONE

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Sentenza 15 marzo - 13 luglio 2012, n. 11947
(Presidente Pivetti – Relatore Virgilio)
Ritenuto in fatto
1. L. Q. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento dell'appello dell'Ufficio, è stato negato alla contribuente, avvocato, il diritto al rimborso dell'IRAP versata per gli anni 2003/2006.

Il giudice a quo ha ritenuto, per quanto ancora qui interessa, che: a) per quanto riguarda il primo versamento in acconto la contribuente era decaduta dal diritto al rimborso ex art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973; b) per gli anni coperti dal concordato preventivo di cui all'art. 33 del dl. n. 269 del 2003 (convertito in legge n. 426 del 2003) il rimborso era precluso; e) la contribuente si era avvalsa della struttura di uno studio associato, nel quale le erano stati messi a disposizione mezzi e servizi.

2. L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

3. La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto
1. II primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la dichiarazione di tardività, ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, dell'istanza di rimborso, presentata il 5 novembre 2007, rispetto al versamento della prima rata di acconto, effettuato il 18 giugno 2003, è infondato, sulla base della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il termine di decadenza per la presentazione dell'istanza di rimborso, previsto dal citato art. 38, decorre dal versamento del saldo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un'eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all'ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva dell'in e del quantum dell'obbligazione fiscale, mentre non può che decorrere dai giorno dei singoli versamenti in acconto qualora venga contestato in radice l'obbligo del pagamento del tributo, non trattandosi di determinazione rilevabile soltanto in sede di pagamento del saldo, e sussistendo quindi in questa ipotesi l'interesse e la possibilità dì richiedere il rimborso sin dal versamento dell'acconto (ex plurimis, in generale, Cass. nn. 5978 del 2006, 13478 del 2008; in tema di IRAP, Cass. n. 24058 del 2011).

2. Con il secondo motivo, è denunciata la violazione dell'art. 33 del d.l. n. 269 del 2003, censurando la sentenza impugnata per avere il giudice a quo affermato che l'adesione al concordato preventivo di cui alla norma citata ha effetto preclusivo del diritto al rimborso dell'IRAP.
il motivo è fondato.

L'istituto del concordato preventivo biennale, introdotto "in forma sperimentale" ("in attesa dell'avvio a regime del concordato preventivo triennale") dall'art. 33 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326), concerne essenzialmente le imposte sui redditi, essendo il beneficio concesso ai titolari dì reddito d'impresa o di reddito di lavoro autonomo, ed ha limitati effetti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto: ciò chiaramente si evince da varie disposizioni della disciplina dell'istituto, quali, in particolare, oltre quella che stabilisce gli effetti dell'osservanza degli obblighi connessi all'adesione al concordato -comma 3 -, tutte quelle che fanno riferimento, come oggetto del concordato, ai "ricavi" e ai "compensi", intendendosi espressamente per tali, rispettivamente, quelli di cui all'art. 53 e all'art. 50 del d.P.R. n. 917 del 1986 - commi 4, 5, 9, 12, 14 -, nonché la norma - comma 8 - che prevede, per i periodi d'imposta soggetti a concordato, la parziale inibizione dei poteri di accertamento spettanti all'amministrazione finanziaria ex arti. 39 del d.P.R. ti. 600 del 1973, 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972.

Anche la circolare n. 5/E del 4 febbraio 2004 dell'Agenzia delle entrate conferma che in conformità al dato testuale della norma riportata al comma 4 dell'articolo 33 del decreto (secondo cui l'adeguamento in dichiarazione rileva "ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto") e in coerenza con quanto ordinariamente previsto nei casi di adeguamento agli studi di settore ed ai parametri, non è dovuto, invece, l'adeguamento all'lRAP; nel caso di specie, invero, il legislatore consente di effettuare un adeguamento di tipo extra contabile che rende irrilevante tale componente ai fini della determinazione della base imponibile della predetta imposta (par. 2.4.2.); <l'adeguamento ha effetto ai fini delle imposte sul reddito e relative addizionali comunali e regionali, nonché ai fini dell'IVA. Non è, invece, dovuta l'IRAP, sulla base delle considerazioni svolte nel paragrafo 2.4.2> (par. 3.2.1).

In ragione, pertanto, del rilievo che l'IRAP esula dalla portata applicativa dell'istituto del concordato preventivo biennale di cui all'art. 33 cit., deve escludersi che l'adesione a tale beneficio comporti effetti preclusivi ai fini del diritto al rimborso di detta imposta.

Resta assorbito il terzo, subordinato, motivo di ricorso.

3. Con il quarto e il quinto motivo, la ricorrente denuncia la violazione della disciplina istitutiva dell'IRAP, nonché il vizio dì motivazione, per avere il giudice di merito affermato il suo assoggettamento all'IRAP in quanto si era "avvalsa di una struttura di studio associato nel quale beni e servizi le sono stati messi a disposizione".

E' fondato il quarto motivo (con assorbimento del quinto).

Risulta incontestato che la ricorrente ha svolto, negli anni d'imposta in esame, attività di collaborazione presso studi legali ed in favore dei medesimi (ai quali fatturava i suoi compensi, come lo stesso Ufficio ha sostenuto in appello), avvalendosi di beni e strumenti di detti studi.

Ne deriva, secondo la costante giurisprudenza dì questa Corte, che, una volta escluso l'esercizio in forma associata della professione (che costituisce di per sé presupposto dell'imposta: Cass. n. 16784 del 2010), manca una delle condizioni per la sussistenza dell'autonoma organizzazione, cioè che il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione medesima e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse (tra le più recenti, Cass. nn. 8556 e 26161 del 2011; per una fattispecie analoga, cfr. Cass. n. 15805 del 2011).

4. In conclusione, va rigettato il primo motivo del ricorso ed accolti gli altri; la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, dichiarando dovuto il rimborso alla contribuente, ad esclusione del versamento del primo acconto del 18 giugno 2003.

5. La peculiarità della fattispecie e l'alternanza degli esiti della controversia inducono il Collegio a disporre la compensazione delle spese dell'intero giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo dì ricorso ed accoglie gli altri. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara dovuto il rimborso ad esclusione del versamento del primo acconto.

TRIBUNALE DI LECCE - SEZIONE I - SENTENZA 12 aprile 2013, n.1354


TRIBUNALE DI LECCE - SEZ. I - SENTENZA 12 aprile 2013, n.1354 -

Svolgimento del processo e motivi della decisione

La presente motivazione viene redatta nella forma prevista dall'art. 132 n. 4 c.p.c., come modificato dall'art. 45, comma 17, della legge 18.06.2009, n. 69, che per effetto dell'art. 58, comma 2, della cit. legge 18.06.2009, n. 69, si applica anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge, avvenuta il 4.7.2009.

Occorre in primo luogo affrontare la questione preliminare di decadenza avanzata dalla difesa di entrambe le convenute, in quanto potenzialmente idonea, in caso di suo accoglimento a definire l'intero giudizio precludendo l'esame del merito.

L'eccezione proposta è infondata e ciò a prescindere dalla qualificazione dell' attrice come consumatore ai fini dell'applicazione della disciplina del codice del consumo, con il conseguente più lungo termine di decadenza di due mesi ai sensi della norma dell'art. 132 D.Lgs. n. 206 del 2005, rispetto a quello di otto giorni previsto dalla norma generale in tema di vendita dell'art. 1495 c.c ..

In ogni caso deve comunque rilevarsi la correttezza dell'applicazione della normativa del codice del consumo alla fattispecie in esame, trattandosi di contratto stipulato per esigenze estranee all'attività professionale o imprenditoriale eventualmente svolta dall' attrice, in considerazione della natura mista che il bene acquistato, autovettura, normalmente svolge, sia per recarsi materialmente al luogo di lavoro, sia per le altre pur allegate esigenze della vita quotidiana.

Non si tratta cioè di bene che per le specifiche allegazioni dedotte in causa, si palesa come strumento necessario e esclusivo dell'attività lavorativa svolta dall'attrice, la quale va quindi qualificata come consumatrice ai sensi della menzionata normativa.

Ma a prescindere da tale questione di qualificazione, la decadenza non è comunque intervenuta per la semplice ragione che tempestivamente, accortasi delle vibrazioni nel febbraio 2008, un mese dopo l'acquisto del veicolo, parte attrice ha portato alla convenuta Federcommissionaria il mezzo segnalandole l'accaduto e questa ha provveduto ad effettuare la sostituzione delle guarnizioni interne oltre che lavori alla carrozzeria.

Tale circostanza non è stata in alcun modo contestata dalle convenute.

In proposito bisogna richiamare l'orientamento della Suprema Corte secondo cui 'in materia di denuncia dei vizi della cosa venduta, al fine della decorrenza del termine di decadenza ex art. 1495 c.c., pur dovendosi di regola distinguere tra vizi apparenti e vizi occulti - là dove per i primi il termine decorre dal momento della consegna della cosa, mentre per i secondi dal momento in cui essi sono riconoscibili per il compratore - occorre comunque che il dies a quo si faccia risalire al momento in cui il compratore acquisisce la certezza obiettiva del vizio, non essendo sufficiente il semplice sospetto' (cfr. Cass. Sentenza n. 5732 del 10.3.11; così ancora Cass. 4018/11).

Ora nel caso di specie la denuncia formale rispetta i requisiti temporali di cui all'art. 1495 c.c., oltre naturalmente a quelli correttamente applicabili di cui all'art. 132 codice del consumo.

Passando quindi all'esame del merito della causa, lo stesso attiene all'accertamento dell'ascrivibilità o meno alle convenute dei danni lamentati all'auto comprata presso la rivenditrice Federcommissinaria srl e distribuita in Italia dalla convenuta General Motors.

Occorre premettere che la ricostruzione dei fatti allegata da parte attrice, di per sé, non è stata contestata dalle convenute, le quali si sono limitate a contestare la causa ipotizzata del guasto, ma non le manifestazioni esteriori dello sviluppo del danno.

In relazione al disposto dell'art. 115 comma 1 c.p.c. tali modalità devono quindi ritenersi fondate, anche alla luce del fatto che, seppur la L. n. 69 del 2009 prevede l'entrata in vigore della normativa de qua dal 4.7.2009, insieme alla giurisprudenza di legittimità deve ritenersi che il suo carattere meramente ricognitivo ne permette l'applicazione anche a cause instaurate ante novella.

A favore di questa tesi (del carattere ricognitivo della norma), sostenuta anche da parte della giurisprudenza di merito, depone il fatto che l'art. 167 c.p.c., con l'inciso 'prendendo posizione sui fatti' ha sempre richiesto la contestazione e che il processo civile è essenzialmente 'tra parti', configurando una struttura dialettica a catena, con la conseguenza che diviene onere delle parti contestare.

Sulla base di tale ricostruzione di fatto, quindi, posta a base della stessa CTU, non si può non convenire con la lettura dei dati tecnici fornita dal CTU con i suoi elaborati per la sua completezza, la sua logicità e la sua approfondita disanima delle risultanze di causa.

La questione dell'individuazione della causa effettiva del danno va qui analizzata logicamente solo dopo aver affrontato quella dei diversi titoli di responsabilità azionati nel presente giudizio nei confronti delle convenute.

In proposito, mentre è pacifico che parte attrice agisce in via contrattuale nei confronti della rivenditrice Federcommissionaria srl in virtù della disciplina redibitoria del contratto di vendita sancita dagli artt. 1490 ss c.c., per quanto attiene alla General Motors distributrice in Italia dell'auto oggetto di causa, la disciplina azionata è quella extracontrattuale di cui al codice del consumo art. 114 ss e prima ancora della responsabilità del produttore di cui alla normativa del 1988.

Per quanto attiene, tuttavia, a quest' ultima responsabilità che investe la fornitrice per l'Italia General Motors, fornitrice cui per legge è equiparato il produttore dalla norma dell'art. 116 codice di consumo, occorre rilevare che visto che i prodotti difettosi possono provocare danni, chi risponde di tali danni e cosa deve fare il consumatore per affermare i propri diritti, sono aspetti che vengono disciplinati dalla legge sulla responsabilità del produttore.

Secondo il D.P.R. n. 224 del 24 maggio 1988 (trasfuso nel codice del consumo D.Lgs. n. 206 del 2005; cfr. direttiva CEE 85/374) una ditta è tenuta a risarcimento al consumatore dei danni provocati dal suo prodotto (difettoso).

Ciò vale anche se il produttore non ha colpe dirette, vale a dire quando in fase di produzione non ha agito né in maniera dolosa né colposa.

La responsabilità del produttore è, in realtà, una responsabilità oggettiva; il solo fatto di creare una situazione di pericolo (come può essere ad esempio, la commercializzazione di un prodotto difettoso) è già sufficiente per far ricadere sul produttore la responsabilità per gli eventuali danni che ne derivano.

Ma è proprio il punto dirimente sancito dalla norma dell'art. 123 codice di consumo che delinea l'ambito del danno risarcibile, in quanto non tutti i danni per tale particolare titolo di responsabilità lo sono, solo il danno cagionato dalla morte o da lesioni personali, oppure la distruzione o il deterioramento di una cosa diversa dal prodotto difettoso.

Nel caso di specie, non è stato allegato, e tanto meno provato, un danno ulteriore e diverso rispetto al vizio in sé, o difetto di conformità dell'auto, disciplinato nel successivo titolo III del codice del consumo.

In altri termini, il vizio allegato dell'auto non ha provocato né lesioni personali e morte, né danni a cose diverse dall'auto stessa, per cui ai sensi dell'art. 123 codice del consumo, non è un danno autonomamente risarcibile nei confronti del fornitore General Motors.

In questo caso, cioè, c'è solo la responsabilità contrattuale di cui agli artt. 1490 ss c.c. e art. 128 ss codice del consumo, con il relativo diritto di regresso del venditore finale da esplicare nei confronti del produttore o di un precedente venditore nell'ambito della medesima catena distributiva, così come stabilito dall'art. 131 codice del consumo.

Deve quindi escludersi ogni responsabilità per i fatti di causa della convenuta General Motors.

Passando quindi all'individuazione della sussistenza del vizio strutturale e funzionale lamentato da parte attrice in via contrattuale con il conseguente onere probatorio di cui all'art. 1218 c.c., occorre ricordare che in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, mentre sull'acquirente incombe l'onere della prova, oltre che della tempestività della denuncia, anche dell'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate, il venditore deve offrire la prova liberatoria (cfr. Cass. 13695/07).

Il CTU nella sua relazione che si condivide ha qualificato il danno dell'auto come 'vizio strutturale' non eliminabile (pag 7 relazione) ed ha indicato in €. 2.360,00 il diminuito valore dell'auto.

Così individuata la causa del danno, deve ritenersi accertato il vìzio strutturale dell'auto venduta, con la conseguente responsabilità contrattuale della convenuta Federcommissionaria srl.

Parte convenuta Federcommissionaria srl deve quindi essere condannata alla restituzione dell'importo di Euro 2.360,00 da incrementare degli interessi legali sulla somma rivalutata dall'esborso fino alla sentenza, e con gli interessi legali dalla sentenza al saldo.

Per quanto riguarda il risarcimento del danno richiesto, fondato sulla mancanza di un'auto, lo stesso va riconosciuto in relazione alla necessità di raggiungere con i mezzi pubblici il luogo di lavoro e di svolgere a piedi o con l'aiuto di amici le altre incombenze della vita quotidiana, ma lo stesso, da liquidarsi in via equitativa, non può riconoscersi in misura superiore all'importo di Euro 1.000,00.

In ogni caso lo stesso va riconosciuto in via presuntiva, vista anche l'assenza di contestazione da parte delle convenute in merito al fatto che nella specie gli attori non avevano altri mezzi di circolazione a disposizione.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Le spese di CTU, già liquidate come da separati decreti, devono essere poste definitivamente a carico della convenuta Federcommissionaria srl.

P.Q.M.

Il Tribunale di Lecce - Prima Sezione Civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da A.G.M. contro Federcommissionaria srl in liquidazione e General Motors Italia srl, con atto di citazione notificato in data 13.02.2009, disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

l) Accoglie la domanda per quanto di ragione, per quanto esposto in motivazione;

2) Conseguentemente condanna la Federcommissionaria srl in liquidazione al pagamento in favore dell'attrice della somma di €.3.360,00 oltre rivalutazione monetaria dalla data dell' acquisto al soddisfo ed interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo, per titoli e ragioni esposti;

3) Rigetta la domanda proposta nei confronti della convenuta General Motors Italia srl per le ragioni esposte;

4) Condanna la convenuta soccombente al pagamento delle spese e competenze di giudizio in favore dell'attrice, liquidate, comprese quelle dell'accertamento tecnico preventivo, in complessivi €.2.370,00 di cui €.170,00 per spese vive, oltre accessori come per legge;

5) Pone definitivamente a carico della convenuta soccombente la spese delle ctu così come liquidate.

INPS CIRCOLARE n. 103 DELL'8/9/2014

OGGETTO:
Variazione della misura dell’interesse di dilazione e di differimento e delle somme aggiuntive per omesso o ritardato versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
SOMMARIO:
La Banca Centrale Europea con la decisione di politica monetaria del 4 settembre 2014 ha ridotto di 10 punti base il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema (ex TUR) che, pertanto, con decorrenza dal 10 settembre 2014 è pari allo 0,05%.

Premessa

La Banca Centrale Europea con la decisione di politica monetaria del 4 settembre 2014 ha ridotto di 10 punti base il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema (ex Tasso Ufficiale di Riferimento) (1) che, a decorrere dal 10 settembre 2014, è pari allo 0,05%.

Tale variazione incide sulla determinazione del tasso di dilazione e di differimento da applicare agli importi dovuti a titolo di contribuzione agli Enti gestori di forme di Previdenza e Assistenza obbligatorie nonché sulla misura delle sanzioni civili di cui all’art. 116, comma 8, lett. a) e b) e comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

1) Interesse di Dilazione e di Differimento

L'interesse di dilazione per la regolarizzazione rateale dei debiti per contributi e sanzioni civili e l’interesse dovuto in caso di autorizzazione al differimento del termine di versamento dei contributi dovranno essere calcolati al tasso del 6,05% annuo (2).

Tale misura trova applicazione con riferimento alle rateazioni presentate a decorrere dal 10 settembre 2014.

I piani di ammortamento già emessi e notificati in base al tasso precedentemente in vigore non subiranno modificazioni.

Nei casi di autorizzazione al differimento del termine di versamento dei contributi, il nuovo tasso, pari al 6,05%, sarà applicato a partire dalla contribuzione relativa al mese di agosto 2014.

2) Sanzioni Civili

La decisione della Banca Centrale Europea, che ha definito, a decorrere dal 10 settembre 2014, la riduzione del tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali nella misura sopra riportata, comporta la variazione delle sanzioni civili come segue.

Nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, di cui alla lett. a), comma 8, dell’art. 116 della legge 388/2000, la sanzione civile è pari al 5,55% in ragione d’anno (tasso dello 0,05% maggiorato di 5,5 punti) (3).

La medesima misura del 5,55% annuo, trova applicazione anche con riferimento all’’ipotesi di cui alla lett. b), secondo periodo, del predetto art. 116, comma 8 (4).

Resta ferma, in caso di evasione (art. 116, comma 8, lett. b), primo periodo) la misura della sanzione civile, in ragione d'anno, pari al 30 per cento nel limite del 60 per cento dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.

Con riferimento all’ipotesi disciplinata dal comma 10 dell’art. 116, la sanzione civile sarà dovuta nella stessa misura del 5,55% annuo (5).



3) Sanzioni ridotte in caso di Procedure Concorsuali

Il Consiglio di Amministrazione dell’Istituto, con deliberazione n. 1 dell’8 gennaio2002, hastabilito che in caso di procedure concorsuali (6) le sanzioni ridotte, nell’ipotesi prevista dall’art. 116, comma 8, lett. a) della già citata legge 388/2000, dovranno essere calcolate nella misura del TUR oggi tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema.
Nell’ipotesi di evasione di cui all’art. 116, comma 8, lett. b) della medesima legge, la misura delle sanzioni è pari al predetto tasso aumentato di due punti.

Il Consiglio di Amministrazione, con la citata deliberazione, ha stabilito, tuttavia, ai sensi dell’art. 1, comma 220, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (7), che il limite massimo della riduzione non può essere inferiore alla misura dell’interesse legale.

Pertanto “qualora il tasso del TUR scenda al di sotto del tasso degli interessi legali, la riduzione massima sarà pari al tasso legale, mentre la minima sarà pari all’interesse legale maggiorato di due punti”.

Tenuto conto che per effetto della decisione della Banca Centrale Europea in trattazione, a decorrere dal 10 settembre 2014, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali (ex TUR) è inferiore all’interesse legale in vigore dal 1° gennaio 2014 (8), dalla medesima data la riduzione opererà sulla base di tali ultime misure.

Si rammenta, infine, che la riduzione delle sanzioni, che resta subordinata alla condizione preliminare dell’avvenuto integrale pagamento dei contributi e delle spese, si cristallizza alla data in cui l’Autorità Giudiziaria dichiara aperta la procedura concorsuale mentre, ai sensi dell’art. 55 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), per il periodo di svolgimento della procedura sono dovuti gli interessi legali.

 Il Direttore Generale 
 Nori 


Note:
(1) Il Decreto 26 settembre 2005 del Ministero dell'Economia e delle Finanze ha disposto che il Tasso Ufficiale di Riferimento deve essere sostituito con il Tasso applicato alle operazioni di rifinanziamento principale dell’Eurosistema fissato periodicamente dal Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea.
 
(2) Le norme che regolano la misura degli interessi di dilazione e differimento sono:
D.L. 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, nella legge 26 settembre 1981, n. 537 art. 13, comma 1, “L'interesse di differimento e di dilazione per la regolarizzazione rateale dei debiti per i contributi ed accessori di legge dovuti dai datori di lavoro agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatoria è pari al tasso degli interessi attivi previsti dagli accordi interbancari per i casi di più favorevole trattamento, maggiorato di cinque punti, e sarà determinato con decreto del Ministro del tesoro di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale con effetto dalla data di emanazione del decreto stesso”.
D.L. 14 giugno 1996, n. 318, convertito nella legge n. 402 del 29 luglio 1996, art. 3, comma 4, “A decorrere dal 1° luglio 1996, è determinata in sei punti la maggiorazione di cui all'art. 13, primo comma, del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, nella legge 26 settembre 1981, n. 537 e successive modificazioni e integrazioni”.
 
(3) Art. 116, comma 8, legge 23 dicembre 2000, n. 388: omissis ...
a) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.
 
(4) Art. 116, comma 8, legge 23 dicembre 2000, n. 388:
b) omissis ... Qualora la denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e semprechè il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa, i soggetti sono tenuti al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell'importo dei contributi o premi, non corrisposti entro la scadenza di legge.
 
(5) Art. 116, comma 10, legge 23 dicembre 2000, n. 388:
Nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, semprechè il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori, si applica una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.
 
(6) Circolare n. 88 del 9 maggio 2002, punto 5.
 
(7) Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 220:
Nelle ipotesi di procedure concorsuali, in caso di pagamento integrale dei contributi e spese, la somma aggiuntiva può essere ridotta ad un tasso annuo non inferiore a quello degli interessi legali, secondo criteri stabiliti dagli enti impositori.
 
(8) Circolare n. 2 del 10 gennaio 2014.

04/09/14

I FONDI SVALUTAZIONE E RIVALUTAZIONE ATTIVITA’ FINANZIARIE


L’art. 2425 c.c. prevede:

A) PARTECIPAZIONI

B) IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE DIVERSI DAI PRECEDENTI

C) CREDITI ISCRITTI NELL’ATTIVO CIRCOLANTE.


  • se il valore della partecipazione finanziaria alla chiusura dell’esercizio risulti inferiore a quello scritto in precedenza sullo Stato Patrimoniale (art. 2426 c.c. punto 3);
  • se il valore di realizzazione dei titoli desumibile dall’andamento del mercato risulti inferiore al costo d’acquisto (art. 2426 c.c. punto 9) in chiusura delle scritture la svalutazione può essere registrata come segue:



—————  —————
Svalut. Partec. Div.
                           a Fondo svalut.
                           Partec. diverse

————— —————
Svalutaz. Titoli
obbl                        a F.do sval. titoli obblig.

Le sopra menzionate partecipazioni non sono deducibili per fini fiscali.

Le rivalutazione invece l'articolo di ragioneria si scrive così:

                                —————                   —————
Partecip. Diverse
                                                                        a rivalutaz. Partec. diverse


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