31/03/16

DOMANDE E RISPOSTE BREVI

Domanda:
Salve buongiorno posso chiederLe una informazione?
Le spese viaggio di una consulente che fa sviluppo modelli in una società e che percepisce delle Design fees capitalizzabili sarebbero da spesare ed in quale voce?
Tra le spese viaggi no perchè è esterna. Tra i compensi non in quanto capitalizzati. Potrebbe aiutarmi a capire dove registrarle? Non credo si possano capitalizzare perchè non credo appartengano agli altri oneri legati alle spese di sviluppo. La ringrazio in anticipo.

Risposta:
La domanda rivoltami è inerente se ho ben capito ad una consulente esterna con propria partita iva. Se questo è esatto partiamo già da un dato certo. Quindi se così fosse le sue spese di viaggio dovrebbero essere inserite in un conto "Consulenze a Sua volta incluso in un conto che è dentro i "Costi per Servizi". Mentre per le design fees che dovrebbero essere dell Royalties per artisti esse vanno a percentuale sul fatturato annuo di ogni singolo prodotto ed è una forma di ricavo si possono classificare "Proventi vari" appunto quelli derivanti da Royalties. Nella speranza di averLe chiarito la problematica richiesta la saluto distintamente.                        Dott. Marco Ruggeri

Domanda:
Grazie delle info Se i compensi sono capitalizzati poiché inclusi tra le spese di sviluppo modelli Le corrispondenti spese viaggio sono da capitalizzare anche esse..? Grazie mille

Risposta:
Gent.ma Sig.ra Monica ....omissis, i costi non essendo una società la Sua non possono essere capitalizzati. Infatti solo per le società funziona così (vedi OIC 24 al punto n. 6 per gli oneri pluriennali), ma ripeto riguardano le società e non le ditte individuali che funzionano a costi e ricavi. Saluti

19/03/16

FATTI CHE PORTANO AL DISSESTO DELLE SOCIETA' COLPOSI/DOLOSI

Il diritto fallimentare è una delle materie più complesse esistenti in Italia.
 
Cerco di spiegare l'art. 217, n. 1, che così recita:
"E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica".
CONSIDERAZIONI
Esso non è applicabile agli amministratori delle S.p.A. poichè le spese in eccesso non confluiscono sul patrimonio della società, ma si applica sull'amministratore delle snc e delle sas.
Il fatto non sussiste nella S.p.A. che hanno un bilancio in cui si rappresenta un patrimonio ed una situazione economica di una società che ha quindi una personalità giuridica e non solo le spese si riversano sulla società che approva i bilanci attraverso un voto in assemblea da parte dei soci  ed essi sono responsabili solo per il capitale sociale sottoscritto, versato e deliberato.
Le spese nella S.p.A. non incidendo sul patrimonio significa che incidono sul conto economico annuale che modifica i numeri esposti nel patrimonio, ma non direttamente nella sfera patrimoniale dell'anno.
 
Art. 217 Legge Fallimentare, n. 2 che così recita:
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
 
CONSIDERAZIONI
E' applicabile a tutte le società riguardante il patrimonio della società e si deve sottolineare che il responsabile delle azioni deve essere un amministratore.
Il meccanismo di imprudenza però deve essere allargato da un discorso di mera spesa che incide sul patrimonio, ma se la spesa invece serve per gestire correttamente la società, all'amministratore, al liquidatore ed al sindaco revisore non può essere imputato niente di tutto ciò. Se ritardano nel fallimento e dilazionano i tempi per portare i libri in Tribunale, quello è dolo e si commette una grave imprudenza nel ritardo della dichiarazione di fallimento (questo lo troviamo al n. 3 dell'art. 217 L.F.) ed è contestabile agli amministratori, ai direttori generali, ed ai liquidatori.
 
Art. 217 Legge Fallimentare, n. 4 che così recita:
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
 
CONSIDERAZIONI
Qui si inserisce proprio la responsabilità che viene riportata al n. 3 dello stesso art. 217 L.F.. Infatti vi è "grave colpa" nel dissesto che è appunto la conseguenza del mancato fallimento.
Secondo la dottrina prevalente il dissesto viene addeitato agli amministratori ed ai liquidatori (ad esempio se non presentatono i libri in Tribunale al fine di renderlo edotto della situazione debitoria della società).
Se al contrario la società ha delle entrate ad esempio provenienti dall'affitto d'azienda la problematica non si pone a livello giudiziario per gli ammnistratori e per i liquidatori poiché vi è un entrata certa su cui si basa la società e con quella somma in entrata va portata avanti la gestione rientrando nei limiti.
Diverso è per i Direttori Generali che possono aver avuto il ruolo di amministrare la società in prima persona e solo in quel caso ne rispondono.
Il reato al n. 4 dell'art. 217 L.F. e quello previsto al n. 2 dell'art. 224 della stessa legge che scosì recita [4) ha aggravato il proprio dissesto (4), astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa], colpa grave (n. 4 dell'art. 217), mentre è inadempimento nel n. 2 dell'art. 224.
In questi casi il secondo comma dell'art. 224, la condotta deve essere caratterizzata come "di tipo colposo" e non del dissesto mediante operazioni "dolose" previste dall'art. 223 della stessa legge.
Quindi il dissesto è fondato su colpa generica ci vuole l'art. 217 con "colpa grave", mentre se dispeso dalla mancata osservanza  degli obblighi legali rientra nel 224 L.F.
 
"Dispositivo dell'art. 224 Legge Fallimentare:
Si applicano le pene stabilite nell'art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali:
1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo ;
2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge".
 
In base al 224 L.F. sono ritenuti responsabili anche i precedenti amministratori ed i soci che siano cessati dalla carica in data anteriore alla data del fallimento, se si sono ad esempio fatti già verificati nel triennio anteriore alla dichiarazione di fallimento anche in riferimento alla mancata/irregolare tenuta dei libri contabili.
Marco Ruggeri
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N.B. : Dispositivo dell'art. 217 Legge Fallimentare

    
E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:

1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica (1);

2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti (2);

3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento (3);

4) ha aggravato il proprio dissesto (4), astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;

5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre
scritture contabili
prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Salve le altre
pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale [28 ss. c.p.], la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

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Note

(1) Il punto 1 si riferisce alle spese in generale, quali esborsi economici di qualsiasi tipo. La "famiglia" indicata dal legislatore va intesa in senso ampio, non limitata al solo nucleo coniugi-figli.
(2) Sono operazioni inerenti all'esercizio dell'impresa, dalle quali si evinca la temerarietà dell'imprenditore. Si parla di dissipazione ai sensi dell'art. 216 della l. fall., invece, quando le operazioni temerarie abbiano carattere personale.
(3) Un caso frequente è quello del ricorso a mutui con tassi usurari, nel tentativo di mascherare la situazione di insolvenza e posticipare l'inevitabile fallimento.
(4) Per dissesto, secondo la giurisprudenza, deve intendersi una situazione di squilibrio economico patrimoniale progressivo, tale da comportare un inarrestabile aggravamento della situazione dell'impresa, fino alla totale insolvenza.
Colui che ha cagionato e concorso a cagionare, ma non c'è una differenza così profonda tra i due termini riferendoci all'aggravamento della posizione di cui al 223 L.F.
 
Tale espressa definizione dell'art. 217 L.F. deve essere riferita all'A.U. delle società s.n.c. e s.a.s. (v. diritto penale, cit. 296-297).

18/03/16

RESPONSABILITA' DEI SINDACI PARAGONABILE A QUELLA DEGLI AMMINISTRATORI


La responsabilità dei Sindaci è connessa a quella degli amministratori e non si può escludere la responsabilità di tali organi siano responsabili direttamente dei fatti di bancarotta fraudolenta.
 
Pertanto gli amministratori esercitano il potere di gestione della società, e possono essere diversi come un Consiglio d'amministrazione detto C.d.A.
 
Mi sono posto l'interrogativo se può essere chiamato anche l'amministratore di fatto quelli cioè che svolgono i poteri di gestione senza essere investiti di qualifica e la risposta è si viste le Sentenze di Cassazione che sono state emesse già dagli anni '90 in poi.
 
La responsabilità rilevata negli amministratori di fatto non esclude quella per gli amministratori di diritto quando agiscono insieme si dice in concorso.
 
L'amministratore di diritto deve far valere la presunta esistenza di fatti provati e deve indicare la gestione dell'altro amministratore per essere esonerato dai fatti addebitatigli.
 
Stessa modalità è stata ritenuta valida anche per l'amministratore occulto (Conti, diritto penale , cit. 119). Vi è responsabilità anche quando la contabilità sia stata affidata ad un commercialista presumendo che sia stata diretta dagli organi sociali.
 
Nell'art. 223, II comma, vi deve essere un nesso causale tra il comportamento delittuoso e quindi negli altri reati. Tale collegamento non è contemplato negli altri rapporti delittuosi per gli altri reati citati dalla stessa disposizione. Pertanto l'aggravamento della pena non si potrebbe giustificare.
 
L'art. 223, comma II, n.2 L.F.  riguarda la fattispecie in cui gli organi della società abbiano cagionato il fallimento con dolo o per effetto di operazioni dolose.
 
 

17/03/16

Responsabilità dei Sindaci Revisori sia nel Civile e sia nel Penale

Reati per cui bisogna stare attenti quando si ricopre una carica sindacale:
1) Responsabilità per reati propri;
2) Responsabilità a titolo di concorso.
Libro V, titolo XI del codice civile ai reati societari.

RESPONSABILITA' DEI SINDACI
Il reato proprio a differenza di quello comune non può essere commesso da tutti, ma solo da determinati soggetti.
Pertanto solo chi ha una determinata qualifica può divenire soggetto all'illecito penale come ad esempio una società che fallisce e viene destinata alla bancarotta fraudolenta. La pericolosità, per il sindaco facente parte del collegio sindacale, deriva dal fatto che  si  può arrivare fino a rendersi corresponsabile di una condotta illecita dell'amministratore C.d.A. (Consiglio di Amministrazione).
Le norme penali considerate nel libro V sono molte e sono varie le fattispecie.
I reati penali coprono una vastità d'interessi tra cui si va dall'aspetto patrimoniale delle società all'interesse generale dell'economia pubblica.
Perché ci interessiamo a tale argomento? Per cercare di informare molti professionisti che vengono a contatto con altri colleghi i quali propongono magari per un loro cliente, chiedono di effettuare il Sindaco revisore o contabile (con compensi buoni)  all'amico o conoscente per una società tranquilla (si fa per dire) che poi si scopre che ha effettuato diverse azioni multi offensive e va soggetta poi a bancarotta in cui ci si può tirare dentro anche il professionista in buona fede che ha svolto l'incarico solo per fare un piacere ad un amico (diffidate ed informatevi prima).
I creditori sociali sono al centro dell'attenzione coloro i quali vengono a trovarsi a contatto della società in rapporti d'affari.
Vi sono dunque tanti soggetti che possono essere al centro dell'attenzione per i reati societari tra cui: Amministratori, direttori generali, liquidatori, promotori, soci fondatori, rappresentante comune degli obbligazionisti, commissari governativi ed infine i Sindaci.
Tra le due norme penali societarie che si occupano dei sindaci vi sono: Reati commissivi (che hanno avuto una condotta attiva) e quindi i Sindaci per le false comunicazioni sociali, ai prestiti e garanzie prestate della società ed altro.
Gli artt.li 2621, 2622, 2624 si occupano rispettivamente di divulgazioni di notizie sociali, il secondo si occupa di prestiti e garanzie delle società, mentre l'ultimo manovre si titolo svolti in modo fraudolente.
Per i Reati omissivi invece vi si deve ricondurre una condotta negativa per cui può essere svolta solo dai Sindaci e questo reato è sanzionato dal 2632 c.c..
I reati vanno dall'omessa convocazione d'assemblea 2408 c.c. 
I reati d'inadempimento imposti dalla legge per illegale distribuzione sugli utili da pare di amministratori e direttori generali art. 2621 c.c. oltre ad altre fattispecie come la riduzione del capitale sociale ed illegittimo acquisto di azioni proprie vedi l'art. 2357 c.c., IV comma.
L'omessa richiesta al Tribunale di vendita d'azioni o quote della società controllante art. 2359/bis c.c., III comma che così recita:
- [3] In nessun caso il valore nominale delle azioni o quote acquistate a norma dei commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale della società controllante, tenendosi conto a tal fine delle azioni o quote possedute dalla medesima società controllante e dalle società da essa controllate.
Inoltre si deve far presente che gli artt. 223 e 224 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 Legge fallimentare indicano i SINDACI soggetti al reato di bancarotta fraudolenta e quella di bancarotta semplice.
Scritto da:
Dott.  Marco Ruggeri ogni diritto è riservato su questo articolo.

16/03/16

REGIME DEI MINIMI MODIFICHE CON LEGGE DI STABILITA' 2016

111. All'articolo 1 della legge 23  dicembre  2014,  n.  190,  sono
apportate le seguenti modificazioni:
    a) la lettera d) del comma 54 e' abrogata;
    b) al comma 57, dopo la lettera d) e' aggiunta la seguente:
  «d-bis) i soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi
di  lavoro  dipendente  e  redditi  assimilati  a  quelli  di  lavoro
dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e  50  del  testo
unico delle imposte sui redditi, di cui  al  decreto  del  Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917,  eccedenti  l'importo  di
30.000 euro; la verifica di tale soglia e' irrilevante se il rapporto
di lavoro e' cessato»;
    c) al comma 65, alinea, le parole: «e per i  due  successivi,  il
reddito determinato ai sensi del comma 64 e'  ridotto  di  un  terzo»
sono  sostituite  dalle  seguenti:  «e  per  i  quattro   successivi,
l'aliquota di cui al comma 64 e' stabilita nella  misura  del  5  per
cento»;
    d) il comma 77 e' sostituito dal seguente:
  «77. Il reddito forfettario determinato  ai  sensi  dei  precedenti
commi costituisce base imponibile  ai  sensi  dell'articolo  1  della
legge  2  agosto  1990,  n.  233.  Su  tale  reddito  si  applica  la
contribuzione dovuta ai fini previdenziali, ridotta del 35 per cento.
Si applica, per l'accredito della contribuzione, la  disposizione  di
cui all'articolo 2, comma 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335».
  112. L'allegato n. 4 annesso alla legge 23 dicembre 2014,  n.  190,
e' sostituito dal seguente:
«ALLEGATO 4
Articolo 1, comma 54, lettera a)
(Regime fiscale per lavoratori autonomi)

NELLA LEGGE E' INSERITA LA "TABELLA LIMITI RICAVI"
CHE QUI NON SI RIPRODUCE.

113. Le disposizioni di cui  alla  lettera  c)  del  comma  111  si
applicano, per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019,  anche  ai  soggetti
che nel 2015 hanno iniziato una nuova  attivita',  avvalendosi  delle
disposizioni di cui all'articolo 1, comma 65, della citata  legge  n.
190 del 2014,  vigente  anteriormente  alle  modifiche  di  cui  alla
lettera c) del comma 111.

15/03/16

Mi è stato richiesto di spiegare cosa è la ritenuta d'acconto.

Cosa deve fare colui che richiede e paga la prestazione:
 
se un professionista riceve un’imponibile di € 100,00, il debitore, ovvero colui che ha richiesto la prestazione, deve versare € 80,00 al professionista come suo compenso maggiorato delle imposte ed eventuali oneri previdenziali oltre ad  € 20,00 all’Erario come ritenuta di acconto da versare tramite modello F24 Agenzia delle Entrate utilizzando il codice tributo 1040 entro il 16 del mese successivo al giorno di pagamento della parcella. 
 
Cosa deve fare il professionista che riceve il compenso:
 
il professionista per contabilizzare il compenso ricevuto nella dichiarazione dei redditi, ha bisogno di ricevere dal debitore la certificazione dell’ammontare complessivo delle somme pagate (1) al professionista più l’ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta e dei contributi previdenziali più altri dati non obbligatori come l’IVA.
-----------
 
(1) adesso si può autocertificare senza aspettare di ricevere dal debitore la certificazione.

13/03/16

Articolo 194 c.p.c usato dai CTU nelle perizie tecniche.Modificato il 14/3/2016 nella parte finale.

Articolo 194 Codice di Procedura Civile.
Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all'articolo 62 (1), da sé solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi (2) e a eseguire piante, calchi e rilievi (3).
Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori (4), e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze [90, 91, 92 disp. att.].
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Note:
(1) Il riferimento all'art. 62 del c.p.c. indica le indagini che il giudice istruttore commissiona al consulente tecnico mediante la formulazione del quesito peritale.

(2) Il consulente che necessiti di assumere informazioni da terzi non ha bisogno di alcuna autorizzazione se le notizie riguardino fatti secondari della controversia: diversamente, trattandosi di fatti costitutivi, sarà necessario che le parti li abbiano dedotti e provati.
Quanto ai documenti non già acquisiti al processo, il consulente potrà esaminarli purché essi siano reciprocamente comunicati alle parti, per il rispetto del principio del contraddittorio.

(3) Il c.t.u. è tenuto ad accertare i fatti di natura tecnica ed accessoria sottoposti alla sua indagine, non i fatti costitutivi della domanda o delle eccezioni, che vanno provati dalle parti, sulle quali incombe pur sempre l'onus probandi. Sono, infatti, destinate a non essere ammesse le richieste di c.t.u. che abbiamo fini meramente esplorativi a vantaggio di una sola delle parti.

(4) Per il principio del contraddittorio, è consentito alle parti di nominare propri consulenti tecnici e di poter assistere, a mezzo di questi o dei propri difensori, alle indagini effettuate dal consulente d'ufficio senza l'intervento del giudice.
Per consentire a tutti una paritaria partecipazione, il consulente tecnico è tenuto a comunicare alle parti, tramite i loro difensori o consulenti di parte, giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali. In mancanza di questa comunicazione, si deve ritenere che la consulenza sia affetta da nullità relativa, che resterebbe sanata se non eccepita nella prima difesa successiva al deposito della relazione. Tuttavia, affinché la consulenza possa dichiararsi a tutti gli effetti nulla, è necessario che il mancato avviso dell'inizio delle operazioni peritali abbia comportato un concreto pregiudizio al diritto di difesa della parte non informata (ad esempio, se questa vi ha comunque partecipato, la consulenza non potrà essere nulla).
 
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Considerazioni alla nota (2):
Fino a quando possa essere fatta chiarezza su un fatto o su un documento tale articolo 194 c.p.c. potrebbe essere utilizzato per acquisire visivamente una documentazione che è definita importante al fine di una CTU.
Se infatti non compaiono degli atti importanti per mera dimenticanza di deposito è data possibilità al CTU di poter visionare la documentazione mancante e secondo la nota (2) questo è possibile.
Cosa dice in particolare la nota (2):
"Quanto ai documenti non già acquisiti al processo, il consulente potrà esaminarli purché essi siano reciprocamente comunicati alle parti, per il rispetto del principio del contraddittorio".
Penso  se  questi documenti sono indispensabili per far chiarezza nella perizia per arrivare ad una sentenza perfetta e se tali documenti non si possono acquisire credo non si giungerà mai ad una soluzione finale perfetta.
Questa forma nella [nota (2)] a mio parere non esplica  una procedura corretta.
Infatti attraverso la CTU si deve giungere ad una conclusione veritiera e secondo il mio modesto pensiero tale articolo 194 c.p.c. dovrebbe essere modificato fornendo una opportunità al CTU di svolgere il proprio lavoro in condizioni ottimali e cioè concedendo la possibilità di chiedere documentazione se carente nel fascicolo di causa (es. nell'anatocismo c/c mancanti).
Purtroppo però una volta depositati i documenti da parte dei legali alla prima udienza, poi non è più possibile aggiungerne altri.
Ora volendo approfondire il comma finale dell'art. 194 cpc così recita:
"Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori (4), e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze [90, 91, 92 disp. att.]."
Se però si specifica in udienza al giuramento del CTU con la formula presente: "(Omissis)... il perito nominato, non potrà nemmeno con il consenso di tutte le parti, acquisire documenti diversi da quelli ritualmente prodotti in giudizio". Pertanto si crea una lacuna rispetto alla norma principale art. 194 c.p.c. e dispos. att. 90, 91 e 92 il quale menziona che si possono presentare al consulente: per iscritto o a voce, osservazioni e istanze.
Il CTU in tal caso come deve agire? Secondo la norma o la specifica fatta in udienza?
 
Secondo me si può aprire un dibattito con i Vs. commenti.
 



Agenzia delle Entrate e prescrizione dei crediti

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