Domanda:
Salve buongiorno posso chiederLe una informazione?
Le spese viaggio di una consulente che fa sviluppo modelli in una società e che percepisce delle Design fees capitalizzabili sarebbero da spesare ed in quale voce?
Tra le spese viaggi no perchè è esterna. Tra i compensi non in quanto capitalizzati. Potrebbe aiutarmi a capire dove registrarle? Non credo si possano capitalizzare perchè non credo appartengano agli altri oneri legati alle spese di sviluppo. La ringrazio in anticipo.
Risposta:
La domanda rivoltami è inerente se ho ben capito ad una consulente esterna con propria partita iva. Se questo è esatto partiamo già da un dato certo. Quindi se così fosse le sue spese di viaggio dovrebbero essere inserite in un conto "Consulenze a Sua volta incluso in un conto che è dentro i "Costi per Servizi". Mentre per le design fees che dovrebbero essere dell Royalties per artisti esse vanno a percentuale sul fatturato annuo di ogni singolo prodotto ed è una forma di ricavo si possono classificare "Proventi vari" appunto quelli derivanti da Royalties. Nella speranza di averLe chiarito la problematica richiesta la saluto distintamente. Dott. Marco Ruggeri
Domanda:
Grazie delle info Se i compensi sono capitalizzati poiché inclusi tra le spese di sviluppo modelli Le corrispondenti spese viaggio sono da capitalizzare anche esse..? Grazie mille
Risposta:
Gent.ma Sig.ra Monica ....omissis, i costi non essendo una società la Sua non possono essere capitalizzati. Infatti solo per le società funziona così (vedi OIC 24 al punto n. 6 per gli oneri pluriennali), ma ripeto riguardano le società e non le ditte individuali che funzionano a costi e ricavi. Saluti
31/03/16
19/03/16
FATTI CHE PORTANO AL DISSESTO DELLE SOCIETA' COLPOSI/DOLOSI
Il diritto fallimentare è una delle materie più complesse esistenti in Italia.
Cerco di spiegare l'art. 217, n. 1, che così recita:
"E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica".
"E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica".
CONSIDERAZIONI
Esso non è applicabile agli amministratori delle S.p.A. poichè le spese in eccesso non confluiscono sul patrimonio della società, ma si applica sull'amministratore delle snc e delle sas.
Il fatto non sussiste nella S.p.A. che hanno un bilancio in cui si rappresenta un patrimonio ed una situazione economica di una società che ha quindi una personalità giuridica e non solo le spese si riversano sulla società che approva i bilanci attraverso un voto in assemblea da parte dei soci ed essi sono responsabili solo per il capitale sociale sottoscritto, versato e deliberato.
Le spese nella S.p.A. non incidendo sul patrimonio significa che incidono sul conto economico annuale che modifica i numeri esposti nel patrimonio, ma non direttamente nella sfera patrimoniale dell'anno.
Il fatto non sussiste nella S.p.A. che hanno un bilancio in cui si rappresenta un patrimonio ed una situazione economica di una società che ha quindi una personalità giuridica e non solo le spese si riversano sulla società che approva i bilanci attraverso un voto in assemblea da parte dei soci ed essi sono responsabili solo per il capitale sociale sottoscritto, versato e deliberato.
Le spese nella S.p.A. non incidendo sul patrimonio significa che incidono sul conto economico annuale che modifica i numeri esposti nel patrimonio, ma non direttamente nella sfera patrimoniale dell'anno.
Art. 217 Legge Fallimentare, n. 2 che così recita:
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
CONSIDERAZIONI
E' applicabile a tutte le società riguardante il patrimonio della società e si deve sottolineare che il responsabile delle azioni deve essere un amministratore.
Il meccanismo di imprudenza però deve essere allargato da un discorso di mera spesa che incide sul patrimonio, ma se la spesa invece serve per gestire correttamente la società, all'amministratore, al liquidatore ed al sindaco revisore non può essere imputato niente di tutto ciò. Se ritardano nel fallimento e dilazionano i tempi per portare i libri in Tribunale, quello è dolo e si commette una grave imprudenza nel ritardo della dichiarazione di fallimento (questo lo troviamo al n. 3 dell'art. 217 L.F.) ed è contestabile agli amministratori, ai direttori generali, ed ai liquidatori.
Il meccanismo di imprudenza però deve essere allargato da un discorso di mera spesa che incide sul patrimonio, ma se la spesa invece serve per gestire correttamente la società, all'amministratore, al liquidatore ed al sindaco revisore non può essere imputato niente di tutto ciò. Se ritardano nel fallimento e dilazionano i tempi per portare i libri in Tribunale, quello è dolo e si commette una grave imprudenza nel ritardo della dichiarazione di fallimento (questo lo troviamo al n. 3 dell'art. 217 L.F.) ed è contestabile agli amministratori, ai direttori generali, ed ai liquidatori.
Art. 217 Legge Fallimentare, n. 4 che così recita:
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
CONSIDERAZIONI
Qui si inserisce proprio la responsabilità che viene riportata al n. 3 dello stesso art. 217 L.F.. Infatti vi è "grave colpa" nel dissesto che è appunto la conseguenza del mancato fallimento.
Secondo la dottrina prevalente il dissesto viene addeitato agli amministratori ed ai liquidatori (ad esempio se non presentatono i libri in Tribunale al fine di renderlo edotto della situazione debitoria della società).
Secondo la dottrina prevalente il dissesto viene addeitato agli amministratori ed ai liquidatori (ad esempio se non presentatono i libri in Tribunale al fine di renderlo edotto della situazione debitoria della società).
Se al contrario la società ha delle entrate ad esempio provenienti dall'affitto d'azienda la problematica non si pone a livello giudiziario per gli ammnistratori e per i liquidatori poiché vi è un entrata certa su cui si basa la società e con quella somma in entrata va portata avanti la gestione rientrando nei limiti.
Diverso è per i Direttori Generali che possono aver avuto il ruolo di amministrare la società in prima persona e solo in quel caso ne rispondono. Il reato al n. 4 dell'art. 217 L.F. e quello previsto al n. 2 dell'art. 224 della stessa legge che scosì recita [4) ha aggravato il proprio dissesto (4), astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa], colpa grave (n. 4 dell'art. 217), mentre è inadempimento nel n. 2 dell'art. 224.
Diverso è per i Direttori Generali che possono aver avuto il ruolo di amministrare la società in prima persona e solo in quel caso ne rispondono. Il reato al n. 4 dell'art. 217 L.F. e quello previsto al n. 2 dell'art. 224 della stessa legge che scosì recita [4) ha aggravato il proprio dissesto (4), astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa], colpa grave (n. 4 dell'art. 217), mentre è inadempimento nel n. 2 dell'art. 224.
In questi casi il secondo comma dell'art. 224, la condotta deve essere caratterizzata come "di tipo colposo" e non del dissesto mediante operazioni "dolose" previste dall'art. 223 della stessa legge.
Quindi il dissesto è fondato su colpa generica ci vuole l'art. 217 con "colpa grave", mentre se dispeso dalla mancata osservanza degli obblighi legali rientra nel 224 L.F.
Quindi il dissesto è fondato su colpa generica ci vuole l'art. 217 con "colpa grave", mentre se dispeso dalla mancata osservanza degli obblighi legali rientra nel 224 L.F.
"Dispositivo dell'art. 224 Legge Fallimentare:
Si applicano le pene stabilite nell'art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali:
1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo ;
2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge".
Si applicano le pene stabilite nell'art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali:
1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo ;
2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge".
In base al 224 L.F. sono ritenuti responsabili anche i precedenti amministratori ed i soci che siano cessati dalla carica in data anteriore alla data del fallimento, se si sono ad esempio fatti già verificati nel triennio anteriore alla dichiarazione di fallimento anche in riferimento alla mancata/irregolare tenuta dei libri contabili.
Marco Ruggeri
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N.B. : Dispositivo dell'art. 217 Legge Fallimentare
E' punito con la reclusione da sei
mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai
casi preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica (1);
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti (2);
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento (3);
4) ha aggravato il proprio dissesto (4), astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti
alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se
questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale [28
ss. c.p.], la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di
un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi
presso qualsiasi impresa fino a due anni.
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Note
(1)
Il punto 1 si riferisce alle spese in generale, quali esborsi economici
di qualsiasi tipo. La "famiglia" indicata dal legislatore va intesa in
senso ampio, non limitata al solo nucleo coniugi-figli.
(2)
Sono operazioni inerenti all'esercizio dell'impresa, dalle quali si
evinca la temerarietà dell'imprenditore. Si parla di dissipazione ai
sensi dell'art. 216 della l. fall., invece, quando le operazioni temerarie abbiano carattere personale.
(3)
Un caso frequente è quello del ricorso a mutui con tassi usurari, nel
tentativo di mascherare la situazione di insolvenza e posticipare
l'inevitabile fallimento.
(4)
Per dissesto, secondo la giurisprudenza, deve intendersi una situazione
di squilibrio economico patrimoniale progressivo, tale da comportare un
inarrestabile aggravamento della situazione dell'impresa, fino alla
totale insolvenza.
Tale espressa definizione dell'art. 217 L.F. deve essere riferita all'A.U. delle società s.n.c. e s.a.s. (v. diritto penale, cit. 296-297).
18/03/16
RESPONSABILITA' DEI SINDACI PARAGONABILE A QUELLA DEGLI AMMINISTRATORI
La responsabilità dei Sindaci è connessa a quella degli amministratori e non si può escludere la responsabilità di tali organi siano responsabili direttamente dei fatti di bancarotta fraudolenta.
Pertanto gli amministratori esercitano il potere di gestione della società, e possono essere diversi come un Consiglio d'amministrazione detto C.d.A.
Mi sono posto l'interrogativo se può essere chiamato anche l'amministratore di fatto quelli cioè che svolgono i poteri di gestione senza essere investiti di qualifica e la risposta è si viste le Sentenze di Cassazione che sono state emesse già dagli anni '90 in poi.
La responsabilità rilevata negli amministratori di fatto non esclude quella per gli amministratori di diritto quando agiscono insieme si dice in concorso.
L'amministratore di diritto deve far valere la presunta esistenza di fatti provati e deve indicare la gestione dell'altro amministratore per essere esonerato dai fatti addebitatigli.
Stessa modalità è stata ritenuta valida anche per l'amministratore occulto (Conti, diritto penale , cit. 119). Vi è responsabilità anche quando la contabilità sia stata affidata ad un commercialista presumendo che sia stata diretta dagli organi sociali.
Nell'art. 223, II comma, vi deve essere un nesso causale tra il comportamento delittuoso e quindi negli altri reati. Tale collegamento non è contemplato negli altri rapporti delittuosi per gli altri reati citati dalla stessa disposizione. Pertanto l'aggravamento della pena non si potrebbe giustificare.
L'art. 223, comma II, n.2 L.F. riguarda la fattispecie in cui gli organi della società abbiano cagionato il fallimento con dolo o per effetto di operazioni dolose.
17/03/16
Responsabilità dei Sindaci Revisori sia nel Civile e sia nel Penale
Reati per cui bisogna stare attenti quando si ricopre una carica sindacale:
1) Responsabilità per reati propri;
2) Responsabilità a titolo di concorso.
Libro V, titolo XI del codice civile ai reati societari.
RESPONSABILITA' DEI SINDACI
1) Responsabilità per reati propri;
2) Responsabilità a titolo di concorso.
Libro V, titolo XI del codice civile ai reati societari.
RESPONSABILITA' DEI SINDACI
Il reato proprio a differenza di quello comune non può essere commesso da tutti, ma solo da determinati soggetti.
Pertanto solo chi ha una determinata qualifica può divenire soggetto all'illecito penale come ad esempio una società che fallisce e viene destinata alla bancarotta fraudolenta. La pericolosità, per il sindaco facente parte del collegio sindacale, deriva dal fatto che si può arrivare fino a rendersi corresponsabile di una condotta illecita dell'amministratore C.d.A. (Consiglio di Amministrazione).
Le norme penali considerate nel libro V sono molte e sono varie le fattispecie.
I reati penali coprono una vastità d'interessi tra cui si va dall'aspetto patrimoniale delle società all'interesse generale dell'economia pubblica.
Perché ci interessiamo a tale argomento? Per cercare di informare molti professionisti che vengono a contatto con altri colleghi i quali propongono magari per un loro cliente, chiedono di effettuare il Sindaco revisore o contabile (con compensi buoni) all'amico o conoscente per una società tranquilla (si fa per dire) che poi si scopre che ha effettuato diverse azioni multi offensive e va soggetta poi a bancarotta in cui ci si può tirare dentro anche il professionista in buona fede che ha svolto l'incarico solo per fare un piacere ad un amico (diffidate ed informatevi prima).
I creditori sociali sono al centro dell'attenzione coloro i quali vengono a trovarsi a contatto della società in rapporti d'affari.
Vi sono dunque tanti soggetti che possono essere al centro dell'attenzione per i reati societari tra cui: Amministratori, direttori generali, liquidatori, promotori, soci fondatori, rappresentante comune degli obbligazionisti, commissari governativi ed infine i Sindaci.
Tra le due norme penali societarie che si occupano dei sindaci vi sono: Reati commissivi (che hanno avuto una condotta attiva) e quindi i Sindaci per le false comunicazioni sociali, ai prestiti e garanzie prestate della società ed altro.
Gli artt.li 2621, 2622, 2624 si occupano rispettivamente di divulgazioni di notizie sociali, il secondo si occupa di prestiti e garanzie delle società, mentre l'ultimo manovre si titolo svolti in modo fraudolente.
Per i Reati omissivi invece vi si deve ricondurre una condotta negativa per cui può essere svolta solo dai Sindaci e questo reato è sanzionato dal 2632 c.c..
I reati vanno dall'omessa convocazione d'assemblea 2408 c.c.
I reati d'inadempimento imposti dalla legge per illegale distribuzione sugli utili da pare di amministratori e direttori generali art. 2621 c.c. oltre ad altre fattispecie come la riduzione del capitale sociale ed illegittimo acquisto di azioni proprie vedi l'art. 2357 c.c., IV comma.
L'omessa richiesta al Tribunale di vendita d'azioni o quote della società controllante art. 2359/bis c.c., III comma che così recita:
- [3] In nessun caso il valore nominale delle azioni o quote acquistate a norma dei commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale della società controllante, tenendosi conto a tal fine delle azioni o quote possedute dalla medesima società controllante e dalle società da essa controllate.
Inoltre si deve far presente che gli artt. 223 e 224 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 Legge fallimentare indicano i SINDACI soggetti al reato di bancarotta fraudolenta e quella di bancarotta semplice.
Scritto da:
Dott. Marco Ruggeri ogni diritto è riservato su questo articolo.
16/03/16
REGIME DEI MINIMI MODIFICHE CON LEGGE DI STABILITA' 2016
111. All'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera d) del comma 54 e' abrogata;
b) al comma 57, dopo la lettera d) e' aggiunta la seguente:
«d-bis) i soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi
di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro
dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del testo
unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, eccedenti l'importo di
30.000 euro; la verifica di tale soglia e' irrilevante se il rapporto
di lavoro e' cessato»;
c) al comma 65, alinea, le parole: «e per i due successivi, il
reddito determinato ai sensi del comma 64 e' ridotto di un terzo»
sono sostituite dalle seguenti: «e per i quattro successivi,
l'aliquota di cui al comma 64 e' stabilita nella misura del 5 per
cento»;
d) il comma 77 e' sostituito dal seguente:
«77. Il reddito forfettario determinato ai sensi dei precedenti
commi costituisce base imponibile ai sensi dell'articolo 1 della
legge 2 agosto 1990, n. 233. Su tale reddito si applica la
contribuzione dovuta ai fini previdenziali, ridotta del 35 per cento.
Si applica, per l'accredito della contribuzione, la disposizione di
cui all'articolo 2, comma 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335».
112. L'allegato n. 4 annesso alla legge 23 dicembre 2014, n. 190,
e' sostituito dal seguente:
«ALLEGATO 4
Articolo 1, comma 54, lettera a)
(Regime fiscale per lavoratori autonomi)
NELLA LEGGE E' INSERITA LA "TABELLA LIMITI RICAVI"
CHE QUI NON SI RIPRODUCE.
113. Le disposizioni di cui alla lettera c) del comma 111 si
applicano, per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019, anche ai soggetti
che nel 2015 hanno iniziato una nuova attivita', avvalendosi delle
disposizioni di cui all'articolo 1, comma 65, della citata legge n.
190 del 2014, vigente anteriormente alle modifiche di cui alla
lettera c) del comma 111.
apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera d) del comma 54 e' abrogata;
b) al comma 57, dopo la lettera d) e' aggiunta la seguente:
«d-bis) i soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi
di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro
dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del testo
unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, eccedenti l'importo di
30.000 euro; la verifica di tale soglia e' irrilevante se il rapporto
di lavoro e' cessato»;
c) al comma 65, alinea, le parole: «e per i due successivi, il
reddito determinato ai sensi del comma 64 e' ridotto di un terzo»
sono sostituite dalle seguenti: «e per i quattro successivi,
l'aliquota di cui al comma 64 e' stabilita nella misura del 5 per
cento»;
d) il comma 77 e' sostituito dal seguente:
«77. Il reddito forfettario determinato ai sensi dei precedenti
commi costituisce base imponibile ai sensi dell'articolo 1 della
legge 2 agosto 1990, n. 233. Su tale reddito si applica la
contribuzione dovuta ai fini previdenziali, ridotta del 35 per cento.
Si applica, per l'accredito della contribuzione, la disposizione di
cui all'articolo 2, comma 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335».
112. L'allegato n. 4 annesso alla legge 23 dicembre 2014, n. 190,
e' sostituito dal seguente:
«ALLEGATO 4
Articolo 1, comma 54, lettera a)
(Regime fiscale per lavoratori autonomi)
NELLA LEGGE E' INSERITA LA "TABELLA LIMITI RICAVI"
CHE QUI NON SI RIPRODUCE.
113. Le disposizioni di cui alla lettera c) del comma 111 si
applicano, per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019, anche ai soggetti
che nel 2015 hanno iniziato una nuova attivita', avvalendosi delle
disposizioni di cui all'articolo 1, comma 65, della citata legge n.
190 del 2014, vigente anteriormente alle modifiche di cui alla
lettera c) del comma 111.
15/03/16
Mi è stato richiesto di spiegare cosa è la ritenuta d'acconto.
Cosa deve fare colui che richiede e paga la prestazione:
se un professionista riceve un’imponibile di € 100,00, il debitore, ovvero colui che ha richiesto la prestazione, deve versare € 80,00 al professionista come suo compenso maggiorato delle imposte ed eventuali oneri previdenziali oltre ad € 20,00 all’Erario come ritenuta di acconto da versare tramite modello F24 Agenzia delle Entrate utilizzando il codice tributo 1040 entro il 16 del mese successivo al giorno di pagamento della parcella.
Cosa deve fare il professionista che riceve il compenso:
il professionista per contabilizzare il compenso ricevuto nella dichiarazione dei redditi, ha bisogno di ricevere dal debitore la certificazione dell’ammontare complessivo delle somme pagate (1) al professionista più l’ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta e dei contributi previdenziali più altri dati non obbligatori come l’IVA.
-----------
(1) adesso si può autocertificare senza aspettare di ricevere dal debitore la certificazione.
13/03/16
Articolo 194 c.p.c usato dai CTU nelle perizie tecniche.Modificato il 14/3/2016 nella parte finale.
Articolo 194 Codice di Procedura Civile.
Note:
(1) Il riferimento all'art. 62 del c.p.c. indica le indagini che il giudice istruttore commissiona al consulente tecnico mediante la formulazione del quesito peritale.
(2) Il consulente che necessiti di assumere informazioni da terzi non ha bisogno di alcuna autorizzazione se le notizie riguardino fatti secondari della controversia: diversamente, trattandosi di fatti costitutivi, sarà necessario che le parti li abbiano dedotti e provati.
Quanto ai documenti non già acquisiti al processo, il consulente potrà esaminarli purché essi siano reciprocamente comunicati alle parti, per il rispetto del principio del contraddittorio.
(3) Il c.t.u. è tenuto ad accertare i fatti di natura tecnica ed accessoria sottoposti alla sua indagine, non i fatti costitutivi della domanda o delle eccezioni, che vanno provati dalle parti, sulle quali incombe pur sempre l'onus probandi. Sono, infatti, destinate a non essere ammesse le richieste di c.t.u. che abbiamo fini meramente esplorativi a vantaggio di una sola delle parti.
(4) Per il principio del contraddittorio, è consentito alle parti di nominare propri consulenti tecnici e di poter assistere, a mezzo di questi o dei propri difensori, alle indagini effettuate dal consulente d'ufficio senza l'intervento del giudice.
Per consentire a tutti una paritaria partecipazione, il consulente tecnico è tenuto a comunicare alle parti, tramite i loro difensori o consulenti di parte, giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali. In mancanza di questa comunicazione, si deve ritenere che la consulenza sia affetta da nullità relativa, che resterebbe sanata se non eccepita nella prima difesa successiva al deposito della relazione. Tuttavia, affinché la consulenza possa dichiararsi a tutti gli effetti nulla, è necessario che il mancato avviso dell'inizio delle operazioni peritali abbia comportato un concreto pregiudizio al diritto di difesa della parte non informata (ad esempio, se questa vi ha comunque partecipato, la consulenza non potrà essere nulla).
------
Considerazioni alla nota (2):
Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all'articolo 62 (1), da sé solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi (2) e a eseguire piante, calchi e rilievi (3).
Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori (4), e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze [90, 91, 92 disp. att.].
-----Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori (4), e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze [90, 91, 92 disp. att.].
Note:
(1) Il riferimento all'art. 62 del c.p.c. indica le indagini che il giudice istruttore commissiona al consulente tecnico mediante la formulazione del quesito peritale.
(2) Il consulente che necessiti di assumere informazioni da terzi non ha bisogno di alcuna autorizzazione se le notizie riguardino fatti secondari della controversia: diversamente, trattandosi di fatti costitutivi, sarà necessario che le parti li abbiano dedotti e provati.
Quanto ai documenti non già acquisiti al processo, il consulente potrà esaminarli purché essi siano reciprocamente comunicati alle parti, per il rispetto del principio del contraddittorio.
(3) Il c.t.u. è tenuto ad accertare i fatti di natura tecnica ed accessoria sottoposti alla sua indagine, non i fatti costitutivi della domanda o delle eccezioni, che vanno provati dalle parti, sulle quali incombe pur sempre l'onus probandi. Sono, infatti, destinate a non essere ammesse le richieste di c.t.u. che abbiamo fini meramente esplorativi a vantaggio di una sola delle parti.
(4) Per il principio del contraddittorio, è consentito alle parti di nominare propri consulenti tecnici e di poter assistere, a mezzo di questi o dei propri difensori, alle indagini effettuate dal consulente d'ufficio senza l'intervento del giudice.
Per consentire a tutti una paritaria partecipazione, il consulente tecnico è tenuto a comunicare alle parti, tramite i loro difensori o consulenti di parte, giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali. In mancanza di questa comunicazione, si deve ritenere che la consulenza sia affetta da nullità relativa, che resterebbe sanata se non eccepita nella prima difesa successiva al deposito della relazione. Tuttavia, affinché la consulenza possa dichiararsi a tutti gli effetti nulla, è necessario che il mancato avviso dell'inizio delle operazioni peritali abbia comportato un concreto pregiudizio al diritto di difesa della parte non informata (ad esempio, se questa vi ha comunque partecipato, la consulenza non potrà essere nulla).
Considerazioni alla nota (2):
Fino a quando possa essere fatta chiarezza su un fatto o su un documento tale articolo 194 c.p.c. potrebbe essere utilizzato per acquisire visivamente una documentazione che è definita importante al fine di una CTU.
Se infatti non compaiono degli atti importanti per mera dimenticanza di deposito è data possibilità al CTU di poter visionare la documentazione mancante e secondo la nota (2) questo è possibile.
Cosa dice in particolare la nota (2):
"Quanto ai documenti non già acquisiti al processo, il consulente potrà esaminarli purché essi siano reciprocamente comunicati alle parti, per il rispetto del principio del contraddittorio".
Penso se questi documenti sono indispensabili per far chiarezza nella perizia per arrivare ad una sentenza perfetta e se tali documenti non si possono acquisire credo non si giungerà mai ad una soluzione finale perfetta.
Questa forma nella [nota (2)] a mio parere non esplica una procedura corretta.
Infatti attraverso la CTU si deve giungere ad una conclusione veritiera e secondo il mio modesto pensiero tale articolo 194 c.p.c. dovrebbe essere modificato fornendo una opportunità al CTU di svolgere il proprio lavoro in condizioni ottimali e cioè concedendo la possibilità di chiedere documentazione se carente nel fascicolo di causa (es. nell'anatocismo c/c mancanti).
Purtroppo però una volta depositati i documenti da parte dei legali alla prima udienza, poi non è più possibile aggiungerne altri.
Ora volendo approfondire il comma finale dell'art. 194 cpc così recita:
Infatti attraverso la CTU si deve giungere ad una conclusione veritiera e secondo il mio modesto pensiero tale articolo 194 c.p.c. dovrebbe essere modificato fornendo una opportunità al CTU di svolgere il proprio lavoro in condizioni ottimali e cioè concedendo la possibilità di chiedere documentazione se carente nel fascicolo di causa (es. nell'anatocismo c/c mancanti).
Purtroppo però una volta depositati i documenti da parte dei legali alla prima udienza, poi non è più possibile aggiungerne altri.
Ora volendo approfondire il comma finale dell'art. 194 cpc così recita:
"Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori (4), e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze [90, 91, 92 disp. att.]."
Se però si specifica in udienza al giuramento del CTU con la formula presente: "(Omissis)... il perito nominato, non potrà nemmeno con il consenso di tutte le parti, acquisire documenti diversi da quelli ritualmente prodotti in giudizio". Pertanto si crea una lacuna rispetto alla norma principale art. 194 c.p.c. e dispos. att. 90, 91 e 92 il quale menziona che si possono presentare al consulente: per iscritto o a voce, osservazioni e istanze.
Il CTU in tal caso come deve agire? Secondo la norma o la specifica fatta in udienza?
Secondo me si può aprire un dibattito con i Vs. commenti.
Sentenze relative a questo articolo
Cass. n. 2490/1961
La sentenza emessa in sede di rinvio, e passata in giudicato, con la quale sia stata riconosciuta l'inefficacia della divisione ereditaria effettuata senza l'intervento dell'avente causa a titolo particolare di uno dei coeredi e disposta la rinnovazione delle operazioni divisionali non definisce un processo limitato, ma costituisce una tappa dell'unitario processo divisionale, il quale ha come finalità la trasformazione di un diritto ad una quota ideale in un diritto di proprietà esclusiva su beni individuati; pertanto non vi è necessità alcuna di una nuova procura al difensore affinché egli possa, nell'interesse del suo rappresentato, svolgere ulteriormente la sua attività nel giudizio onde pervenire al risultato finale da quello avuto di mira. La nomina del consulente tecnico effettuata dal notaio delegato dal giudice istruttore per le operazioni divisionali, anziché dal giudice istruttore che ne deve ricevere il giuramento ai sensi dell'art. 193 c.p.c., è nulla, ma tale nullità deve essere opposta dalla parte nella prima istanza o difesa successiva al suo compimento operando altrimenti la sanatoria di cui all'art. 157 c.p.c. L'esperto nominato nel giudizio divisionale ai sensi dell'art. 194 att. c.p.c. è, al pari del consulente tecnico, un ausiliario del giudice, al quale questi fa ricorso per il compimento di quelle attività di carattere tecnico-pratico che generalmente non è in grado di compiere; né su tale qualificazione rileva la circostanza che l'esperto forma le quote che vengono poi sorteggiate tra i condividenti, poiché il progetto da lui allestito, in tanto costituisce la base per la divisione e le successive operazioni, in quanto le parti stesse l'abbiano accettato o sia intervenuta sentenza che l'abbia approvato.
La sentenza emessa in sede di rinvio, e passata in giudicato, con la quale sia stata riconosciuta l'inefficacia della divisione ereditaria effettuata senza l'intervento dell'avente causa a titolo particolare di uno dei coeredi e disposta la rinnovazione delle operazioni divisionali non definisce un processo limitato, ma costituisce una tappa dell'unitario processo divisionale, il quale ha come finalità la trasformazione di un diritto ad una quota ideale in un diritto di proprietà esclusiva su beni individuati; pertanto non vi è necessità alcuna di una nuova procura al difensore affinché egli possa, nell'interesse del suo rappresentato, svolgere ulteriormente la sua attività nel giudizio onde pervenire al risultato finale da quello avuto di mira. La nomina del consulente tecnico effettuata dal notaio delegato dal giudice istruttore per le operazioni divisionali, anziché dal giudice istruttore che ne deve ricevere il giuramento ai sensi dell'art. 193 c.p.c., è nulla, ma tale nullità deve essere opposta dalla parte nella prima istanza o difesa successiva al suo compimento operando altrimenti la sanatoria di cui all'art. 157 c.p.c. L'esperto nominato nel giudizio divisionale ai sensi dell'art. 194 att. c.p.c. è, al pari del consulente tecnico, un ausiliario del giudice, al quale questi fa ricorso per il compimento di quelle attività di carattere tecnico-pratico che generalmente non è in grado di compiere; né su tale qualificazione rileva la circostanza che l'esperto forma le quote che vengono poi sorteggiate tra i condividenti, poiché il progetto da lui allestito, in tanto costituisce la base per la divisione e le successive operazioni, in quanto le parti stesse l'abbiano accettato o sia intervenuta sentenza che l'abbia approvato.
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